LA PAROLA ALLO SPREAD - IL “SUO” GOVERNO CADE E RE GIORGIO TACE: PRIMA È BENE ASCOLTARE IL CAZZIATONE DEI MERCATI CHE SE NE FREGANO DELLE BEGHE PRE-ELETTORALI E DA DOMATTINA CI RADDRIZZANO LA SCHIENA A COLPI DI SPREAD - IN EUROPA TUTTI SANNO CHE L’ITALIA DOVRA’ CHIEDERE L’AIUTO DELLA BCE, CEDERE SOVRANITÀ E FARSI COMMISSARIARE - GLI EURO-BUROCRATI CHE SCHIFANO IL BANANA, NON SI FIDANO DI BERSANI: “DI SOLITO A SINISTRA I PRIMI MINISTRI LI FANNO FUORI UNO DOPO L'ALTRO”…

1 - NAPOLITANO SULLA CRISI: «PARLO TRA OTTO GIORNI». I MERCATI? «VEDREMO COSA FARANNO»...
Da "Corriere.it"

L'atmosfera è quella del tradizionale concerto di Natale nella Cappella Paolina del Quirinale. Terminata l'esecuzione del repertorio di Restighi di Mozart, da parte della Wienner Kammerorchester, Giorgio Napolitano prende, come di prassi, brevemente la parola per poi rivolgere gli auguri e per sottolineare le comuni radici culturali e, in questo caso anche musicali, che uniscono Italia e Austria.

NO COMMENT - Nessuna digressione, nessun riferimento al colloquio con Mario Monti che, sabato sera, ha di fatto avviato la crisi di governo. Anche quando viene avvicinato dai cronisti, nel corso del rinfresco che segue il concerto, il Presidente della Repubblica mantiene il riserbo e rimanda alla cerimonia per gli auguri con le alte cariche dello Stato come occasione nella quale manifestare le proprie «valutazioni» sulla situazione in corso.

Nulla trapela neanche dal colloquio che Napolitano ha avuto con Gianni Letta, sempre nel corso del post concerto. I cronisti riescono invece a cogliere una considerazione, a respiro più generale e non riferito a specifici argomenti di attualità politica, il Capo dello Stato cambia con alcune delle autorità a livello locale che gli rivolgono i saluti. È la promessa, o meglio la conferma che sul Colle «facciamo tutto quello che dobbiamo fare, fino all'ultimo giorno».

«TRA OTTO GIORNI»- Pochissime battute dunque con i cronisti. Solo per dire, a chi gli chiede se sia preoccupato della situazione: «Parlerò tra otto giorni, in occasione della cerimonia di saluti con le alte cariche dello Stato e lì farò le mie valutazioni».

2 - L'EUROPA ORA TEME IL CAOS POLITICO E SI PARLA DI NUOVO DI RICHIESTA DI AIUTO...
Federico Fubini per il "Corriere della Sera"

Rispetto ai tempi in cui sedeva nella poltrona che oggi è di Mario Draghi, Jean-Claude Trichet sembra un altro. Ha qualche ora di sonno in più sotto le palpebre, in certi momenti scherza persino. Però quando gli si chiede dell'Italia si trasforma in un attimo, diventa teso come quando guidava la Bce: «Ora spero che ci sia continuità - dice il francese, mentre a Roma si stanno consumando le dimissioni del governo -. Il contributo di Mario Monti nel ridare credito e credibilità al Paese è stato estremamente significativo».

Beato il popolo che non ha bisogno di eroi, diceva Bertolt Brecht. Ma se in Europa c'è un popolo che sembra averne un bisogno disperato, specie se visto da fuori, è quello che per i francesi sta dalla parte sbagliata delle Alpi: la nostra. La dice lunga sulla fragilità dell'Italia, più ancora che sulle indiscusse qualità di Mario Monti, il fatto che in tanti all'estero fatichino a vedere un futuro per il Paese senza di lui.

Ieri nel presentarlo a Cannes alla «World Policy Conference», una Cernobbio transalpina, il francese Thierry de Montbrial lo ha accolto nel modo più tagliente: «Applauditelo, perché il presidente del Consiglio ci ha raggiunto anche se la politica italiana è complicata come tutta la politica mondiale». Da sempre alla testa del mitico centro studi parigino Ifri, Montbrial non poteva riassumere in modo più crudele la miscela di inquietudini e diffidenza così diffusa all'estero: difficoltà a capire cosa sta succedendo a Roma, unita alla gran voglia che tutti avevano di affidare a un uomo come Monti il ruolo di garante. Per non doverci pensare più.

Naturalmente non è mai così semplice e il nervosismo è un virus che non contagia solo chi sta fuori dai confini. Un rapporto di Goldman Sachs destinato ai trader (ma non al pubblico) osserva che l'impennata dello spread di questi giorni è stata prodotta dalle vendite di Btp da parte di investitori nazionali, non esteri: è successo giovedì, dopo che il Pdl ha ritirato il suo sostegno al governo. E l'Italia non è certamente l'unica fonte di instabilità in questa fase.

C'è la Spagna, che non si decide a chiedere l'aiuto della Bce e rischia di finire per doverlo fare nel momento e nelle condizioni peggiori. Ma soprattutto c'è la Francia, con l'Italia tema di tutte le conversazioni di corridoio ieri alla «World Policy Conference» di Cannes. Parigi ha un deficit, un debito, una competitività e dei conti con l'estero da Paese del Sud già alle corde, ma uno spread degno della Finlandia. Tutti pensano che anche per la Francia certi fragili equilibri stiano per cedere, dunque le dimissioni del governo e la vampata di caos in arrivo dall'Italia in questo momento risultano particolarmente inopportune e malviste.

«Con Monti l'Italia ha reso un grosso servizio a se stessa, all'Europa e all'economia mondiale visto ciò che avrebbe potuto provocare la sua instabilità», continuava ieri sera Trichet. Difficilmente l'ex leader della Bce poteva dar meglio l'idea di quanto questo Paese sia visto come una sorta di mina vagante, se non si capisce più chi lo guida e verso dove. C'è l'incredulità di molti al vedere che Silvio Berlusconi si ricandida, sicuro.

«Ma non aveva detto che lasciava la politica?», è la domanda che ci si sente porre da chiunque, in continuazione, nei corridoi di Cannes. Poi però serpeggia anche lo scetticismo sulla capacità del centrosinistra di garantire il senso di marcia. Chiede caustico un consigliere del governo francese, non appena registra il nome di Pier Luigi Bersani come candidato premier: «E quanti sostituti primi ministri ha?». Poi affonda ancora: «No, perché di solito nel centrosinistra li fanno fuori uno dopo l'altro, giusto?».

È dopo una pausa caffè di questo tenore che ieri a Mario Monti non è stato risparmiato niente dalla platea. C'è chi gli chiede conto della mafia e dell'evasione fiscale in Italia, quasi con durezza. Poi tocca a Angel Gurría incalzare pubblicamente Monti con la domanda che è nella testa di tutti, l'ultima al premier nella pienezza dei suoi poteri. Gurría, numero uno dell'Ocse, vuole sapere perché l'Italia non chiede gli interventi della Bce dopo essersi battuta perché fossero possibili. «Punto valido», ribatte il premier, che aggiunge: «Ora non ne vediamo il bisogno».

Ma poco prima John Lipsky, ex numero due del Fondo monetario internazionale, aveva espresso tutto il suo scetticismo quanto ai Paesi dell'Europa del Sud (nessuno escluso): la stretta al credito delle banche blocca gli investimenti delle imprese, sostiene Lipsky, dunque la competitività continua a scendere malgrado le riforme. Fedele fino all'ultimo al suo compito di garante della fiducia, anche a Cannes Monti ha cercato di rassicurare; ma ancor più da ieri sera, nessuno all'estero si illude che il peggio sia già alle spalle.

Quando gli si chiede degli aiuti della Bce in cambio della firma su un memorandum di riforme, anche Trichet è sibillino ma chiaro: «Tocca ai governi prendere le decisioni che hanno annunciato», dice. Il banchiere centrale non aggiunge altro, è in pensione e vuole evitare lo stress. Ma molti fuori dall'Italia ormai si rilasseranno davvero solo quando il prossimo governo di Roma metterà la firma su quel memorandum europeo: è la garanzia che un uomo solo non può (più) fornire.

 

MARIO MONTI E GIORGIO NAPOLITANOGIORGIO NAPOLITANO E MARIO MONTIMonti Napolitanomonti napolitano LOUKAS PAPADEMOS E TRICHETdraghi trichet Banchieri Centrali Shirakawa Bernanke Trichet Draghi King

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…