matteo salvini mario draghi

DI PASS E DI GOVERNO - QUELLA DELLA LEGA SUL CERTIFICATO VERDE È UNA MERA STRATEGIA ELETTORALE: TRA UN MESE CI SONO LE AMMINISTRATIVE E SALVINI È TERRORIZZATO DAL SORPASSO DELLA MELONI NELLE CITTÀ DEL NORD. MA QUANTO CONTERANNO DAVVERO NELLE URNE QUEI QUATTRO SCAPPATI DI CASA DI NO-VAX? LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI È PRO-VACCINO (PIÙ DELL’80% HA GIÀ RICEVUTO LA PRIMA DOSE) – I COMMENTI IN DIRETTA AL DISCORSO DI DRAGHI, NELLE CHAT DEL CARROCCIO: “SE SIAMO UN PESO, LO DICA APERTAMENTE…” - VIDEO: ZAIA MOSTRA IL GREEN PASS

 

 

 

                               

LUCA ZAIA CON IL GREEN PASS

1 - SI SALVINI CHI PUÒ – LA STRATEGIA DEL “CAPITONE”? RINCORRERE GIORGIA MELONI - IERI I LEGHISTI HANNO VOTATO CONTRO IL GREEN PASS IN COMMISSIONE PER NON LASCIARE IL CAMPO ALLA “DUCETTA”. MA SIAMO SICURI CHE IL GIOCO VALGA LA CANDELA? QUANTO CONTERANNO DAVVERO NELLE URNE I NO-VAX, CONSIDERANDO CHE PIÙ DELL’80% DEGLI ITALIANI HA GIÀ RICEVUTO LA PRIMA DOSE? VALE LA PENA METTERE A RISCHIO LA “CONVERSIONE A EU” E LA FEDERAZIONE DEL CENTRODESTRA PER IL VOTO DI QUATTRO SCAPPATI DI CASA?

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/si-salvini-chi-puo-ndash-strategia-ldquo-capitone-rdquo-281535.htm

MARIO DRAGHI GREEN PASS

 

2 - I LEGHISTI SI SPACCANO MA SOLTANTO PER FINTA

Pietro Senaldi per “Libero quotidiano”

 

Grande imbarazzo nella lega all’indomani del voto in commissione Affari Sociali contro il green pass. Gli esponenti del Carroccio si sono schierati con Fratelli d'Italia, all'opposizione, spaccando maggioranza e centrodestra di governo.

 

Ci ha pensato il premier Draghi, in versione saggio padre di famiglia, a chiudere le polemiche aperte dal Pd, che aveva già collocato Salvini fuori dal perimetro dei sostenitori dell'esecutivo. Tutto bene, madama la marchesa, sono giochi di ragazzi, si va avanti, è la linea tracciata dall'imperturbabile Super Mario.

MARIO DRAGHI GIANCARLO GIORGETTI

 

Però la Lega è spaccata, i governatori e i ministri soffrono i parlamentari che, capitanati da Borghi, strizzano l'occhio ai no vax e non gradiscono i tentativi di Salvini di tenere il piede in due scarpe: con i vax, ma anche no, sì passaporto verde, ma solo se...

 

Che succede nel partito? Tra un mese si vota nelle città e c'è da scongiurare il sorpasso di Fratelli d'Italia al Nord. Tira aria di astensionismo, la partita si gioca su poche centinaia di voti, fanno gola pure quelli dei no vax e la Lega non vuol lasciarli alla Meloni, che è libera di polemizzare ogni giorno su fiale e restrizioni per i non immunizzati senza pagare dazio all'incoerenza.

matteo salvini con caffe e green pass sul tavolo

 

Questa mano non riguarda governatori e ministri, che in realtà giocano un ruolo strategico perché con i loro distinguo dalla linea del partito tengono attaccati al Carroccio i leghisti favorevoli a profilassi e divieti, ma è delicata e importante per il segretario. Di certo, non solo Letta e il Pd devono rassegnarsi al fatto che il voto contro il passaporto sanitario non sia l'inizio della fine dei buoni rapporti tra Salvini e Draghi, ma saranno costretti anche a realizzare che la maretta nella Lega è destinata a quietarsi a breve e non dividerà né il partito né il centrodestra di governo.

 

E qui se ne devono fare una ragione i forzisti contrari al progetto di federazione. I processi politici sono lenti, se non si vuol fare come i comunisti, che hanno tolto falce e martello dal simbolo trent' anni fa e ancora non hanno trovato con cosa sostituirli. Il centrodestra si sta ricalibrando. Fdi presidia la destra, come da dna.

mario draghi in conferenza stampa

 

La Lega sta ritrovando la sua storia di partito popolare di centrodestra, in grado di includere organicamente anche l'area moderata berlusconiana. Se sarà federazione, non sarà una fusione a freddo come quella tra Ds e Margherita, che partorisce un'alternanza di segretari di estrema sinistra o liberal che hanno come elemento di continuità solo la demonizzazione dell'avversario e quattro battaglie identitarie di scarso impatto sull'elettorato.

claudio borghi

 

3 - "SE SIAMO UN PESO LO DICA" L'IRRITAZIONE DEI LEGHISTI PER GLI AFFONDI DEL PREMIER

Alberto Mattioli e Alessandro Barbera per “La Stampa”

 

In casa leghista non hanno preso benissimo i tre rilanci di Draghi: sì alla terza dose, all'estensione del passaporto, all'obbligo vaccinale. Se il voto di mercoledì in Parlamento con Fratelli d'Italia ha prodotto un risultato, è stato quello di rafforzare la determinazione del premier a tirare dritto. Claudio Borghi, che con altri sei leghisti aveva organizzato il blitz, alza a sua volta il tiro: «Dall'esito di quel voto era chiaro che si andava verso l'obbligo vaccinale. Non siamo sorpresi da quel che ha detto Draghi, nemmeno Salvini.

mario draghi in conferenza stampa

 

Però per istituire l'obbligo un decreto non basta, ci vuole una legge, dunque un passaggio parlamentare. E in quel caso la Lega voterà contro, coerente con quel che ha sempre sostenuto. Semmai, sono curioso di vedere come si comporterebbero i Cinque stelle».

 

MATTEO SALVINI CLAUDIO BORGHI 2

Tutto previsto? Sarà. L'impressione è però che i leghisti non si aspettassero tanta durezza. Draghi ha difeso Lamorgese, bersaglio numero uno degli attacchi di Salvini. Ha detto sì alla "cabina di regia" richiesta poco prima della conferenza stampa dal segretario leghista, ma per fare esattamente il contrario di quel che Salvini vorrebbe: estendere il Green pass e imporre l'obbligo di vaccino. Dalla villeggiatura a Pinzolo, il segretario tace.

 

MARIO DRAGHI

 Ma attraverso il partito fa uscire due note piuttosto secche: in una, contro l'attuale titolare del Viminale «si fanno parlare i numeri» degli sbarchi; nell'altra, si ribadisce che «la Lega era e rimane contro obblighi, multe e discriminazioni. Sì invece a tamponi salivari gratuiti», insomma la solita linea. «L'obbligo sarebbe un'ipotesi di cui discutere, al limite, se la campagna vaccinale non funzionasse. Ma in realtà sta andando a gonfie vele.

 

Fra poco saremo all'80 per cento della popolazione, che senso ha obbligare a vaccinarsi gli italiani che lo stanno già facendo in massa?», chiosa da Bruxelles uno dei tre vicesegretari, Lorenzo Fontana. In privato, nelle chat, nei commenti in diretta al discorso di Draghi, gli umori sono più combattivi. «Sembrava proprio che fossimo nel mirino.

 

mario draghi in conferenza stampa 3

La Lega ha fatto uno sforzo per entrare in questo governo di unità nazionale. Siamo stati responsabili e propositivi. E invece Draghi va sempre e soltanto contro la Lega. Se siamo un peso, lo dica apertamente e ne trarremo le conseguenze», si sfoga un cacicco importante. Tuttavia nessuno vede davvero la crisi di governo, non l'ala governativa e moderata del partito, e questo è abbastanza prevedibile, ma nemmeno quella movimentista e destrorsa.

 

Sul primo fronte, Massimiliano Fedriga, pur contrario all'obbligo, dice alla radio che «l'alternativa al Green pass sono le chiusure, il pass può dare più libertà». Dal secondo, Borghi fa il profeta: «Ma no, quale crisi. È un governo di unità nazionale, non politico. Dovessimo uscire ogni volta che siamo in disaccordo con i nostri provvisori alleati, il governo sarebbe già caduto».

 

matteo salvini claudio borghi

La pensano allo stesso modo anche i leghisti di osservanza "draghiana": «Crisi? Adesso? Nel semestre bianco, con tutti i peones terrorizzati dalle elezioni? Questo governo i numeri li ha e li avrà sempre». La domanda che circola con insistenza nei palazzi è semmai quanto a lungo Draghi possa ottenere risultati coerenti con una maggioranza così rissosa. L'evocazione della "cabina di regia" è ormai una formula magica. Ieri Salvini l'ha chiesta a proposito di quattro temi: fisco, appalti e burocrazia, immigrazione e terrorismo.

 

MASSIMILIANO FEDRIGA E MATTEO SALVINI

 Letta ha fatto sapere di essere disponibile a discutere di qualunque argomento, purché finisca il doppio registro, quello che permette in Consiglio dei ministri di votare un provvedimento poi bocciato in Parlamento. Di qui a poco i nodi verranno al pettine. Draghi ieri ha ammesso di avere un'agenda «fitta di riforme»: fisco, concorrenza, il superamento di "quota cento" nelle pensioni, le nuove politiche del lavoro.

 

matteo salvini claudio borghi

Su almeno tre di questi temi la Lega - e non solo la Lega - hanno posizioni distanti dall'impianto europeista del premier. Sul tavolo di palazzo Chigi ci sono questioni delicatissime come il rinnovo sine die delle concessioni balneari o la trasparenza delle gare nei servizi pubblici locali. Su alcuni temi è probabile che Draghi cercherà il minimo comune denominatore, come nel caso del fisco, su cui i partiti partono da posizioni siderali.

 

ANDREA ORLANDO - PH LAPRESSE

Ma che soluzione si troverà al decreto delocalizzazioni, sostenuto a spada tratta dal ministro del Lavoro Andrea Orlando e inviso agli industriali? Draghi ammette le difficoltà: «Ci stiamo lavorando da parecchio, ci sono varie posizioni, si tratta di una norma complessa che deve esser efficace e realistica».

 

Fosse dipeso da lui, il decreto non sarebbe mai entrato in agenda. Una norma simile esiste già nel decreto dignità, e non ha prodotto alcun risultato significativo. Ultimo ma non meno importante, nel pieno del voto per le comunali c'è da scrvere la Finanziaria. Draghi non potrà allargare la borsa con la stessa facilità del predecessore. L'emergenza Covid è ormai alle spalle, e il deficit deve rallentare la corsa.-

GIANCARLO GIORGETTI MARIO DRAGHI LUIGI DI MAIOmario draghi in conferenza stampa 1

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”