trump capitol hill golpe

IL PIANO PER IL “GOLPE” NEGLI STATI UNITI, CHE E’ ARRIVATO ALLA CASA BIANCA NEI GIORNI DELL’ASSALTO A CAPITOL HILL, PUNTAVA A IMPEDIRE LA CERTIFICAZIONE DELLA VITTORIA ELETTORALE DI JOE BIDEN, DICHIARARE LO STATO DI EMERGENZA E PROLUNGARE LA PRESIDENZA DI TRUMP - IL DOCUMENTO, ARRIVATO VIA E-MAIL ALL'EX CAPO DI GABINETTO DI TRUMP MARK MEADOWS, RIPRENDEVA LE TEORIE FORMULATE DALL'IMPRENDITORE TEXANO JOVAN HUTTON PULITZER E DALL'EX COLONNELLO PHIL WALDRON...

Flavio Pompetti per “il Messaggero”

 

biden trump

Impedire la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden, dichiarare lo stato di emergenza nazionale, e prolungare la presidenza di Donald Trump. Questo piano sovversivo, contenuto in una presentazione Powerpoint di una quarantina di pagine, era stato davvero codificato nei giorni che hanno preceduto l'assalto al palazzo del congresso lo scorso sei di gennaio. Il documento è circolato ai massimi livelli della Casa Bianca, ed è finito sul tavolo dell'allora capo di gabinetto di Donald Trump: Mark Meadows, il quale negli ultimi giorni lo ha consegnato alla commissione inquirente del legislativo di Washington che indaga sulla sommossa.

Donald Trump con Mark Meadows

 

La sua presenza alimenta il sospetto che dietro il saccheggio del Campidoglio da parte di centinaia di invasati ci fosse un vero e proprio tentativo di golpe insurrezionale, andato a vuoto per un soffio. Meadows ha esibito il fascicolo, dal nome: «Frode elettorale, Interferenze straniere e Opzioni per il 6 di gennaio» nel periodo in cui collaborava con la commissione inquirente.

 

mark meadows

Ora che ha preso le distanze dall'inchiesta ed è tornato a ostacolarla, come Trump chiede che facciano tutti i suoi ex collaboratori, l'ex funzionario ci tiene e specificare che non ha tradito nessuna prerogativa presidenziale nel divulgarlo, in quanto non proviene dai ranghi dell'amministrazione, ma è stato scritto da privati cittadini. In effetti un simile scritto, più breve di solo un paio di pagine, circola da tempo in Internet, e riassume le teorie formulate dall'imprenditore texano Jovan Hutton Pulitzer.

 

Rudy Giuliani

Il quattro di gennaio una delegazione guidata da un altro texano, l'ex colonnello Phil Waldron ben noto nel movimento che contesta ancora oggi l'esito delle elezioni, era al senato ad illustrare idee molto vicine a quelle espresse nel fascicolo, e il giorno dopo le ha ripetute a beneficio di un manipolo di deputati fedeli a Trump. Il gruppo denunciava l'esistenza di un complotto internazionale, nel quale Cina e Venezuela si erano prestate a manipolare le macchine elettorali durante il voto presidenziale in Usa.

 

Jovan Hutton Pulitzer

Un'idea fantasiosa, che le indagini di ben due ministri di Giustizia: Bill Barr e Jeff Rosen, avevano già concluso essere del tutto infondata, ma che nel clima di incertezza del momento veniva ancora propagandata da alcuni politici e dai legali dell'entourage di Trump, con a capo l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani. Il gruppo di denuncia chiedeva ai politici di spingere il vicepresidente Biden a sospendere la procedura di certificazione la mattina del 6 di gennaio, e di nominare, in base ad un potere supremo di transizione presidenziale che in realtà non aveva ai termini della costituzione, grandi elettori di sua scelta, che confermassero la vittoria di Trump alle urne.

Phil Waldron

 

L'OSTACOLO

Un piano golpista, che non è andato in porto solo per via del rifiuto di Pence, tra la notte del cinque di gennaio e la mattina del sei, di prestarsi ad eseguire il compito che gli era stato assegnato. Meadows dice di non aver avuto nessun ruolo nella diffusione del documento. Il fascicolo gli è arrivato via e-mail, e lui non avrebbe fatto nulla per farlo circolare, né avrebbe preso iniziative sulla base di quanto via aveva letto. Gli inquirenti sanno bene però che l'ex capo di gabinetto non è stato estraneo ad altri tentativi di manipolare la realtà per sovvertire l'esito delle elezioni.

Mike Pence

 

Tra la fine di dicembre e l'inizio di gennaio, Meadows aveva sollecitato ben cinque volte il ministro Rosen ad indagare teorie fantastiche e già sconfessate, che indicavano brogli nei seggi del New Mexico e interferenze straniere sul voto. Tra queste c'era anche la rocambolesca ricostruzione di un boicottaggio proveniente dall'Italia, dove ignoti pirati telematici avrebbero usato tecnologia militare e collegamenti satellitari per infiltrare le macchine che leggono le schede, e alterare il risultato. Rosen si rifiutò di seguire la pista, la quale in seguito si è rivelata essere frutto di pura narrativa complottista, come tutte le altre ancora circolanti tra un gruppo consistente di elettori che non si è mai rassegnato alla realtà del voto.

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