castro pasolini

QUANDO I COMUNISTI ODIAVANO GLI OMOSESSUALI: COSI’ FIDEL RESPINSE IL "PERVERTITO" PASOLINI - NEL '66 IL REGISTA DOVEVA ANDARE A CUBA INSIEMA A MORAVIA E ALLA MARAINI MA GLI FU NEGATO IL VISTO PERCHÉ GAY – CASTRO DISSE DI NON AVERE NULLA DI PERSONALE CONTRO GLI OMOSESSUALI, "PURCHÉ NON PRETENDESSERO DI FAR PROSELITI. SE GLI TIRAVA IL CULO, PROBLEMI LORO..."

Fausto Carioti per "Libero quotidiano"

 

fidel castro

L'odio di Fidel Castro per gli omosessuali è cosa nota. Lui stesso ammise le proprie colpe nel 2010, quando era troppo tardi e mille testimonianze lo avevano già condannato. Tra queste c'è il libro di Felix Luis Viera, Il lavoro vi farà uomini, che racconta la vita nelle Umap, i gulag cubani nei quali, a decine di migliaia, maricones ed effeminati sono passati assieme a dissidenti, seminaristi cattolici e altre «piaghe sociali» non tollerate dal regime. Soprattutto, c'è il racconto che Valerio Riva, lì presente, ha fatto della conversazione che il compagno Fidel ebbe a Cuba nel marzo del 1965 con Giangiacomo Feltrinelli. Una sera, a cena, l'editore gli chiese perché perseguitasse gli omosessuali.

 

pier paolo pasolini

Tra i commensali calò il gelo. Castro, racconta Riva, «disse qualcosa come "è un bello sfacciato questo Giangiacomo!", accese un sigaro e prese lentamente a dire che all'origine c'erano stati problemi in certe scuole, che dei genitori avevano protestato, che in fondo bisognava capirli, l'idea di mandare un figlio a scuola e vederselo tornare frocio non garberà a nessuno.

 

fidel castro cover

Disse che lui non aveva proprio niente personalmente contro gli omosessuali, purché non pretendessero di far proseliti. Se gli tirava il culo, problemi loro... Lo Stato, la Rivoluzione non poteva certo permettere la corruzione di minorenni...». C'è però un'altra vicenda, molto meno conosciuta, che ha per protagonisti Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia e Dacia Maraini. È emersa solo di recente, grazie a Paragone, raffinata rivista fiorentina di arte e letteratura fondata da Roberto Longhi. È la "vera" storia del viaggio di Moravia a Cuba. O comunque "un'altra" storia, diversa che da quella che si sapeva.

 

PIER PAOLO PASOLINI

LA VERSIONE UFFICIALE... Sinora, c'è stata solo la versione di Moravia. Ad Alain Elkann che lo intervistava (Vita di Moravia, 1990), la raccontò così: «Fui invitato a Cuba nel 1966 alla Conferenza tricontinentale e ci andai con Dacia Maraini. La conferenza si occupava principalmente, almeno per quanto mi sembrò di capire, di questioni politico-militari. Era cioè una conferenza che lasciava indovinare nelle grandi linee quello che sarebbe stato l'intervento armato di Cuba in tante parti del mondo del futuro». Lui e la Maraini ebbero due incontri con Castro, uno pubblico e uno privato, «brevissimo».

pasolini dacia maraini moravia

 

Quanto basta perché Moravia s' invaghisse del dittatore, «un ottimo oratore, pieno di calma e ragionevole autorità». «Come con Arafat e con Tito», rivelò a Elkann, «ho avuto simpatia per lui, perché ho sentito in lui l'uomo d'azione. Anzi, in quel momento lui rappresentava l'uomo d'azione per eccellenza, in quanto la rivoluzione culturale capovolgeva la credenza "veteromarxista" che il pensiero deve precedere l'azione. (...) Il fare cambia il mondo. La parola, se non diventa a sua volta fatto, non cambia nulla». Non una parola né un fatto, però, vennero da Moravia sugli aspetti più infami di Castro e della sua dittatura.

 

fidel castro

Eppure, l'autore de Gli indifferenti questi aspetti li conosceva molto bene. Perché pochi giorni prima, a pagarne il prezzo, era stato il suo amico Pasolini. Il «pervertito» Pasolini. È qui che le pagine di Paragone scritte da Francesco Rognoni gettano una luce diversa su Moravia e sul suo resoconto di quei giorni all'Avana. La rivista pubblica un assaggio del carteggio che lo scrittore "irregolare" Nicola Chiaromonte, socialista libertario, ebbe con la scrittrice statunitense Mary McCarthy, alla quale era legato. Chiaromonte era molto amico di Moravia e della Maraini, e in una lettera che inviò alla McCarthy nel febbraio del 1966 le riporta questo aneddoto, stranamente sfuggito a tutti i biografi: «Ti racconto una storia divertente. Quella del viaggio di Moravia a Cuba. A dicembre, Moravia voleva farsi una vacanza con Dacia in Marocco. E dato che, per ragioni sue, sembra non sia capace di viaggiare senza Pasolini, gli ha chiesto di unirsi a loro. Pasolini ha detto che no, lui andava a Cuba. A Moravia l'idea di Cuba non piaceva per niente: voleva solo farsi una vacanza, e andare a Cuba era un gesto politico, dato che non ci si può andare se non in qualità di ospiti del Governo innanzitutto. Quindi ha provato a far ragionare Pasolini. Niente da fare. O Cuba o niente. Moravia, che è un bravo ragazzo, alla fine si è arreso ed è andato all'ambasciata di Cuba a chiedere il visto. Che, naturalmente, gli hanno servito su un piatto d'argento. Così si è preparato al viaggio. Ma da parte di Pasolini, silenzio.

fidel castro e i barbudospasolini con moravia e dacia maraini in africa

 

Alla fine Moravia l'ha chiamato per chiedergli se era pronto anche lui. Pasolini ha detto "No", gli avevano negato il visto perché notoriamente omosessuale: a Cuba l'omosessualità è un reato penale. Moravia si è arrabbiato doppiamente, è tornato all'ambasciata cubana a protestare, a chieder anche lui il visto per Pasolini ("Dopo tutto, è un grande scrittore, eccetera..."). Niente da fare. Impossibile lasciar entrare a Cuba un notorio pervertito. E così Moravia è andato a Cuba (dove mi si dice che il 15% della popolazione sia omosessuale, a cominciare da Castro) solo con Dacia. Dove è stato accolto benissimo, e oltretutto non ha dovuto spendere un centesimo. Ma Pasolini è rimasto a Roma (o forse è andato in Marocco, non so)». ...

 

fidel castro

E L'ALTRA Secondo la versione di Chiaromonte, dunque, Moravia non era stato «invitato» dal regime ad assistere alla Conferenza tricontinentale, che si era tenuta all'Avana dal 3 al 16 gennaio del 1966. L'idea di andare sull'isola era stata di Pasolini, e Moravia aveva chiesto il visto con l'intento, meravigliosamente borghese, di farsi una vacanza al sole dei Caraibi assieme alla Maraini. Ma il poeta e regista bolognese era stato umiliato dal governo di Castro, che gli aveva negato l'accesso in quanto «pervertito». E quando Moravia capì che le proteste con l'ambasciata cubana non avrebbero rimosso quel veto vergognoso, anziché denunciare la vicenda (per difendere almeno il suo amico, se non l'intera categoria degli omosessuali), o comunque cambiare meta sdegnato, lui, il più influente degli intellettuali italiani, scelse il silenzio e l'aereo che lo portò all'Avana. Dove, assieme alla sua compagna, fu accolto con tutti gli onori e non dovette «spendere un centesimo», ospite di Castro.

PASOLINI

 

E da dove tornò colmo di pensieri buoni per il líder máximo. Del tutto indifferente- è il caso di dirlo- al modo in cui costui aveva trattato il povero Pasolini e calpestava i diritti dei «pervertiti». E un giorno, chissà, magari sapremo pure se le voci sull'omosessualità nascosta del macho Castro, riferite dal serissimo Chiaromonte («Austero cavaliere», lo chiamava la McCarthy), fossero calunnie o verità.

pasolini con la callas dacia maraini e moraviapasolini idroscalo - dal libro massacro di un poeta di simona zecchi PASOLINI LA LUNGA STRADA DI SABBIAMoravia, Dacia Maraini e Elsa Morantepier paolo pasolini ph becchetti

Ultimi Dagoreport

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO DEL PD, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA