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PER IL QUIRINALE, COSA PUO' OFFRIRE SALVINI AL POSTO DI BERLUSCONI? LA ROSA DEI SUOI CANDIDATI E' LOFFIA: SI VA DALLA CASELLATI A "MESTIZIA" MORATTI FINO A MARCELLO PERA O QUEL VOLPACCHIONE DI CASINI, UN DEMOCRISTONE CHE NON IMPEGNA - SI TRATTA DI CANDIDATI CHE NON HANNO NE' UN CONSENSO POPOLARE NE' UN PROFILO UNIFICANTE (MA NEMMENO TONIFICANTE) - MA SULLO SFONDO LA VERA OPZIONE DELLA LEGA RIMANE UN'ALTRA: PROPORRE MARIO DRAGHI, CIOE' LA "CANDIDATURA CHE PIACE A MOLTI, SE NON A TUTTI" (SALVINI DIXIT)

matteo salvini silvio berlusconi

Cesare Zapperi e Paola Di Caro per il "Corriere della Sera"

 

Ha fretta di chiudere, Matteo Salvini. E allora schiaccia sull'acceleratore. Un tocco più morbido e un altro più deciso, ma entrambi tesi a mandare un chiaro messaggio a Silvio Berlusconi. «Entro due-tre giorni dobbiamo trovare una soluzione» è l'imperativo del segretario leghista che, tradendo la sua impazienza, accosta in una sequenza logica piano A e piano B, depotenziando implicitamente il primo.

 

maria elisabetta alberti casellati

Perché sostenere che entro una settimana la Lega sarebbe in grado di proporre un'opzione in grado di «accontentare molti» significa dare quasi per scontato, nei fatti se non nelle parole, che il tentativo di reclutamento di grandi elettori da parte del leader di Forza Italia, per quanto prosegua con ampio spiegamento di mezzi e di uomini, è destinato ad infrangersi contro l'unico giudice implacabile nei confronti delle ambizioni umane: il quorum. Salvini conferma fedeltà assoluta a Berlusconi, ma quello che ha visto in questi giorni non gli piace e soprattutto non lo convince sulla possibilità di un lieto fine. E quindi chiede all'alleato di fare tutte le verifiche del caso entro pochi giorni.

 

MARCELLO PERA

«O dentro o fuori, non possiamo arrivare all'inizio delle votazioni in Aula con un quadro ancora incerto», è la sintesi che filtra dagli ambienti leghisti. Proprio perché non paia una sollecitazione fine a sé stessa, ecco l'altro colpo di acceleratore per cercare di portare al traguardo la soluzione B: una candidatura che «piaccia a molti, se non a tutti». In controluce, dietro questa proposta si rivede Denis Verdini (padre della compagna di Salvini) e quel suo invito a fare del leader del Carroccio il vero, unico kingmaker del nuovo inquilino del Quirinale.

 

pier ferdinando casini

Sia nel caso si tratti di investire tutto su Berlusconi sia qualora si decida di puntare su un'alternativa. Il segretario vuole fare della partita per il Colle uno snodo decisivo per riaffermare la sua leadership sul centrodestra. Per farlo c'è un solo modo: mettere sul piatto il nome di un candidato che possa essere sostenuto dalla propria coalizione ma che si riveli vincente sapendo catturare consensi anche negli altri partiti.

 

La mossa non deve essere piaciuta granché dalle parti di Forza Italia, visto che pochi minuti dopo le esternazioni di Salvini è stata diffusa una nota per smentire «contrapposizioni» che nessuno aveva evocato e che lo stesso segretario leghista ha negato. Da Fratelli d'Italia il tentativo è quello di non alzare il livello dello scontro.

 

letizia moratti e il figlio 9

Ma dietro le quinte l'interpretazione che si dà in via della Scrofa è che il leader della Lega abbia voluto riprendersi il ruolo di regista. Ma la puntualizzazione è netta: «Si decide tutti insieme». Per Salvini le vere difficoltà stanno nel concretizzare il piano B. Se si deve partire da figure di centrodestra è necessario che non siano troppo caratterizzate politicamente o, termine in gran voga di questi tempi quirinalizi, «divisive».

 

Il primo nome che circola è quello di Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato e quindi figura istituzionale, anche se in passato protagonista di battaglie identitarie per Forza Italia. Il secondo è quello di Letizia Moratti, ora assessore al Welfare e vicepresidente della Regione Lombardia, con un passato da ministro, presidente Rai e commissaria Expo.

 

mario draghi

Ma a Salvini non dispiacerebbe nemmeno Marcello Pera, a sua volta ex presidente di Palazzo Madama, con il quale nei mesi scorsi si è confrontato spesso su una possibile evoluzione in senso liberale della Lega. Resta la necessità di andare oltre lo steccato e allora ecco affiorare un nome che assomiglia ad un fiume carsico, per il suo affiorare e inabissarsi a seconda delle circostanze, quello di Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, ora in area centrosinistra ma per un ventennio nel campo moderato. Un democristiano di lungo corso in buoni rapporti con tutti, o quasi, che piace a Matteo Renzi ed è stato eletto in Parlamento con i voti del Pd. Sullo sfondo però la vera opzione rimane un'altra. Ed è quella di Draghi.

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