umberto bossi e matteo salvini

"MI AVEVANO PREGATO DI CANDIDARMI" - UMBERTO BOSSI E’ INCAZZATO: NON SI ASPETTAVA DI RESTARE FUORI DAL PARLAMENTO - LA BASE DEL CARROCCIO SE LA PRENDE CON SALVINI: “LA BRUTTA FIGURA NON LA FA UMBERTO, LA FA IL PARTITO. SONO MANCATI I VOTI E IL PARTITO NON HA PENSATO DI SALVARLO. ALTRI SONO STATI CANDIDATI IN PIÙ COLLEGI E ELETTI IN TUTTI, LUI NO” - IL SENATÙR SI “VENDICA” INVOCANDO UN CAMBIO DI SEGRETERIA: "IL POPOLO DEL NORD ESPRIME UN MESSAGGIO CHIARO E INEQUIVOCABILE CHE NON PUÒ NON ESSERE ASCOLTATO"

Paolo Berizzi per www.repubblica.it

 

Imperturbabile, è la versione ufficiale. Ma la realtà è diversa e ai suoi collaboratori più stretti l'ha fornita lui, nel pomeriggio, prima di scendere da Gemonio a Laveno-Mombello per il solito caffè post siesta: "È molto amareggiato, anzi, è inc...to". Il primo problema per Salvini, a crisi deflagrata, era il "Nord", Lombardia e Veneto in primis. Adesso nel cahier de doléances della Lega c'è anche la questione Bossi: il fondatore, il patriarca.

 

Fuori dal Parlamento dopo 35 più o meno gloriosi anni. Un'esclusione che, è evidente, aggrava il peso del tracollo leghista alle elezioni di domenica ed è destinata a diventare una miccia, una in più, sotto la poltrona del segretario federale. Bossi era candidato come capolista al proporzionale per la Camera a Varese, la sua città, nonché culla della Lega e del leghismo. Una posizione buona, sulla carta. Ma che non ha dato il risultato sperato dalla cabina di regia che si è occupata degli "incastri" nelle candidature.

 

Al proporzionale a Varese la Lega non ha ottenuto nessun seggio: e dunque, per il Senatùr, addio Roma. Quando è arrivata l'ufficialità, come prevedibile, è iniziata la rivolta della vecchia Lega. Sotto accusa, Matteo Salvini. "È una vergogna nazionale", tuona Giuseppe Leoni che con Bossi, il 12 aprile 1984, fondò la Lega lombarda. "La brutta figura non la fa Umberto, la fa il partito. Io l'ho votato ma sono mancati i voti e il partito non ha pensato di salvarlo. Altri - aggiunge Leoni, amico personale di Bossi, sempre vicino anche nei momenti della malattia - sono stati candidati in più collegi e eletti in tutti, lui no".

 

Al fuoco-amico contro i vertici leghisti si sono uniti altri ex big del Carroccio. Tra quelli che hanno alzato la voce, l'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli. Altro bossiano della prima ora. "La mancata elezione di Bossi è un simbolo della debacle della Lega". La questione, in realtà, sembra più complessa.

 

A renderla pepata è stato lo stesso Bossi. Che di fronte all'esclusione ha provato a glissare. Allontanando i riflettori da se stesso per indirizzarli sulla madre di tutte le sue battaglie politiche: la questione settentrionale. "Il popolo del Nord esprime un messaggio chiaro e inequivocabile che non può non essere ascoltato", è stato il commento al voto arrivato da Gemonio. Una dichiarazione puramente "politica", che ha acceso il fronte anti-salviniano: un fronte che, da 48 ore, è diventato più compatto e determinato.

 

Sulla mancata elezione, Bossi - sentito dall'AdnKronos - ha usato parole diplomatiche: "Sono contento poiché avevo deciso di non candidarmi. Mi hanno pregato e solo per il rispetto verso la militanza ho accettato".

 

È chiaro che al vecchio capo non va giù di fare la figura dell'escluso che ci sperava. Quale migliore via di uscita se non mostrare, almeno di facciata, disincanto e disinteresse? Da volpe della politica, il Senatùr sa benissimo che non c'è bisogno di aggiungere altro: l'assenza sui banchi del Parlamento del fondatore della Lega - conseguenza e allo stesso tempo specchio della batosta del partito doppiato da FdI - , basta e avanza, da sola, per spingere la leadership di Salvini ancora più nell'angolo.

 

Un'accelerazione nella resa dei conti iniziata ieri in via Bellerio. Per uscire dall'imbarazzo, il Capitano ha avanzato la proposta Bossi-senatore a vita (appoggiata anche dal governatore lombardo Attilio Fontana). "Sarebbe il giusto riconoscimento dopo 35 anni al servizio della Lega e del Paese. Porterò avanti personalmente questa proposta".

 

Malumori placati? Neanche un po'. Per i leghisti della prima ora Salvini è e resta il responsabile del tracollo della Lega. La svolta nazionalista-sovranista impressa al partito - a scapito del Nord - non è mai stata digerita. E adesso c'è chi presenta il conto a Salvini. Ancora Castelli: "La Lega nazionale e centralista è finita. Salvini si vanta di avere il secondo gruppo parlamentare ma mi chiedo: a cosa serve?, non farai nulla per il Nord. L'autonomia non ha fatto un progresso e la gente non se lo scorda".

 

Frecciate anche da Paolo Grimoldi, ex segretario del movimento regionale. Che a Salvini chiede "maggior rispetto per le persone, per il territorio e per la nostra storia". Grimoldi ha annunciato una raccolta firme per chiedere il congresso lombardo della Lega ("se chiedere democrazia, confronto e rappresentanza è una colpa, mi dichiaro colpevole"). Lo stesso accade in Veneto. La base è in subbuglio. Sullo sfondo, pare di cogliere il ghigno del Senatùr.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…