joe biden vladimir putin

STIAMO VIVENDO UNA NUOVA CRISI MISSILISTICA DI CUBA – COME KENNEDY E KRUSCIOV BIDEN E PUTIN PARLANO IN CODICE SULLO SFONDO DI UNA GUERRA NUCLEARE - PER EVITARE UN CONFLITTO TRA LE DUE SUPER POTENZE SLEEPY JOE DEVE AGIRE COME JFK: CON CREATIVITÀ E PRONTO A VEDERE I BLUFF DI MAD-VLAD FACENDO LAVORARE SOTTO TRACCIA LE DIPLOMAZIE E SPERANDO CHE, COME NEL 1962, I RAPPORTI SI NORMALIZZINO - PECHINO GUARDA DA LONTANO PRONTO A RILANCIARE IL DIALOGO QUALORA LA SITUAZIONE PRENDESSE UNA BRUTTA PIEGA - VIDEO

 

 

Marco Ventura per “il Messaggero”

 

kennedy e la crisi dei missili a cuba

Lo spettro, ma anche l'insegnamento, della crisi cubana del 1962. Si muove la diplomazia invisibile, quella dei messaggi in codice, delle conversazioni criptate, tra Washington e Mosca. Per scongiurare l'uso dell'atomica, sia pure nella forma meno devastante della «piccola arma nucleare tattica», quasi affettuosamente soprannominata «da campo di battaglia». Che avrebbe comunque effetti catastrofici sul rapporto tra Stati Uniti/Nato e Russia, non solo in Ucraina ma per tutta l'area del Mar Nero. E sugli assetti globali.

 

nikita kruscev john fitzgerald kennedy 5

Scrive il Washington Post, foglio dell'establishment americano, di Casa Bianca e Dipartimento di Stato, che nel corso dei mesi, durante il conflitto in Ucraina, gli Stati Uniti hanno recapitato più volte «avvertimenti privati» a Mosca per mettere in guardia sulle «conseguenze gravi» che verrebbero innescate dall'impiego dell'arma nucleare nel teatro ucraino. Si tratterebbe, peraltro, di una serie di moniti, non è chiaro nella persona di chi, che hanno accompagnato sottotraccia tutte le pubbliche dichiarazioni del presidente Biden in risposta alle evocazioni della bomba da parte di Putin, di Lavrov e di quel falco loquace e smodato che è l'ex presidente russo, Medvedev.

 

nikita kruscev john fitzgerald kennedy 3

Gli anonimi funzionari Usa, ovviamente autorizzati, hanno precisato che la decisione nelle alte sfere è stata quella di «mantenere deliberatamente vaghi i moniti, per far sì che il Cremlino si preoccupi di quale potrebbe essere la risposta», e Putin e i suoi generali si interroghino sulla portata della inevitabile rappresaglia di Washington. Il concetto che sottende la comunicazione di Biden è quella che i think tank definiscono «ambiguità strategica». Se lanci l'atomica, ti devi aspettare qualsiasi risposta. E Putin non è oggi in una condizione di forza ma di debolezza, dopo l'umiliante controffensiva ucraina. 

 

VLADIMIR PUTIN JOE BIDEN - ILLUSTRAZIONE TPI

È Biden cui spettano le decisioni cruciali, stando a una opinione sul Washington Post di uno dei suoi più autorevoli editorialisti e scrittori, David Ignatius, il quale contrappone le sparate di Putin («In caso di minaccia alla nostra integrità territoriale, certamente useremo tutti i sistemi d'arma a nostra disposizione e questo non è un bluff») alla replica «più implorante che minacciosa» di Biden in un'intervista Tv. «Non farlo!», ripetuto tre volte. «Cambierebbe il volto della guerra come non si è visto dalla Seconda guerra mondiale».

 

PUTIN BIDEN

In realtà, le gole profonde interpellate dal WP non dicono se avvertimenti ulteriori siano arrivati a Mosca dopo l'annuncio di Putin dei referendum nei territori occupati e della mobilitazione parziale. Intanto, Medvedev ha voluto essere ancor più chiaro, specificando che Mosca guarda alle armi ipersoniche come a quelle nucleari. Segnali contraddittori dalla Russia ricalcano anch'essi una «ambiguità strategica», se il viceministro degli Esteri, Serghei Ryabkov, nega che «la Russia minacci alcuno con armi nucleari, i criteri per il loro utilizzo sono descritti nella dottrina militare e specificati nei fondamenti della politica statale della Federazione russa in materia di deterrenza nucleare». E l'ambasciatore russo all'Onu, Anatoli Antonov, dice di non voler credere che i rapporti tra Mosca e Washington siano talmente degradati «da farci avvinare al pericoloso limite di una caduta nell'abisso del conflitto nucleare». 

 

vladimir putin joe biden ginevra 2021

Il vice-presidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo, Venediktov, quasi fa eco a Biden affermando che «una guerra nucleare non deve mai essere combattuta, perché non ci possono essere vincitori». Certo non è l'atomica che vuole la Cina, pronta nei giorni scorsi a rilanciare le ragioni del dialogo. Né la vuole la Turchia, che è anche una potenza del Mar Nero e un pilastro della Nato, candidata al ruolo di mediazione tra Kiev e Mosca.

 

putin biden

Ignatius, sul WP, cita Kennedy e suggerisce a Biden di adottare quella «combinazione di durezza e creatività», anche attraverso gli strumenti della diplomazia alternativa, che portarono sessant' anni fa al superamento della crisi cubana. «Kennedy ci riuscì per due ragioni. La prima è che si mostrò preparato a rischiare la guerra nucleare per fermare le mosse sconsiderate di Mosca. La seconda, che attraverso un canale segreto sotterraneo trovò il modo di salvare la faccia evitando la catastrofe totale. Biden conclude Ignatius dovrebbe studiare entrambe le lezioni».

JOE BIDEN VLADIMIR PUTIN MEMEincontro virtuale joe biden vladimir putinvertice biden putin sull ucraina PUTIN E BIDEN

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")