kamala harris con i genitori

LA ZAVORRA DI KAMALA HARRIS È L'EQUIVOCO SUI SUOI GENITORI –SI PRESENTA COME UNA ESPONENTE DI MINORANZE EMARGINATE, DISCRIMINATE E OPPRESSE MA LA STORIA DEI GENITORI (UNA RICERCATRICE UNIVERSITARIA INDIANA DISCENDENTE DALLA CASTA PRIVILEGIATA DEI BRAMINI; UN CELEBRE ECONOMISTA AFRO-GIAMAICANO) È L’APOTEOSI DI UN "AMERICAN DREAM" COSTRUITO DA ÉLITE DI IMMIGRATI QUALIFICATI; IL CONTRARIO DELL’ATTUALE IDEOLOGIA POLITICALLY CORRECT - LA STORIA DEI SUOI GENITORI, E QUINDI LA SUA, È SEGNATA DAI BENEFICI DELLA MERITOCRAZIA NON DAI DANNI DEL RAZZISMO...

KAMALA HARRIS

Federico Rampini per corriere.it - Estratti

 

La prima dichiarazione di Kamala Harris, dopo il ritiro della candidatura di Joe Biden, è stata all’insegna dell’umiltà e della prudenza: «Mi guadagnerò e mi conquisterò la nomination presidenziale». In quelle parole c’è il riconoscimento implicito che l’investitura del partito democratico non è automatica. Lei sa di doversela meritare. Dovrà esserci una procedura che consacri la sua legittimità agli occhi degli elettori.

 

Traspare forse una consapevolezza inconscia e inconfessabile: se non ci fosse stato il presidente in carica a congelare tutto fino a ieri con la sua ricandidatura, se all’inizio di quest’anno si fossero tenute delle primarie normali, non è affatto scontato che la base avrebbe scelto proprio Kamala. A dire il vero, è poco probabile che le avrebbe vinte lei. Adesso deve sperare che la situazione di emergenza, il poco tempo a disposizione, facciano precipitare una sua nomination.

 

I GENITORI DI KAMALA HARRIS

È un gioco pericoloso, però, perché non deve sembrare una decisione presa a porte chiuse, una forzatura, un’imposizione dall’alto. È il pericolo che hanno avvertito Barack Obama e Nancy Pelosi, due fra i notabili di partito che – a differenza dei Clinton – non si sono affrettati a dare subito il loro endorsement. Magari lo faranno in questi giorni, però Obama sembra aver segnalato la sua preferenza per una convention «aperta» a Chicago in agosto: cioè un vero confronto competitivo tra diverse candidature.

 

C’è una zavorra che appesantisce la candidatura di Kamala e le ha impedito di decollare negli indici di popolarità. È il peso della politica «identitaria», la decadenza della democrazia americana che soprattutto a sinistra si è trasformata in un mosaico tribale, fatto di gruppi etnici e altre minoranze, tutti gonfi di risentimenti e recriminazioni, in costante richiesta di risarcimenti e corsie preferenziali.

 

 

I GENITORI DI KAMALA HARRIS

È l’equivoco tremendo all’origine della sua cooptazione come vice nel ticket del 2020. La Harris è stata innalzata al secondo posto dell’esecutivo in quanto donna di colore, proprio in omaggio alla politica «identitaria», per consacrare il fatto che il partito democratico si considera il difensore di tutte le minoranze oppresse, oltre che delle donne (queste sono una maggioranza, però non ancora del tutto alla pari con gli uomini). Le lobby identitarie, quelle che hanno fatto del partito democratico un «arcobaleno» dove le loro cause sono sacre, hanno visto in Kamala un simbolo della loro egemonia sulla sinistra.

 

KAMALA HARRIS 11

Lei si è prestata al gioco. Ha recitato la parte di una esponente di quelle minoranze vittime del razzismo. Lo ha fatto con veemenza e perfino aggressività. A partire da quel celebre dibattito televisivo del 2020, durante le primarie, in cui lei era ancora tra i candidati alla nomination in gara contro Biden. La Harris aveva attaccato Biden proprio sulla questione razziale. Gli aveva rinfacciato una vecchia presa di posizione ostile alla politica del «busing». Spiegazione.

 

I GENITORI DI KAMALA HARRIS

Negli anni Settanta, dopo le conquiste sui diritti civili, rimaneva un divario di apprendimento tra figli dei bianchi e dei neri. Fu escogitato il massiccio esperimento di mescolanza dall’infanzia. Poiché bianchi e black non abitavano negli stessi quartieri e quindi non frequentavano le stesse scuole, vennero organizzati autobus scolastici che portavano gli alunni afroamericani in quartieri bianchi o viceversa. Ma l’esperimento toccò solo alcune fasce della popolazione. I bianchi dei ceti medioalti misero i figli in scuole private che non partecipavano. La mescolanza colpì i genitori della classe operaia bianca che videro il livello scolastico scendere. Se criticavano il «busing», come a suo tempo aveva fatto Biden, venivano tacciati di razzismo.

 

Rilanciare quell’accusa contro Biden molti decenni dopo era un attacco cinico e sleale. Così la Harris volle fare dimenticare la propria carriera politica che l’aveva collocata nel centro moderato-conservatore del suo partito.

 

KAMALA HARRIS

Quattro anni fa l’ala sinistra del partito era forte; due suoi candidati, Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, all’inizio avevano fatto meglio di Biden. Il vento soffiava da quella parte, era «l’estate di Black Lives Matter», segnata dalle grandi proteste (spesso degenerate nella violenza) dopo l’uccisione dell’afroamericano George Floyd da parte di un poliziotto bianco.

 

La Harris si era accodata all’atmosfera di quella stagione, per opportunismo, pur venendo da un passato tutt’altro che radicale: quando era ministra della Giustizia in California la Harris aveva inflitto pene severe ai criminali, in contrasto con la filosofia delle procure progressiste. Biden nel 2020 voleva coprirsi il fianco a sinistra. Donna, di colore, figlia d’immigrati, lei era il prezzo da pagare per placare i radicali e sedurre i media. La sua nomina fu celebrata con fuochi d’artificio: storica, rivoluzionaria.

KAMALA HARRIS bacia il marito

 

In realtà la sua biografia si prestava a tutt’altra narrazione. La storia dei genitori (una ricercatrice universitaria indiana discendente dalla casta privilegiata dei bramini; un celebre economista afro-giamaicano) è l’apoteosi di un American Dream costruito da élite di immigrati qualificati che diventano classe dirigente; il contrario dell’attuale ideologia politically correct.

 

Kamala ha recitato la parte presentandosi come un’esponente di minoranze emarginate, discriminate e oppresse. Una delle accuse che le rivolgono spesso i repubblicani è questa: la Harris non parla in modo positivo dell’America, è più attenta a demonizzare il proprio paese che non a esaltarlo come una terra di opportunità. Ma la storia dei suoi genitori, e quindi la sua, è segnata proprio dai benefici della meritocrazia, non dai danni del razzismo. Diventando lei stessa un’icona della politica tribale e identitaria, ha falsificato quella storia familiare che condensa il lato positivo dell’America.

il primo discorso di kamala harris dopo il passo indietro di joe biden 6

 

Ieri a dare il proprio endorsement alla Harris, dopo quello di Biden, si sono precipitati i Clinton. È comprensibile: una vittoria di Kamala sarebbe in un certo senso la rivincita di Hillary e del suo sogno di infrangere il cosiddetto «soffitto di vetro», la barriera invisibile che impedisce a tante donne di accedere ai vertici

 

il primo discorso di kamala harris dopo il passo indietro di joe biden 3

(...)

Ultimi Dagoreport

procuratore milano viola procura milano luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

FLASH! – MA GUARDA UN PO’... “EMERGE CHE IN AMBIENTI GIUDIZIARI SI È VALUTATO DI ESEGUIRE LE PERQUISIZIONI SOLO LA SCORSA SETTIMANA E NON A SETTEMBRE PER NON CONDIZIONARE L'ESITO DELL'OPS SU MEDIOBANCA ANCHE PERCHÉ LE INDAGINI NON SONO CHIUSE. ABBASTANZA PER IPOTIZZARE CHE IL RUOLO DELLA PROCURA POSSA DIVENTARE CRUCIALE NELLA FORMAZIONE DELLE LISTE PER IL RINNOVO DEI PROSSIMI CDA. IN PRIMAVERA TOCCHERÀ AI VERTICI DI BPM E DI MPS…” (BALESTRERI E SIRAVO PER “LA STAMPA”)

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."