L’Equipe celebra Adriano Panatta e il suo successo al Roland Garros nel 1976. Il titolo è tutto un programma. “Panatta camminò sull’acqua”. Il riferimento è ai miracoli di Adriano quell’anno che vinse Roma dopo aver annullato undici matchpoint all’australiano Warwick al primo turno e conquistò Parigi dopo averne annullato uno al cecoslovacco Pavel Hutka che Panatta sconfisse 12-10 al quinto. L’Equipe ricorda che quell’anno – ormai ne sono passati 44 – l’azzurro ne annullò otto anche al primo turno di Nizza, contro il giapponese Jun Kuki (5-7, 6-4, 9-7).
Panatta, come al solito, minimizza: «La mano di Dio? Francamente no. Non c’è un segreto per salvare undici matchpoint. Ci vuole fortuna. È il destino… »
“Non aveva alcun punto in comune con l’ascetico e sinistro Ivan Lendl “che si nutriva con noodles d’acqua e carne bianca di tacchino d’allevamento, cosa che necessariamente inacidì il suo personaggio, come un Ravaillac (l’assassino di Enrico IV, sinonimo di fanatico, ndr)”.
Il quotidiano francese, che definisce Panatta playboy, prova a spiegare lo stato di grazia di Panatta in quell’anno.
No, non si sottopose ad alcun duro lavoro sulla terra. No, non si allenò più (o meglio) del solito. Solo che il miracolo della vittoria contro Warwick allineò perfettamente i pianeti.
Undici matchpoint. E il giornalista Ubaldo Scanagatta ricorda che ne annullò dieci sul servizio dell’australiano e disse: «Non ho mai pensato di perdere».
Panatta – definito il miracolato – ricorda che giocava “molto meglio al Roland Garros che a Roma. In Italia c’erano probabilmente troppe aspettative. Ma dopo aver battuto Warwick, credo di essermi liberato. Ho iniziato a giocare con grande serenità. Tutto mi sembrava molto facile».
Lo sgarbo di Solomon a Roma
L’Equipe ricorda i quarti di finale con Solomon quando l’americano abbandonò il campo per una chiamata dubbia dell’arbitro. In precedenza, viste le tante chiamate “sospette”, Panatta gli disse che avrebbero arbitrato loro, così fecero. L’Equipe cita la celebre definizione che Gianni Clerici diede dei giudici di linea romani: “patrioti miopi”.
Solomon recuperò nel terzo set da 0-4 a 5-4. E su un pallonetto di Panatta successe il patatrac. Per l’americano, la palla era fuori. Ma la chiamata non. arrivò. Panatta non gli concesse il punto. Secondo Scanagatta, la palla era buona, riferisce che anche per Newcombe era dentro. Solomon si rifiutava di proseguire e quando l’arbitro gli disse per l’ottava volte: “o giochi o te ne vai”, se ne andò.
Panatta disse: «Si è comportato male con il pubblico e ancor più con me», dirà l’italiano. Si sarebbe reincontrati. In finale, Adriano sconfisse Vilas.
E due giorni dopo, affrontò Hutka. Panatta ricorda come annullò quel matchpoint. Con una formidabile volée in tuffo, degna del miglior Becker, scrive L’Equipe. In realtà furono due colpi: la volée alta e poi una in tuffo.
Ho visto spesso quel punto perché Gil de Kermadec (fondatore del servizio video della Federazione francese) girò un film sul torneo. Fu un mix di fortuna e tecnica. Oggi lo chiamiamo “veronica”.
Dopo la mia vittoria nell’ottavo contro Franulovic, sono tornato al mio hotel a Saint-Germain-des Prés, e poi sono andato al Café des Arts per guardare Borg contro Jauffret (vinse Borg 10-8 al quinto). Tifavo Björn. Mi piaceva affrontarlo tanto quanto odiavo giocare contro Jauffret. È paradossale, ma è così!
Vinse Panatta: 6-3, 6-3, 2-6, 7-6.
A Björn non piaceva giocare contro di me. Non gli davo ritmo. Variavo moltissimo, andavo a rete. Con me, ogni punto era diverso. E l’ho fatto soffrire molto. Lo destabilizzavo. Cercavo anche di portarlo a rete.
L’Equipe ricorda l’amicizia tra i due, Loredana Bertè.
Arriva la finale. E dall’altra parte della rete chi c’è? Solomon ovviamente. Panatta racconta l’aneddoto noto agli appassionati. Prima della finale, nello spogliatoio, Panatta chiamò l’americano a fianco a sé davanti a uno specchio. Solomon era bassino, era 1,68 e Panatta gli disse: “Guardati, come pensi di battermi?”. Oggi dice: «Non è stato molto bello… ma è una storia vera».
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Vinse Panatta in quattro set.