I CARDIOLOGI SI DIVIDONO SULL’EVENTUALE RIENTRO DI ERIKSEN DOPO L'ARRESTO CARDIACO A EURO2020 – IL CARDIOLOGO CHE HA SEGUITO IL CALCIATORE AL TOTTENHAM: “DI FATTO ERA MORTO. QUALE MEDICO GLI PERMETTEREBBE DI MORIRE ANCORA?” – BRUNO CARU’: “BISOGNA VEDERE CHE COSA HA DETERMINATO L’ARRESTO CARDIACO, TEORICAMENTE E' UNA...

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Mario Pappagallo per il "Corriere dello Sport"

 

danimarca eriksen danimarca eriksen

Christian Eriksen era già morto ed è resuscitato grazie alla rapidità e alla correttezza delle manovre di soccorso e rianimazione. Ora sta bene e, se fosse per lui, tornerebbe già in campo. Ma non è così semplice, né scontato. Perché un calciatore che gioca in una nazionale, che ha giocato in campionati come quello olandese e inglese e che ora gioca in Italia, dal punto di vista medico viene letteralmente “rivoltato come un calzino” per avere l’idoneità allo sport agonistico.

 

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E proprio a livello di cuore i test diagnostici, quelli noti e più all’avanguardia, vengono periodicamente eseguiti. Perché nello sport agonistico le morti improvvise in campo riguardano sempre il cuore, il suo arresto senza apparente motivo. Ne ricordiamo alcuni, affetti dal difetto genetico ipotizzabile nel caso di Eriksen: i calciatori Davide Astori, Antonio Puerta, Daniel Jarque, il nuotatore Mattia Dall’Aglio, il giocatore di hockey Darcy Robinson. Per tutti questi la causa, confermata dall’autopsia, è stata la cardiomiopatia aritmogena congenita.

 

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Se questa è la causa, Eriksen è stato realmente un miracolato, comunque un fortunato perché tutto nel soccorso ha funzionato come un orologio. È una patologia relativamente rara dal momento che interessa circa 1 persona su 5.000, non è curabile, ha una base genetica e, secondo alcuni studi, l’attività sportiva è responsabile della progressione della malattia ed è associata a un rischio 5 volte maggiore di morte improvvisa. Diagnosticarla è difficile, se non impossibile. Ma se si manifesta una volta e non si muore, vale la pena rischiare di nuovo? E forse in una decisione del genere il parere della moglie, dei familiari, sarebbe fondamentale.

lucio mos lucio mos

  

DIBATTITO APERTO

Ora però il dibattito tra specialisti è aperto sul ritorno di Eriksen all’attività sportiva. Di fronte a una diagnosi certa, tecnicamente impossibile ora, Lucio Mos, presidente della Società italiana di cardiologia dello sport, non è ottimista: «Con la legislazione italiana dubito che potrà scendere in campo in futuro in Italia. I protocolli attuali sono rigidi, quindi non proporremo alla FIGC alcuna modifica a quello attuale. Andrebbero cambiati quelli europei, che sono più larghi rispetto ai nostri», ha aggiunto.

 

«Com’è possibile che un calciatore sottoposto a innumerevoli controlli venga colpito da un arresto cardiaco? Ci sono cose che possono sfuggire persino ai controlli più accurati, anche perché le visite avvengono periodicamente, quindi un problema di questo tipo può insorgere tra un controllo e un altro. La regolamentazione italiana è la più severa del mondo ed è questo il motivo per cui il numero di morti improvvise durante l’attività fisica è più basso rispetto agli altri Stati».

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Certo, per lui, la sua famiglia, sua moglie, occorrerà una diagnosi, se possibile: «Era morto. Risulta che è stato defibrillato, quindi bisogna andare a capire le cause hanno provocato l’arresto cardiaco. Il mio punto di vista? Ha avuto un’aritmia, ma non posso sapere le motivazioni che l’hanno provocata. Può esserci stata una miocardite, ma al momento si tratta solo di congetture».

sanjay sharma sanjay sharma

 

PESSIMISTA

Molto pessimista è un cardiologo che conosce il cuore di Eriksen. Sanjay Sharma, cardiologo sportivo alla St George’s University di Londra, afferma che gli enti calcistici e i medici saranno probabilmente “molto severi” nel consentire a Eriksen di giocare di nuovo. Sharma, che ha spesso controllato la salute cardiaca di Eriksen quando giocava negli Spurs, si pone innanzitutto gli stessi quesiti di Mos: «Chiaramente qualcosa è andato terribilmente storto. Ma sono riusciti a riportarlo indietro, la domanda è cosa è successo? E perché è successo?».

 

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E racconta la storia clinica di Eriksen: «Questo ragazzo ha avuto test normali fino al 2019, quindi come si spiega questo arresto cardiaco?». Sharma presiede il gruppo di consenso cardiaco di esperti della FA (la Federazione calcistica inglese). Per lui vi possono essere diverse ragioni per cui l’arresto cardiaco si è verificato, come temperature elevate o una condizione non identificata. Ma aggiunge che il bollettino sanitario che parla di un Eriksen sveglio in ospedale è ottimo segno: «Sono molto contento. Il fatto che sia stabile e sveglio indicano che le sue prospettive saranno molto buone».

eriksen napoli inter eriksen napoli inter

 

Quindi potrebbe tornare a giocare? «Io parlo della sua salute in generale. Non so se giocherà mai più a calcio. Senza mezzi termini, di fatto è come morto, anche se per pochi minuti, ma è morto e quale medico gli permetterebbe di morire ancora? La mia risposta è no». Il cardiologo inglese sottolinea: «La buona notizia è che vivrà, la cattiva notizia è che stava arrivando alla fine della sua carriera, quindi se giocherà un’altra partita di calcio a livello professionistico non posso dirlo. Nel Regno Unito non giocherebbe. Saremmo molto severi al riguardo».

 

SPIRAGLIO

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Il cardiologo e medico dello Sport, Bruno Carù, però lascia aperto uno spiraglio: «Carriera finita per Eriksen? Non è detto, bisogna vedere che cosa ha determinato l’arresto cardiaco, se la patologia è curabile, il giocatore potrebbe teoricamente tornare a giocare. Non si deve escludere questa possibilità. C’era qualcosa che non andava bene nel cuore del giocatore prima della partita, lo stress non c’entra niente. Il cuore non funziona così. Test attuali non rivelerebbero anomalie? Ci sono situazioni non facili da riconoscere, c’è per esempio una situazione come la sindrome di Brugada che si manifesta solo con una alterazione dell’elettrocardiogramma». Però con elettrocardiogrammi periodici, come quelli a cui si sottopongono gli atleti, la sindrome di Brugada prima o poi sarebbe stata individuata in un calciatore 29enne.

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