I CINEMA VERSO LA RIAPERTURA PERCHÉ PALESTRE E PISCINE NO? I DATI SHOCK EMERSI DALL'INDAGINE DI “SPORT E SALUTE”. A FEBBRAIO ERA CHIUSO IL 56 % DELLE SOCIETÀ SPORTIVE DILETTANTISTICHE. E TRA QUESTI L'8 % HA CESSATO DEFINITIVAMENTE LA PROPRIA ATTIVITÀ NEL 2020-2021”. GLI EFFETTI SULL’OCCUPAZIONE: SI RISCHIANO TAGLI DEL 20%...

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Valerio Piccioni per gazzetta.it

 

PALESTRE PALESTRE

Dati shock. Sono quelli dei colpi subiti dal comparto sport nell’era della pandemia e delle conseguenti chiusure per Covid. Li ha diffusi la società Sport e Salute, sulla base di questionari somministrati a 34500 associazioni e società sportive dilettantistiche sul territorio.

 

La fotografia è recente e forse per questo fa più paura. A febbraio era infatti chiuso il 56 per cento delle attività di ASD e SSD, mentre la maggioranza del 44 per cento si aggrappava a quelle attività “riservate agli atleti che partecipano a eventi e competizioni di livello agonistico”, un paracadute che ha funzionato anche nelle zone rosse e che ha portato però alle tante proteste degli enti di promozione sportiva, che hanno lamentato una discriminazione a vantaggio delle federazioni. Fra chi era chiuso, l’8 per cento “ha cessato definitivamente la propria attività nel 2020-2021”.

 

 

MENO LAVORO

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Ma c’è una risposta ancora più allarmante. Alla domanda sull’eventualità che la propria società o associazione cessi l’attività entro la fine del 2021, il 34% ritiene l’ipotesi “abbastanza probabile” e il 7,8 “molto probabile”. Dati che producono un effetto anche sul tema dell’occupazione nel settore.

 

Solo il 27,1 per cento prevede di avvalersi dello stesso numero di collaboratori sportivi rispetto all’era pre Covid, mentre il 20,4 immagina un taglio del 20%, il 15,9 del 50 e il 10,7 di oltre il 50 per cento. Nella formulazione del questionario si cerca anche di capire quali sarebbero le voci più utili nel momento della ripartenza. Quasi la metà degli intervistati si augura incentivi per i costi di locazione, il 36,1 punta anche su aiuti per le iscrizioni da parte dell’utenza, il 32,7 pensa ai costi delle utenze, mentre il 17,4 rivolge la sua attenzione alle spese per ottemperare alle misure anti Covid, come per esempio la sanificazione degli ambienti.

 

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MANCANO “SOSTEGNI”—   Un terzo delle società interpellate da Sport e Salute si augura anche di avere degli incentivi per il reinserimento dei collaboratori sportivi. È l’unico fronte sul quale ha agito finora il decreto “sostegni”, cambiando la politica delle indennità e introducendo la linea del bonus “progressivo”.

 

Non più 800 euro per tutti, anche per coloro che ne guadagnavano 200, ma l’una tantum di 1200 (fino a 4000 euro di compensi nel 2019), 2400 (fino a 10mila) o 3600 (oltre 10mila). Niente, invece, per le società sportive, dal credito d’imposta per il secondo livello del professionismo al fondo perduto all’abbattimento dei costi per utenze e affitti. Ed è proprio su questo che andrà in scena nei prossimi giorni la battaglia degli emendamenti.

 

PISCINE PISCINE

Ma il tema centrale resta quello delle aperture. Si tratta di un punto da trattare con estrema delicatezza visti anche i dati sempre spaventosi sul numero di contagi e di vittime. Com’è altrettanto evidente che bisogna evitare una sorta di guerra fra poveri, i settori brutalmente colpiti dal Covid. Tuttavia un po’ di perplessità è inevitabile quando si ipotizza, secondo le ultime indiscrezioni, una riapertura di cinema e teatri nelle zone gialle rinviando invece quella di palestre e piscine. Il contrario di quanto accadde in primavera, quando lo sport (discipline di contatto a parte) riaprì il 25 maggio e le altre strutture il 15 giugno. Che cosa è cambiato nel frattempo?

 

 Su questo punto non ci sono certezze. Piuttosto la possibilità che il ministro della salute e il Cts abbiano preso in considerazione i dati di alcune ricerche statunitensi, che evidenziavano il rischio contagio nelle palestre e nei centri di fitness. In particolare, secondo i dati di “Nature” – pubblicati in novembre, ma riferiti alla prima parte della pandemia, quando le misure di distanziamento e di prevenzione erano ovviamente ridotte – la “pericolosità” delle palestre finiva al terzo posto dietro ristoranti e bar.

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Ricerche che avrebbero fatto parte del confronto fra ministero della Salute e neosottosegretaria allo sport Valentina Vezzali. “Non ci sono notizie di studi specifici effettuati in Italia – spiega Luigi Angelini, della Fit.Comm, l'Associazione Fitness Imprese Commerciali, che riunisce 170 imprese sportive – Siamo fermi al censimento effettuato fra tutti gli operatori dal dipartimento Sport prima della chiusura di fine ottobre. La ricerca stabilì che il tasso di contagio era dello 0,01 per cento, uno ogni 10mila frequentatori. Non ci sono state finora ricerche diverse”.

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FRUSTRAZIONE—   Angelini manifesta anche la “frustrazione per essere considerati luoghi di contagio e non alleati del sistema salute come dice il riconoscimento dell’esercizio fisico come farmaco che è ormai una realtà consolidata”. Oggi il tema del futuro di questo settore sarà oggetto di un approfondimento nel corso di una videoconferenza alla quale parteciperà anche il viceministro all’Economia, Laura Castelli.

 

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"Ci vorranno due anni per tornare ai livelli pre Covid – dice ancora Angelini – Per questo è necessaria una politica di incentivi fiscali che tenga conto dei risparmi che l’attività fisica può assicurare al sistema della salute". Forse la cosa migliore sarebbe fissare una data, anche prudente, prudentissima, per le riaperture, ovviamente condizionata dalla curva dei contagi. Ma che dia un po’ di fiducia.

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