COVID ALL’ULTIMO STADIO - NEGLI STADI IN POLONIA È CONSENTITA LA CAPIENZA AL 50% MA NESSUNO SEMBRA RISPETTARE LE REGOLE DI DISTANZIAMENTO – A DANZICA ZERO MASCHERINE: LE HANNO PRATICAMENTE SOLO GLI STEWARD E IL PERSONALE DI SERVIZIO DELLO STADIO – CONTROLLI ALL’INGRESSO NULLI, RESSA NELL' INTERVALLO, QUANDO UN ESERCITO DI CENTINAIA DI RAGAZZONI FESTANTI SI È RITROVATO DAVANTI A PUB E TOILETTE...

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Dario Freccero PER LA STAMPA

 

POLONIA TIFOSI POLONIA TIFOSI

Zero mascherine: le hanno praticamente solo gli steward e il personale di servizio dello stadio. Distanziamento teorico: viene fatto rispettare al momento di comprare i biglietti online, con i numeri dei posti che non possono essere continuativi (a parte per le famiglie) e hanno l' obbligo di alcuni sedili vuoti tra una fila e l' altra, ma una volta allo stadio pochissimi lo rispettano e non c' è nessuno che lo fa rispettare.

 

Benvenuti all' Energa di Danzica, l' avveniristico stadio della Polonia del nord costruito per gli Europei 2012 e fiore all' occhiello degli impianti moderni. Questa sfera dorata è la grande casa (42mila posti) del Lechia Danzica, che disputa la Serie A polacca e in questo fine settimana ha sfidato e perso contro il Rakow Czstochowa.

 

Più che dal campo però le notizie che possono interessare all' Italia, dove infuria il dibattito tra favorevoli e contrari alla riapertura degli stadi, sono arrivate dagli spalti dove 5.500 tifosi, compresi 200 sostenitori ospiti in maglia rossa, hanno cantato ed esultato come se il Covid non solo non esistesse ma non fosse neppure una minaccia.

 

DANZICA DANZICA

Zero mascherine, zero distanziamento, bicchieri di birre condivisi tra gruppi non certo di parenti, contatti e abbracci per gol e occasioni. E controlli all' ingresso nulli: due operatori che spruzzavano lo spray disinfettante sulle mani e non battevano ciglio per l' assenza quasi assoluta dei dispositivi di protezione.

 

Il settore più indisciplinato era quello dei tifosi biancoverdi di casa. Neppure quello ospiti, dall' altra parte, ha fatto eccezione e in tribuna la situazione era lievemente migliore solo per l' enorme spazio a disposizione dei pochi presenti (quindi almeno il distanziamento c' era). Per i tifosi l' unico provvedimento al momento di varcare i tornelli è stato farsi disinfettare le mani dopo aver coperto naso e bocca con la propria sciarpa, prontamente rimossa pochi metri dopo.

 

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Una farsa insomma. Ripetuta all' interno dello stadio dove la distanza era nulla con almeno 3 mila persone affiancate e naturalmente abbracciate al momento del gol del momentaneo vantaggio del Lechia. Per non parlare della ressa dell' intervallo, quando un esercito di centinaia di ragazzoni festanti si è ritrovato davanti a pub e toilette, anche qui incuranti di ogni precauzione anti-contagio.

 

Per l' Italia, insomma, la lezione è semplice: se la riapertura parziale di cui si discute da settimane sarà così, e soprattutto se questa sarà la risposta dei frequentatori degli stadi, per la diffusione del Covid sarà quasi un calcio di rigore a porta vuota.

 

La Polonia da due turni ha ripreso il campionato con capienza consentita adesso al 50% dei posti di ogni impianto, ma è il Paese che per primo in Europa già a giugno aveva riaperto parzialmente per finire la vecchia stagione (al 25%, all' epoca), come segnale di graduale ritorno alla normalità.

POLONIA TIFOSI POLONIA TIFOSI

 

Da pochi giorni anche la Francia ci sta provando ma qui con capienza fissata al massimo a 5 mila persone per stadio e - almeno finora - sembra con più rispetto delle regole. Alla Supercoppa europea di Budapest, Bayern Monaco-Siviglia del 24 settembre, la Uefa medita di far entrare pubblico per un terzo della capienza dello stadio (20 mila su quasi 60 della capienza totale). Ma sono provvedimenti assai rischiosi se i dati dei vari paesi non torneranno sotto controllo e soprattutto non verranno fatte rispettare le regole.

 

boniek boniek

Come in Polonia appunto, dove forse l' influenza della vicina Bielorussia, il campionato stoico - o folle, a seconda dei punti di vista - che non si è mai fermato neppure nel momento massimo del lockdown primaverile.

 

Qui da quindici giorni si sta giocando come nulla fosse. Gli allarmi della vicina Berlino, dove il calcio potrebbe restare off limits fino a fine anno (dalle parole dure della Cancelliera Merkel), non sembrano arrivare. Il presidente della Federazione polacca è un volto noto per l' Italia pallonara, Zibi Boniek, che a maggio diceva: «La gente ha voglia di calcio e bisogna ripartire. In Polonia la situazione sanitaria è meno drammatica rispetto all' Italia, ma non quella economica. Qua non si tratta di fare i furbi, ci vuole poco a decidere di non giocare, troviamo delle soluzioni».

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