I DOLORI DEL GIOVANE SINNER – JANNIK NON SI DA’ PACE DOPO LA SCONFITTA CON NADAL. E’ USCITO DAL CENTRALE DEL FORO ITALICO INFURIATO, HA PASSATO UNA NOTTE A RIPENSARE ALL’OCCASIONE PERSA: “NON SONO SCESO IN CAMPO PER FARE UNA BELLA PARTITA MA PER VINCERE” – SCANAGATTA (UBITENNIS): SE PERDI 5 VOLTE IL SERVIZIO CONTRO NADAL NON PUOI SPERARE DI VINCERE. I PUNTI IMPORTANTI LI HA CONQUISTATI TUTTI RAFA…” - VIDEO

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Ubaldo Scanagatta per ubitennis.com

 

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Pensavo che il miracolo di una vittoria di Jannik non ci sarebbe stato e non c’è stato. Lui pensa di esserci andato abbastanza vicino. Io sono di diverso avviso.

 

Vidi uscire Jannik furibondo dal suo match d’esordio allo US Open con Stan Wawrinka due anni fa, sebbene gli avesse strappato un set e tutti si stupirono per quella performance del ragazzino dai capelli rossi. Uno si sarebbe aspettato, allora, di sentirlo orgoglioso di aver così ben figurato di fronte a un giocatore che quel torneo lo aveva perfino vinto… e invece no. Jannik aveva nella testa i set che aveva perso e aveva tutta l’aria di rimproverarsi di esserseli lasciati sfuggire.

 

I cavalli di razza sono così. Non accettano, prima ancora con se stessi, di perdere. E non è una questione di presunzione. Forse è presuntuoso chi gli gira attorno, ma lui no. Lui dice sempre – e sono sicuro che davvero lo pensa – che la strada è lunga, che il cammino da fare per migliorarsi è ancora tanto. Era seccato anche quando perse al Roland Garros, dopo aver servito invano per il primo set e aver dilapidato un break di vantaggio nel secondo, ma era proprio incavolato nero ieri sera.

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Non aveva digerito di essere stato due volte avanti di un break nel primo set, di essere stato avanti 4-2 nel secondo e di non aver raggiunto neppure il tiebreak in ciascuno dei due set. E, a caldo (“Sono uscito dal campo 20 minuti fa, riguarderò la partita due o tre volte con Riccardo e il team per capire meglio che cosa ho sbagliato, che cosa avrei potuto e dovuto far meglio…”) non riusciva proprio a darsi pace perché “non sono sceso in campo per fare una bella partita, ma per vincere. Come faccio sempre. È stata una partita di alto livello, credo, così come non credo di essere stato lontanissimo dal potercela fare”.

 

Ecco, su quest’ultimo punto io invece non sono troppo d’accordo. In telecronaca SKY Paolo Bertolucci e Elena Pero sostenevano che quello di ieri sera sia stato il miglior Nadal dell’anno sulla terra rossa, o quantomeno sui livelli della partita vinta con Tsitsipas a Barcellona. Forse sì, ma comunque fra il miglior Nadal e questo ce ne corre. E se ce ne corre! Rafa subisce molto di più di una volta le accelerazioni avversarie, il gioco di chi è capace di prendergli il pallino.

 

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Poi però, man mano che lo scambio si prolunga, lui cresce. Gli scambi più lunghi li ha vinti quasi tutti lui, perché l’avversario – Sinner in questo caso – si spazientisce a vedersi ritornare sempre indietro la palla e finisce fuori giri. Oppure va a rete con poca convinzione e gioca volee approssimative, un po’ da pesce fuor d’acqua. E comunque è stato Nadal in misura maggiore, da un certo punto in poi, a muovere di più la partita, a giocare smorzare, a cambiar ritmi e tagli.

 

Se perdi cinque volte il servizio contro Nadal non puoi sperare di vincere. Nella maggior parte dei casi non arrivi neppure al tie-break. E infatti Jannik non c’è arrivato. Hai un bel dire che in tanti scambi sei stato tu a dettar magari il gioco, però se alla fine i punti più importanti, le palle break, li vince l’avversario… beh, in realtà dal vincere sei stato un bel po’ lontano. Ci sono punti e punti, ci sono game e game, e se quelli finali li vince sempre lo stesso giocatore, vuol dire che per quanto tu abbia giocato bene i primi game, il verdetto dà ragione al tuo avversario.

 

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Ok, ci sono tanti modi di interpretare una partita. Se lo fai dicendo: eh ma Sinner è giovanissimo, ha 19 anni, non può aver l’esperienza del miglior tennista di tutti i tempi sulla terra rossa, è un conto. Fin lì siamo tutti d’accordo. Come sul fatto che Sinner certamente migliorerà alcuni suoi punti deboli. A cominciare dal servizio. Negli anni hanno migliorato il servizio giocatori come Djokovic, Nadal, Lendl, Borg, che io ho visto ragazzini quando ancora il servizio non era davvero un loro punto di forza. Dopo qualche anno fargli un break, a tutti quelli, è diventata una mezza impresa.

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Però se in un set non arrivi a cinque e nell’altro non arrivi a sei, e per vincere una partita avresti dovuto vincere non un solo set ma due, beh vicinissimo al tuo avversario non ci sei arrivato, anche se in certi momenti poteva sembrare di sì. Il gioco del tennis si vince su pochi punti. Quelli importanti. Se li vince quasi tutti il tuo avversario, significa che il divario c’è ancora. Almeno ieri sera lo si è visto. Prima o poi, spero, non lo si vedrà più a occhio nudo.

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