“IL CAMPIONATO? SONO PESSIMISTA. NON PENSO SI POSSA RIPRENDERE A GIOCARE” - L'EX COMMISSARIO FIGC ALESSANDRO COSTACURTA PUNTA IL DITO CONTRO FIFA E UEFA: “DOVEVANO AGIRE PRIMA, SONO STATE TROPPO MACCHINOSE” – PER IL CALCIO ITALIANO POI INVOCA “UN UOMO FORTE” SUL MODELLO DEL COMMISSIONER DELLA NBA – LA PROPOSTA: “ASSEGNARE LO SCUDETTO "CONGELATO" NON HA SENSO, MEGLIO I PLAYOFF SECCHI…”

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Claudio Savelli per “Libero quotidiano”

 

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«Bresciano, vero? Si intuisce dall' accento. Mi fa riflettere: è difficile parlare di calcio mentre il silenzio delle nostre città è interrotto dalle sirene delle ambulanze».

Ma ci proviamo. Alessandro Costacurta può aiutarci a intuire il futuro del calcio italiano perché, a cavallo dell' esperienza a Sky Sport, ha vissuto la Federazione da vice-commissario. Era il 2018, l' anno post-Svezia. Anche quello era un momento di difficoltà, seppur in tono infinitamente minore.

 

Billy, cominciamo con la domanda da un milione: si ricomincerà a giocare?

«Sono pessimista. Non riesco a immaginare che si possa riprendere, nemmeno a porte chiuse: ci sarebbero comunque 22 persone in campo più gli staff in movimento.

Spero di sbagliarmi, che la situazione migliori e si possa trovare una soluzione».

 

Nel caso, quale?

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«Il problema è il 30 giugno. Riguardando le carte federali devo dire che è molto difficile ottenere una deroga. Non è impossibile, ma ci vuole una convergenza di intenti e decisioni che non ho mai visto nel calcio. Devono essere d' accordo tutti, sia a livello nazionale che internazionale, e muoversi sincronizzati: governi, leghe e federazioni di ogni paese assieme alla Fifa».

 

La Uefa si è chiamata fuori: il vicepresidente Michele Uva ha dichiarato che «prima viene la salute» e la chiusura entro il 30 giugno è un problema dei club.

Infatti Ceferin ha aperto alla possibilità di finire a settembre.

«In effetti è così. Per questo la regia è in mano alla Fifa. Comunque anche la Uefa credo stia rivedendo le priorità: prima era giocare tutte le partite, ora è assegnare i trofei».

 

Anche il presidente federale Gravina a Libero ha sottolineato la necessità di concludere entro i limiti. Ma in che modo?

«Facciamo gli ottimisti: si può pensare di ripartire a giugno. Comunque tardi. Ecco perché suggerisco di rivalutare l' idea dei playoff: sono il modo migliore, se non l' unico, per portare a termine il torneo salvaguardando la competizione. Meglio che congelare la classifica e assegnare lo scudetto a calendario interrotto. Non avrebbe senso. Invece con i playoff, in pochi giorni, si legittimerebbe un vincitore».

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Cosa ne pensa della proposta del presidente del Nizza, Rivère, di allineare la stagione nell' anno solare in vista dei Mondiali "invernali" del 2022?

«Nel caso in cui si riuscisse a superare il 30 giugno, è un' ottima idea. La più logica, tra quelle che cercano di guardare in là. Mi permetto però uno spoiler: troverà molte resistenze e non andrà a buon fine».

 

Nel caso di sospensione, il danno economico stimato in A è di circa 700 milioni. Sarebbe un colpo di grazia?

«Quando ero commissario insistevo sul tema della autosostenibilità del calcio. Più che la A, è necessario salvaguardare le serie minori. Bisogna riprendere quella rotta: il calcio deve essere autosufficiente. Ora ne abbiamo la prova. E fa bene la Federazione a non chiedere al Governo contributi, ma solo sostegno: i soldi ora servono in altri settori».

 

Non si metteranno di nuovo a litigare in Lega?

«Mi auguro di no, soprattutto in questo momento. Ma temo che accadrà quando la situazione migliorerà».

 

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A proposito: la gestione del calcio italiano si è rivelata di nuovo un po' ruvida. È un problema di persone o di governance?

«Il problema è il processo decisionale. A volte si fa fatica ad arrivare ad una conclusione. Il punto è evitare che chi comanda venga frenato».

Come?

«Replicando il modello Nba. Cioè istituendo un uomo forte, competente e carismatico in grado di decidere nell' emergenza. Il commissioner, Adam Silver, in pochi minuti ha sospeso il torneo e nessuno ha fiatato. Noi ci abbiamo messo settimane. Il primo problema è culturale: nel calcio non siamo abituati a dare pieni poteri. Il secondo è organizzativo: questa persona va trovata e messa nelle condizioni di lavorare».

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La Uefa e la Fifa sono rimaste sullo sfondo a lungo. Si aspettava di più?

«Serviva un intervento più tempestivo e netto. Nell' emergenza bisogna mostrare vigore. Certe partite internazionali non andavano disputate, alcuni campionati si erano già fermati. Conosco Ceferin e Infantino, sono due decisionisti, per altro molto attenti. Per questo mi ha stupito l' approccio di Uefa e Fifa, ma fino ad un certo punto: sono due macchine governative lente e rigide. Se non sono intervenuti è perché non ne avevano la possibilità. Bisogna snellire i processi decisionali: a volte bisogna ragionare, altre intervenire subito».

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