“HO FATTO UNA CAZZATA CON I CAMBI” – IL MEA CULPA DI SARRI E LE DIFFICOLTA’ DELLA JUVE SENZA UN VERO CENTRAVANTI – SCONCERTI: “RONALDO NON LO È MAI STATO DAVVERO. È ATTACCANTE PURISSIMO, MA NON CENTRAVANTI. È STATA UNA MEZZA PARTITA. IL MILAN VIENE ELIMINATO SENZA AVER PERSO IN DUE PARTITE MA IERI SERA NON HA MAI TIRATO IN PORTA. LEAO È UN BIRILLO, HA UN EQUILIBRIO PRECARIO, O SCOMPARE O FA IL FENOMENO, IL PIÙ DELLE VOLTE SCOMPARE – LE VOCI NEL SILENZIO, ORSATO ALLA WOODY ALLEN: “PROTESTATE, MA A DISTANZA”

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Mario Sconcerti per il Corriere della Sera

 

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È stata una mezza partita, la metà che ha giocato la Juve. Il Milan è andato crescendo con il tempo, ma non ha mai tirato in porta. Non so dire quanto in generale abbia inciso il lockdown. La Juve è partita molto forte, ha sbagliato un rigore e costruito almeno un altro paio di occasioni chiare, ma è scomparsa nel secondo tempo. Le è mancato il respiro, poi ha scelto anche di controllare una partita che non aveva l' esigenza di vincere.

 

Ci sono stati alcuni errori tecnici, passaggi facili sbagliati, idee sopravvalutate in partenza, ma non molto più di sempre. Se devo dirvi la verità, mi sono sembrate soprattutto due squadre incomplete, più tramandate che reali. Il Milan si conosceva, era senza attaccanti, ne ha uno vero in tutta la rosa.

 

Leao è un birillo, ha un equilibrio precario, o scompare o fa il fenomeno, il più delle volte scompare. Dopo un quarto d' ora il Milan ha perso anche Rebic per un' entrata spettacolare e ingenua. Ha resistito male per un tempo, poi ha giocato quasi alla pari.

 

sarri pioli sarri pioli

Incompleta anche la Juve perché non ha un attaccante con cui cambiare la partita di Ronaldo e Dybala. Sarri ha convinto Ronaldo a giocare centravanti, ma Ronaldo non lo è mai stato davvero. È attaccante purissimo, ma non centravanti. Per andare al tiro non anticipa il gioco, ha bisogno di saltare l' uomo, esattamente come Dybala. Questo chiude i due terzi delle soluzioni spontanee costruite dalle fasce. Passando i minuti sono andati spegnendosi sia Ronaldo che Dybala. È strano vedere la Juve in difficoltà di organico.

 

Ma nel gioco di Sarri che sta comunque a tratti arrivando, serve un realizzatore spontaneo. Così, tra limiti reciproci di fiato e di uomini, la partita se n' è andata senza fare troppo male a nessuno. Il Milan viene eliminato senza aver perso in due partite con la Juve. Sarri arriva per la prima volta in finale.

 

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Finora in Italia ha vinto solo una Coppa Italia con il Sansovino. Ognuno ha resistito sulle medie antiche. Ma era un inizio, né il meglio né il peggio di quello che vedremo. Comunque un piacere.

 

 

TANTE LE VOCI, QUELLA DELL'ARBITRO

Massimiliano Nerozzi per il Corriere della Sera

 

Riparte vuoto di persone, ma pieno di emozione l' Allianz Stadium e, va da sé, il calcio italiano: luci e musica abbassate, Juve, Milan e arbitri si ritrovano in cerchio a metà campo, attorno ai veri idoli di questi mesi, un medico, un' infermiera, un' operatrice sanitaria. Basta la scritta sul maxischermo: «Ripartiamo grazie a voi». Occhi piantati verso il basso e pensieri ovunque. Applausi.

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Poco prima, aveva riassunto Paolo Maldini, uno che il coronavirus l' ha avuto addosso: «Il primo pensiero va alle persone che sono mancate: è un inizio del calcio, ma anche un inizio di normalità di un Paese che ha sofferto tanto». Il dirigente rossonero se ne sta a bordo campo, con mascherina d' ordinanza (griffata); come pure, dall' altra parte, fanno Andrea Agnelli e Fabio Paratici.

 

Quella che non cambia è la colonna sonora, tra fari da discoteca, volume da Riviera romagnola e la voce del dj Nanà che recita le formazioni. Anche se su quella della Juve manca il ritornello della curva.

 

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Ma è una notte da poche parole e molti simboli, a partire dalle t-shirt del riscaldamento, che non dimenticano la morte di George Floyd: «Black lives matter» c' è scritto sulla maglietta del Milan, in total black ovviamente, mentre sul retro di quella juventina c' è stampato «No racism». Tutto il resto, fila secondo protocollo: quando non ci si deve marcare, vige il distanziamento sociale. Entrata scaglionata sul prato: prima la terna arbitrale, poi il Milan e infine la Juve.

 

Curioso, se non ridicolo: come se tra 11 tutti insieme o 22 cambiasse qualcosa, per non parlare degli autoscontri nel mezzo della battaglia. Scambio di gagliardetti, ma senza abbracci e strette di mano. E dopo il sorteggio per campo o palla, Daniele Orsato, vicentino, dà l' ultima indicazione ai capitani, Bonucci e Romagnoli: «Ragazzi, giochiamo e onoriamo la nostra gente».

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Quando si attacca, con il pallone, il sonoro è un misto tra la partitella d' allenamento e la radiocronaca modello giardinetti.

 

Soprattutto al fischio del rigore, tra gufate - «Figurati se Ronaldo lo sbaglia», sibila un milanista - e consigli, di Orsato: «Gigio, un piede sulla linea, sennò faccio ripetere».

 

Palo, e si sente. Come la sciagurata scarpata di Rebic a Danilo. Spericolato commento di Kessie: «Dai, non è da espulsione». Pioli urla qualcosa, mentre Sarri si alza per la prima volta dalla panchina. L' arbitro se ne esce alla grande, con massima da Woody Allen: «Protestate, ma a distanza».

 

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Nel frattempo, l' assenza del pubblico sembra confortare il più debole e smontare il più forte. Tant' è che Buffon sbraita: «Stiamo sul pezzo». Prima del gong, CR7 aveva twittato una foto, con lui e la curva, esultanti: «Ovunque voi siate, saremo sempre insieme». Mancano i tifosi, anche fuori: ieri, dalle 19, la Questura aveva isolato tutta l' area attorno allo Stadium.

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