pellegrino d'alema di pietro colombo borrelli

“TUTTI I PARTITI,  ANCHE IL MOVIMENTO SOCIALE, GODEVANO DI FINANZIAMENTI IRREGOLARI. LO SPIEGAI A D’ALEMA MA NEL PDS MI ISOLARONO” - GIOVANNI PELLEGRINO, (EX) PARLAMENTARE DEL PCI-PDS, CHE SI TROVÒ A PRESIEDERE LA GIUNTA PER LE IMMUNITÀ DEL SENATO QUANDO NEL 1992 SCOPPIÒ TANGENTOPOLI: “AVEVO IL TIMORE CHE ANCHE IL PCI SAREBBE STATO COINVOLTO NELL’INCHIESTA. DECISI DI PARLARNE A D’ALEMA CHE MI ZITTÌ: “LUCIANO (VIOLANTE) MI HA DETTO CHE POSSIAMO STARE TRANQUILLI, PERCHÉ MANI PULITE NON SE LA PRENDERÀ CON NOI. POI CAPII MA…”

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera” - Estratti

giovanni pellegrino 44

 

«Il principio che ispirò Mani Pulite e che si basava sul primato del potere giudiziario, era in contrasto con il disegno costituzionale».

 

Nei giorni in cui la Prima Repubblica cadde, Giovanni Pellegrino vide cose che nel Palazzo non si erano mai viste. E ora dice cose che non si erano mai sentite. Almeno da parte di un (ex) parlamentare del Pci-Pds, che si trovò a presiedere la Giunta per le immunità del Senato quando nel 1992 scoppiò Tangentopoli.

 

Da lì passarono molte richieste di autorizzazione a procedere del pool di Milano contro i potenti della politica. È lì che sfilarono molti imputati eccellenti.

 

Nativo di Lecce, avvocato per professione e vocazione, Pellegrino fu uno dei pochi garantisti a sinistra. 

 

(...)

 

Da Milano arrivavano richieste di autorizzazione a procedere a ripetizione.

napolitano giovanni pellegrino

«E ogni volta che lo convocavo, Citaristi si presentava con un fogliettino. “Le imputano di aver ricevuto tanti milioni di lire dall’industriale tal dei tali”, gli dicevo. E lui rispondeva: “Sì, è vero”. Oppure: “No, ne ho presi di più”. O ancora: “No, da questo signore non ho ricevuto nulla”. E si capiva che qualche imprenditore aveva detto agli altri soci di aver pagato a Citaristi la tangente, che invece aveva tenuto per sé. La verità è che tutti i partiti godevano di finanziamenti irregolari».

 

Proprio tutti?

«Anche il Movimento sociale italiano. Ne parlò in commissione Stragi il senatore Alfredo Mantica, un sanbabilino colto che raccontò quando — durante un congresso missino — si avvicinò al leader della sua corrente: “Siamo una forza rivoluzionaria”, gli disse. E l’altro, indicando la platea: “Li vedi questi? Metà sono sul libro paga del ministero dell’Interno, metà su quello delle Forze armate”. Per aver riferito il pensiero di Mantica, Gianfranco Fini voleva querelarmi. Poi evitò perché la frase di Mantica era stata verbalizzata».

d alema

 

E il Pci-Pds?

«Apparentemente il mio partito non prendeva soldi. Però nella cordata vincitrice di ogni appalto c’era sempre una cooperativa rossa con una percentuale dei lavori. Dal 10 al 15%. Rivedo ancora i nostri bellissimi congressi dove campeggiavano i cartelloni pubblicitari delle cooperative.

 

Era chiaro il meccanismo di contabilizzazione dei finanziamenti irregolari. Ed era altrettanto chiaro che anche noi facevamo parte del sistema: una sorta di Costituzione materiale del Paese. Vista la situazione, due senatori, Giangiacomo Migone e se non ricordo male Filippo Cavazzuti, mi chiesero di accompagnarli ad un incontro con Achille Occhetto a Botteghe Oscure».

 

giovanni pellegrino

Cosa accadde?

«Accadde che Migone disse al segretario: “È necessario che il partito riconosca di aver ricevuto soldi irregolarmente”. Il baffo di Occhetto si elettrizzò: “Io non so nulla. Non ho mai saputo nulla”. E in parte era vero. Il modello di finanziamento del Pci era stato ideato da Palmiro Togliatti, che aveva affidato al suo consigliere politico Eugenio Reale l’organizzazione di una rete di imprese. Il “Migliore” voleva che la dirigenza restasse fuori dalla gestione dei fondi.

 

Ma le imprese erano il vero polmone economico del partito, specie quelle che avevano rapporti commerciali con l’Unione Sovietica. Insomma, le forze di governo erano finanziate dalla Cia e da Confindustria, mentre il Pci era finanziato dal Kgb e dalle società che sostanzialmente gli appartenevano. E quando i finanziamenti russi cessarono, il Pci iniziò ad essere alimentato dalle cooperative che partecipavano agli appalti pubblici».

 

Però il partito formalmente ne rimaneva fuori.

«Eeeh... Insomma. Per gli ultimi segretari amministrativi non fu proprio così. La torsione giustizialista impressa dalla Procura di Milano aveva iniziato a preoccuparmi, perché contestava come reati di corruzione aggravata tutti i finanziamenti irregolari ai partiti che andava accertando. Avevo il timore che così anche il Pci sarebbe stato coinvolto nell’inchiesta. Perciò decisi di parlarne a Massimo D’Alema».

d alema 22

 

Quando?

«Era la primavera del 1993. Mi concesse un incontro ma dopo pochi minuti mi zittì: “Come al solito voi avvocati siete contro i pubblici ministeri. Volete capirlo che questi di Milano stanno facendo una rivoluzione?

 

E le rivoluzioni si sono sempre fatte con le ghigliottine e i plotoni d’esecuzione. Perciò cosa vuoi che sia qualche avviso di garanzia o qualche mandato di cattura di troppo? Eppoi Luciano mi ha detto che possiamo stare tranquilli, perché Mani Pulite non se la prenderà con noi”».

Luciano ovviamente era...

«Violante, chi altri?».

 

E come faceva a sapere che il pool non avrebbe toccato il Pds?

«Violante era la voce della magistratura nel partito. Quel giorno me ne andai umiliato ma...».

di pietro colombo borrelli

Ma?

«Ma dopo la primavera arrivò l’estate. A Milano Saverio Borrelli si era preso qualche giorno di riposo, in cui si era fatto fotografare a cavallo. Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo erano volati in Brasile a spiegare ai magistrati brasiliani come si potevano mettere in galera i politici. Gherardo Colombo era in tour per l’Europa a fare conferenze. E alla Procura era rimasto solo Gerardo D’Ambrosio. Che però aveva il cuore trapiantato e per il caldo dovette andare in ospedale».

 

Non c’era più nessuno, quindi.

«No. C’era Titti Parenti, che i colleghi del pool avevano sempre tenuto ai margini dell’inchiesta. Non le parve vero di potersi prendere la scena. Ed ebbe l’idea di mandare al Senato una richiesta di autorizzazione a procedere contro Marcello Stefanini, ultimo tesoriere del Pci e primo del Pds: gli contestava frode tributaria, finanziamento illecito e ovviamente corruzione aggravata. Dalle carte notai che la richiesta era debolissima ed ero già deciso a rigettarla. Ma nel Pds intanto era scoppiato il putiferio».

giovanni pellegrino

 

Fecero pressioni su di lei?

«In quei giorni a Lecce si teneva la festa dell’Unità e il segretario provinciale del partito mi chiamò: “Stasera devi venire a cena con me, perché D’Alema vuole parlarti”. Quando ci sedemmo a tavola, D’Alema mi disse: “Mesi fa mi avevi fatto quel discorso complicato, fammi la cortesia di ripetermelo”.

 

E per la prima e unica volta mi fece parlare interrottamente per venti minuti. Gli spiegai che Mani Pulite non tendeva a colpire la corruzione amministrativa ma il finanziamento irregolare della politica per svuotare di forza i partiti. Tutti i partiti. Per renderli deboli finanziariamente e politicamente. E per realizzare così il primato del potere giudiziario».

 

Gli aveva descritto un sistema che i nemici delle toghe definirebbero un colpo di Stato.

«Ma era stato Borrelli di fatto a teorizzarlo in un’intervista. Aveva detto che se l’Ottocento era stato il secolo dei Parlamenti e il Novecento quello degli esecutivi, non escludeva che il secolo seguente sarebbe potuto essere il secolo della giurisdizione».

luciano violante

 

E D’Alema?

«Capì che delle assicurazioni di Violante non poteva fidarsi. Mi disse: “Certi concetti non posso esprimerli io, altrimenti Occhetto mi brucia. Parlane tu ogni tanto. Ti coprirò le spalle”.

 

Quando iniziai a fare dichiarazioni di quel tenore i senatori del Pds, quasi tutti giustizialisti, chiesero la mia espulsione. Per due volte fu il capogruppo Cesare Salvi a salvarmi, d’intesa con D’Alema. Finché contro di me si scagliarono i magistrati.

 

Una sera il Tg3 mandò in onda un servizio con gli interventi di Borrelli, Gian Carlo Caselli e Agostino Cordova. Che disse in tv: “Gliela farò vedere io al senatore Pellegrino”. E pochi giorni dopo toccò al povero Antonio Bassolino beccarsi un avviso di garanzia per peculato: l’accusa era “uso indebito del telefonino di servizio”, che lui aveva utilizzato anche per chiamare la moglie».

 

ANTONIO DI PIETRO SAVERIO BORRELLI GERARDO DAMBROSIO

Ebbe modo di riparlare con D’Alema?

«D’Alema faticava a seguire la linea giustizialista imposta da Violante, perché convinto del primato della politica e perché non aveva stima delle varie corporazioni giudiziarie.

Quando divenne segretario del Pds, accompagnai a Botteghe Oscure due magistrati del Tar che iniziarono a parlargli malissimo dei loro colleghi del Consiglio di Stato. E lui commentò: “Delinquenti loro, delinquenti voi”...».

 

Ma il disegno che lei paventava non si realizzò.

«Perché la magistratura è un potere diffuso: ognuno fa come gli pare. Infatti la Procura di Brescia colpì Di Pietro, che aveva ambizioni politiche».

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI E ANTONIO DI PIETRO

 

(...) Se penso a quegli anni mi viene da piangere. Mani Pulite non realizzò il suo disegno ma distrusse il sistema dei partiti. Avevo stima dei magistrati di Milano, Borrelli li guidava benissimo. Ma il loro principio, che si basava sul primato del potere giudiziario, era in contrasto con il disegno costituzionale».

BORRELLI E DI PIETRO mani resize

Ultimi Dagoreport

donald trump giorgia meloni economia recessione

DAGOREPORT – ASPETTANDO L'OPPOSIZIONE DE' NOANTRI (CIAO CORE!), VUOI VEDERE CHE LA PRIMA BOTTA DURISSIMA AL GOVERNO MELONI ARRIVERA' DOMANI, QUANDO L'ECONOMIA ITALIANA SARÀ FATTA A PEZZI DAI DAZI DI TRUMP? - QUALCUNO HA NOTIZIE DEL FAMOSO VIAGGIO DELLA DUCETTA A WASHINGTON PER FAR CAMBIARE IDEA AL TRUMPONE? SAPETE DOVE E' FINITA LA “MERAVIGLIOSA GIORGIA” (COPY TRUMP), "PONTE" TRA USA E UE? SI E' DOVUTA ACCONTENTARE DI ANDARE DA CALENDA! E GLI ELETTORI INIZIANO AD ACCORGERSI DEL BLUFF DA “CAMALEONTE” DELLA PREMIER: FRATELLI D’ITALIA È SCESO AL 26,6%, E IL GRADIMENTO PER LA STATISTA FROM GARBATELLA È CROLLATO AI MINIMI DAL 2022 – IL PNRR A RISCHIO E LA PREOCCUPAZIONE DEL MONDO ECONOMICO-FINANZIARIO ITALIANO...

ing banca popolare di sondrio carlo cimbri steven van rijswijk andrea orcel - carlo messina

DAGOREPORT: OPA SU OPA, ARRIVEREMO A ROMA! - AVVISO AI NAVIGATI! LE ACQUISIZIONI CHE STANNO INVESTENDO IL MERCATO FINANZIARIO HANNO UN NUOVO PLAYER IN CAMPO: IL COLOSSO OLANDESE ING GROUP È A CACCIA DI BANCHE PER CRESCERE IN GERMANIA, ITALIA E SPAGNA - ED ECCO CHE SULLE SCRIVANIE DEI GRANDI STUDI LEGALI COMINCIANO A FARSI LARGO I DOSSIER SULLE EVENTUALI ‘’PREDE’’. E NEL MIRINO OLANDESE SAREBBE FINITA LA POP DI SONDRIO. SÌ, LA BANCA CHE È OGGETTO DEL DESIDERIO DI BPER DI UNIPOL, CHE HA LANCIATO UN MESE FA UN’OPS DA 4 MILIARDI SULL’ISTITUTO VALTELLINESE - GLI OLANDESI, STORICAMENTE NOTI PER LA LORO AGGRESSIVITÀ COMMERCIALE, APPROFITTERANNO DEI POTERI ECONOMICI DE’ NOANTRI, L’UNO CONTRO L’ALTRO ARMATI? DIFATTI, IL 24 APRILE, CON IL RINNOVO DEI VERTICI DI GENERALI, LA BATTAGLIA SI TRASFORMERÀ IN GUERRA TOTALE CON L’OPA SU MEDIOBANCA DI MPS-MILLERI-CALTAGIRONE, COL SUPPORTO ATTIVO DEL GOVERNO - ALTRA INCOGNITA: COME REAGIRÀ, UNA VOLTA CONFERMATO CARLO MESSINA AL VERTICE DI BANCA INTESA, VEDENDO IL SUO ISTITUTO SORPASSATO NELLA CAPITALIZZAZIONE DAI PIANI DI CONQUISTA DI UNICREDIT GUIDATA DAL DIABOLICO ANDREA ORCEL? LA ‘’BANCA DI SISTEMA’’ IDEATA DA BAZOLI CORRERÀ IL RISCHIO DI METTERSI CONTRO I PIANI DI CALTA-MILLERI CHE STANNO TANTO A CUORE A PALAZZO CHIGI? AH, SAPERLO…

andrea orcel giuseppe castagna anima

DAGOREPORT LA CASTAGNA BOLLENTE! LA BOCCIATURA DELL’EBA E DI BCE DELLO “SCONTO DANESE” PER L’ACQUISIZIONE DI ANIMA NON HA SCALFITO LE INTENZIONI DEL NUMERO UNO DI BANCO BPM, GIUSEPPE CASTAGNA, CHE HA DECISO DI "TIRARE DRITTO", MA COME? PAGANDO UN MILIARDO IN PIÙ PER L'OPERAZIONE E DANDO RAGIONE A ORCEL, CHE SI FREGA LE MANI. COSÌ UNICREDIT FA UN PASSO AVANTI CON LA SUA OPS SU BPM, CHE POTREBBE OTTENERE UN BELLO SCONTO – IL BOTTA E RISPOSTA TRA CASTAGNA E ORCEL: “ANIMA TASSELLO FONDAMENTALE DEL PIANO DEL GRUPPO, ANCHE SENZA SCONTO”; “LA BCE DICE CHE IL NOSTRO PREZZO È GIUSTO...”

bpm giuseppe castagna - andrea orcel - francesco milleri - paolo savona - gaetano caltagirone

DAGOREPORT – IL GOVERNO RECAPITA UN BEL MESSAGGIO A UNICREDIT: LA VALUTAZIONE DELL’INSOSTENIBILE GOLDEN POWER SULL’OPA SU BPM ARRIVERÀ IL 30 APRILE. COME DIRE: CARO ORCEL, VEDIAMO COME TI COMPORTERAI IL 24 APRILE ALL’ASSEMBLEA PER IL RINNOVO DI GENERALI - E DOPO IL NO DELLA BCE UN’ALTRA SBERLA È ARRIVATA AL DUO FILO-GOVERNATIVO CASTAGNA-CALTAGIRONE: ANCHE L’EBA HA RESPINTO LO “SCONTO DANESE” RICHIESTO DA BPM PER L’OPA SU ANIMA SGR, DESTINATO AD APPESANTIRE DI UN MILIARDO LA CASSA DI CASTAGNA CON LA CONSEGUENZA CHE L’OPA DI UNICREDIT SU BPM VERRÀ CESTINATA O RIBASSATA - ACQUE AGITATE, TANTO PER CAMBIARE, ANCHE TRA GLI 7 EREDI DEL COMPIANTO DEL VECCHIO…

gesmundo meloni lollobrigida prandini

DAGOREPORT - GIORGIA È ARRIVATA ALLA FRUTTA? È SCESO IL GELO TRA LA FIAMMA E COLDIRETTI (GRAN SOSTENITORE COL SUO BACINO DI VOTI DELLA PRESA DI PALAZZO CHIGI) - LA PIU' GRANDE ORGANIZZAZIONE DEGLI IMPRENDITORI AGRICOLI (1,6 MILIONI DI ASSOCIATI), GUIDATA DAL TANDEM PRANDINI-GESMUNDO, SE È TERRORIZZATA PER GLI EFFETTI DEVASTANTI DEI DAZI USA SULLE AZIENDE TRICOLORI, E' PIU' CHE IRRITATA PER L'AMBIVALENZA DI MELONI PER LE MATTANE TRUMPIANE - PRANDINI SU "LA STAMPA" SPARA UN PIZZINO ALLA DUCETTA: “IPOTIZZARE TRATTATIVE BILATERALI È UN GRAVE ERRORE” - A SOSTENERLO, ARRIVA IL MINISTRO AGRICOLO FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, UN REIETTO DOPO LA FINE CON ARIANNA: “I DAZI METTONO A RISCHIO L'ALLEANZA CON GLI USA. PUÒ TRATTARE SOLO L'EUROPA” – A BASTONARE COLDIRETTI, PER UN “CONFLITTO D’INTERESSI”, CI HA PENSATO “IL FOGLIO”. UNA STILETTATA CHE ARRIVA ALL'INDOMANI DI RUMORS DI RISERVATI INCONTRI MILANESI DI COLDIRETTI CON RAPPRESENTANTI APICALI DI FORZA ITALIA... - VIDEO

autostrade matteo salvini giorgia meloni giancarlo giorgetti roberto tomasi antonino turicchi

TOMASI SÌ, TOMASI NO – L’AD DI ASPI (AUTOSTRADE PER L’ITALIA) ATTENDE COME UN’ANIMA IN PENA IL PROSSIMO 17 APRILE, QUANDO DECADRÀ TUTTO IL CDA. SE SALVINI LO VUOL FAR FUORI, PERCHÉ REO DI NON AVER PORTARE AVANTI NUOVE OPERE, I SOCI DI ASPI (BLACKSTONE, MACQUARIE E CDP) SONO DIVISI - DA PARTE SUA, GIORGIA MELONI, DAVANTI ALLA FAME DI POTERE DEL SUO VICE PREMIER, PUNTA I PIEDINI, DISPETTOSA: NON INTENDE ACCETTARE L’EVENTUALE NOME PROPOSTO DAL LEADER LEGHISTA. DAJE E RIDAJE, DAL CAPPELLO A CILINDRO DI GIORGETTI SAREBBE SPUNTATO FUORI UN NOME, A LUI CARO, QUELLO DI ANTONINO TURICCHI….