MA VALENTINO ROSSI SI DEVE RITIRARE? IL 'DOTTORE' CADE AD ASSEN, TERZO RITIRO DI FILA IN MOTO GP – IL SOGNO DEL DECIMO TITOLO LO SPINGE A SALIRE ANCORA IN SELLA: ECCO I MOTIVI PER CUI PUÒ TORNARE GRANDE - IL RITORNO AI VERTICI NON È SOLO QUESTIONE DI OTTIMISMO MA ANCHE DI MOTO - "IL MOTIVO TECNICO, ALLA BASE DELLE DIFFICOLTÀ E' LA SUA YAMAHA" -VIDEO

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Paolo Lorenzi per www.corriere.it

 

 

L’ottimismo è la sua linfa vitale

valentino rossi valentino rossi

I lividi del corpo e quelli dell’anima. Valentino Rossi oggi patisce di più quest’ultimi, dopo la terza caduta di fila in gara, una serie negativa che non si ripeteva dal 2011. Barcellona a parte (incidente provocato dallo strike di Lorenzo), le due scivolate al Mugello e ad Assen, le sue piste preferite, lasciano un segno profondo. Nell’anima più che sulla pelle. Ciò nonostante, a fine gara Valentino ha scovato nel buio di una giornata terribile, la luce di un piccolo miglioramento. Tecnico, certo, ma sufficiente a ridargli ottimismo: la sua linfa vitale.

 

La capacità di vedere il bicchiere più pieno che vuoto anche nei momenti peggiori è sempre stata la sua forza. L’ha mantenuto al vertice dopo 20 anni di vittorie e duelli epici. Persino dopo il 2015, l’anno orribile dello scontro con Marquez e gli strascichi velenosi della Malesia, a un passo dal ritiro ha ritrovato la voglia di credere ancora. A quel decimo titolo che pare una chimera, ma che basta ad alimentare il sogno e a rabboccare il serbatoio di un’energia mentale che sembra inesauribile. L’eterno ragazzo di quarant’anni non ha ancora voglia d’invecchiare.

 

In attesa dalla svolta tecnica

uccio e valentino rossi uccio e valentino rossi

C’è un motivo tecnico, alla base delle difficoltà di Rossi. La Yamaha subisce la potenza di Honda e Ducati sui circuiti veloci e nei lunghi rettilinei dove i motori a V le scappano via. Il bilanciamento e la guidabilità che hanno marcato la differenza negli anni migliori sembrano svaniti come d’incanto. Ma ai test estivi di Brno i giapponesi hanno promesso di portare una novità importante, l’embrione della M1 del prossimo anno. Una base su cui sviluppare la sfida del 2020.

 

uccio e valentino rossi uccio e valentino rossi

L’appuntamento di metà stagione con le novità di quella successiva un tempo era la norma, ma negli ultimi anni la consuetudine si è persa, a vantaggio di una difficile correzione in corso d’opera. Se dovesse rappresentare la svolta richiesta dai piloti, Rossi potrebbe trarne nuove motivazioni. Oggi più che mai il Dottore ha bisogno di crederci ancora. Per raccogliere le energie che servono ad affrontare un altro anno di gare (l’ultimo?), Rossi deve poter contare su una moto vincente, o quanto meno alla pari con la concorrenza. In Giappone hanno capito il momento, forse temono di perdere anzitempo il loro vessillo e stanno lavorando. Anche per loro è l’ultima occasione di tenersi stretto il pilota che più di ogni altro ne ha caratterizzato l’epoca moderna.

 

 

I problemi

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La radiografia del momento no di Rossi ha evidenziato due fasi diverse e opposte. In gara, cadute a parte, Valentino sembra lo stesso di sempre: determinato, efficace, lucido. In prova pare invece l’ombra del campione conosciuto. Implacabile in gara, evanescente in qualifica. Due facce della stessa persona. Quest’anno Rossi è passato ben cinque volte dalla Q1 e soltanto in un caso è approdato alla Q2.

 

Risultato: posizioni arretrate in griglia e gara di rimonta assicurata, con tutte le complicazioni del caso. Per evitare la tagliola della pre qualifica Valentino dovrebbe centrare ogni volta la top ten delle prove libere. Un tempo, forse, sarebbe stato un gioco e nessuno avrebbe messo in dubbio la sua capacità di soggiornare stabilmente nelle prime cinque posizioni. Talvolta vediamo invece un Rossi smarrito nelle fasi cruciali, in balia del momento, incapace di dominare la situazione con la sicurezza che gli apparteneva. Se il 46 non supererà questa fase, difficilmente potrà tornare a lottare per il podio. Le rimonte erano la sua specialità, ma nella Motogp di oggi paiono un’impresa. Anche per una leggenda come lui.

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Si deve ritirare?

Al termine di ogni gara priva di acuti, o dopo l’ennesima scivolata fatale, tifosi e non si pongono la solita domanda: “ma Rossi è finito?” Lui, il destinatario del quesito c’ha fatto l’abitudine e non se cura più. Come un disco incantato da una decina d’anni, diciamo dall’ultimo titolo del 2009, è come un suono sgradevole che tutt’al più gli scatena un motto d’ironia. Ogni grande campione conosce la risposta. Anche una leggenda come Rossi è consapevole dei suoi limiti fisici. Nessuno è immortale. Due anni senza vittorie sono l’indizio di un momento difficile, forse di una crisi, quanto passeggera lo sa soltanto l’interessato.

 

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Per risorgere servono forze mentali più che fisiche e questa risorsa a Rossi non difetta. Prima di “archiviarlo” velocemente, converrebbe aspettare ancora un po’. D’altro canto ciò che un tempo gli riusciva senza sforzo, oggi richiede un impegno assiduo e totale. La concorrenza cresce di gara in gara, i giovani avanzano e forse il tocco magico s’è perso definitivamente. Lui stesso ha descritto la sua carriera come una sequenza di periodi. Alla forza della gioventù, inevitabilmente passata, ha supplito con l’esperienza, l’allenamento continuo, il temperamento, sempre giovanile, quello sì. Quanto può durare? Solo chi gli è molto vicino può sondarne i patemi dell’anima, la tempesta di orgoglio e frustrazione in continuo conflitto. Soltanto se la motivazione non verrà meno, potremo vederlo riemergere dal tunnel dell’apatia dei risultati. Un’altra volta ancora.

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