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ORA NADAL PER TORNARE N.1 DOVRÀ VINCERE IL TORNEO - ALLE FINALS DI TORINO RAFA IN DIFFICOLTÀ CEDE 7-6 6-1 ALLO STATUNITENSE FRITZ. CON LO STATO DI FORMA VISTO CONTRO FRITZ APPARE IMPROBABILE CHE IL MAIORCHINO ARRIVI FINO IN FONDO. DJOKOVIC SCALDA I MOTORI: IL SERBO INSEGUE IL RECORD DI FEDERER (SEI VITTORIE)… - FOTO BY MEZZELANI

Foto di Ferdinando Mezzelani per Dagospia

Federica Cocchi per gazzetta.it

 

 

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"Diventare numero 1? Devo prima vincere un po' di partite...". Rafa Nadal rispondeva così alla vigilia delle Nitto Atp Finals a chi gli chiedeva quante possibilità avesse di tornare sul trono mondiale.

 

Aggiungendo di sentirsi di avere le possibilità di sollevare il trofeo che ancora non è entrato nella sua affollatissima stanza dei trofei. E a giudicare dalla prestazione di stasera contro Taylor Fritz, il maiorchino ha ben poche possibilità di tornare numero 1 al mondo, poiché avrebbe potuto riuscirci solo arrivando in finale da imbattuto oppure vincendo il torneo. Cosa che con lo stato di forma visto contro Fritz, appare improbabile. Finisce in due set 7-6 (3) 6-1 in poco più di un'ora e mezza la partita della sessione serale del gruppo verde. Dopo la finale di Indian Wells, dunque, il mancino si ferma ancora contro il californiano matricola delle Finals.

 

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Servizio impeccabile e dritto on fire, Taylor Fritz. Impreciso, corto, stanco e meno centrato del solito Rafa Nadal, sicuramente salito di condizione rispetto a Bercy (dove aveva avuto anche un problema gastrointestinale) ma ancora lontano dai giorni migliori, sebbene la superficie non sia proprio la sua preferita.

 

Primo set che sul 5-5 si illumina con una prodezza del maiorchino capace di un recupero in corsa su una palla corta seguita da una veronica da far strabuzzare gli occhi. Ma l'americano figlio di mamma top 10, applaudito in tribuna dalla fidanzata influencer non si lascia intimidire, tra ace e accelerazioni di dritto si guadagna il tie break. Dove la musica non cambia: Rafa subito sotto 3-0, non riesce a rimontare subendo la pressione del numero 9 al mondo entrato alle Finals da prima riserva per il forfeit di Alcaraz. Il tie break e quindi il set sono di Fritz che chiude 7-3 con tanto di imprecazione (rara) del mancino. Nel secondo set non c'è quasi storia, nel 4° game Fritz strappa il servizio per la prima volta a Nadal che poi perde ancora il servizio per il 5-1 e cede con un pesante 6-1.

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LA SFIDA INFINITA

Stefano Semeraro per “La Stampa”

 

Un mese fa erano in squadra insieme, alla Laver Cup di Londra, racchetta in mano e fazzoletto pronto per asciugare la commozione dell'addio di Roger Federer, il loro carissimo nemico di una vita. Fianco a fianco, lacrima contro lacrima, alleati d'occasione contro la malinconia.

 

Alle Atp Finals Torino Nadal e Djokovic sono tornati ad essere quello che sono sempre stati: stelle rivali, punti cardinali opposti di un tennis che ci ha divertito per un paio di decenni e non ne vuole sapere di tramontare. Est contro ovest, tigna slava contro garra spagnola, rovescio (di Novak) contro diritto (di Nadal). Avversari complementari, protagonisti che si rubano la scena. Rispettosi ed ammirati l'uno dell'altro. Ma amici mai. Almeno fino a che continueranno a incrociarsi su un campo da tennis.

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Se Federer è stata l'eleganza, Nadal e Djokovic hanno declinato un talento non inferiore con stili diversi, Grinta e Ritmo, regalando in maniera diversa un'anima al corpo: la forza del Cannibale, l'elasticità dell'Uomo di Gomma. La finale degli Australian Open 2012, la più lunga nella storia dello Slam, ne è stato l'esempio migliore, quasi sconcertante, un teatro della crudeltà distillato in cinque set. L'alba di un tennis diverso.

 

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La loro è, anche, la rivalità più robusta della storia del tennis Open: 59 sfide in totale, 30 a 29 per Djokovic. Al PalaAlpitour, non prima delle semifinali, potrebbe arrivare la cifra tonda: il pareggio o la fuga, due soluzioni che ormai tendono al definitivo vista l'anagrafe. Novak è un anno più giovane, 35 contro 36 primavere, e ha già spiegato che intende rimanere in circolazione a lungo, Rafa il saggio, papà da un mese, vive alla giornata, in equilibrio, non sotto, la sua personalissima spada di Damocle: l'infortunio cronico al piede che può costringerlo a dire basta da un momento all'altro.

 

«Quando il dolore supererà la gioia», è la sua formula zen. Sono ancora entrambi saldamente top-ten, Rafa addirittura potrebbe tornare numero 1 fra una settimana. Djokovic starebbe lì, nei dintorni della cima, se il bando dall'Australia e l'esilio da New York non gli avessero impedito di gareggiare in due Slam su tre, e Wimbledon, dove ha trionfato, avesse distribuito 2000 punti come sempre. In due hanno comunque fatto tre-quarti di Slam, lasciandone uno al niño Alcaraz.

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L'ultima sfida l'ha vinta Nadal, nei quarti del Roland Garros, la sua tana che Djokovic è riuscito a violare due volte, quello che potrebbe diventare - ma speriamo non sia - il loro personalissimo ultimo valzer potrebbe andare in pista alle Finals, dove il Djoker insegue il record di Federer (sei vittorie) e Nadal il sogno di una vittoria che gli è sempre sfuggita nel torneo dei campioni. Due finali perse, nel 2010 e 2013, contro Federer e Djokovic, un rapporto difficile con le superfici veloci al coperto.

 

«Ma negli ultimi anni - dice da ottimista incallito - credo di essere migliorato molto su questo tipo di superficie. Nel 2020, quando ho perso con Medvedev in semifinale, penso sia stata la mia migliore occasione». I giovani raccoglieranno la loro eredità, ma non sono mai riusciti a farli crollare. Rivederli uno contro l'altro sarebbe un brivido antico, l'ennesima occasione di ricapitolare una storia che sarà difficile rivivere. E chissà che per l'occasione non si muova, dal cuore dell'Europa, anche il carissimo amico Roger.

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