SE TI CHIAMI RAFAEL NADAL, PUOI – CAZZULLO INTERVIEW: “FEDERER È UNO DEI PIÙ GRANDI UOMINI NELLA STORIA DELLO SPORT. È STATO IL MIO GRANDE RIVALE E QUESTO HA GIOVATO A ENTRAMBI, E PURE AL TENNIS. IN ALCUNE COSE CI ASSOMIGLIAMO. IN ALTRE SIAMO DIVERSI LUI È SVIZZERO, IO SONO LATINO” – “A DICIANNOVE ANNI MI DISSERO CHE NON AVREI PIÙ POTUTO GIOCARE PER UNA MALFORMAZIONE AL PIEDE, POI…” - VIDEO

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Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

 

rafael nadal 1 rafael nadal 1

«Guardi che io ogni volta me la faccio sotto». Non ci credo. Tredici vittorie su tredici finali a Parigi.

 

Non è mai successo: nella storia del tennis, nella storia dello sport. Come è potuto accadere?

«Non lo so neppure io. Se è successo a me, può succedere a un altro. Io sono una persona normale. Con le mie incertezze, le mie paure».

 

Lei in campo ha paura di perdere?

«Paura di perdere, mai. Però penso sempre di poter perdere. Lo penso tutti i giorni, contro qualsiasi avversario. E questo mi aiuta moltissimo».

 

roger federer rafael nadal 2006 roger federer rafael nadal 2006

Quali sono le sue paure? Dicono: il buio, i cani.

 

«Queste sono sciocchezze. Ho paura della malattia. Ho paura per le persone cui voglio bene».

 

Ha paura anche del Covid?

«Non per me. Sono ancora abbastanza giovane, il fisico ancora risponde. Però, se mi infetto, posso infettare persone a rischio. Sono preoccupato per i miei genitori, per la mia famiglia. Per la mia comunità. È il momento più duro nella nostra vita. Per questo è il momento di lottare, per cose molto più importanti di una partita di tennis. Dobbiamo coltivare la fiducia».

RAFA E MIGUEL ANGEL NADAL RAFA E MIGUEL ANGEL NADAL

 

Qual è il segreto per resistere?

«Avere sempre un obiettivo nella vita. Una speranza. Un' illusione, se necessario».

 

Come dobbiamo affrontare la crisi del Covid?

«Con il rispetto. Verso noi stessi, verso i nostri cari, verso gli altri. E poi con la responsabilità. E la logica. Si muore per il virus; ma si può morire anche di fame. Il colpo all' economia è stato durissimo. Bisogna trovare l' equilibrio tra la salute e il lavoro, tra la protezione sanitaria e quella sociale. La sicurezza è fondamentale; ma lo sono anche la libertà e la dignità».

 

Lei, a differenza di molti suoi colleghi che si sono rifugiati nei paradisi fiscali, paga le tasse in Spagna. È orgoglioso di essere spagnolo?

«Io sono spagnolo. E sono felice di esserlo. Certo, quando arriva il conto del Fisco sono un po' meno felice. Ma ho avuto la buona sorte di nascere in un Paese di molte virtù, che mi ha dato una buona vita».

 

nadal federer fognini nadal federer fognini

Però è anche molto legato alla sua isola, Maiorca, e al suo paese, Manacor.

«Mi sento profondamente manacorì, maiorchino, spagnolo ed europeo. E mi sento quattro volte fortunato. Lei conosce Maiorca?».

 

È la prima volta che ci vengo.

«Venga, andiamo a fare un giro in macchina. Guido io».

 

(Nadal ha una guida nervosa. Frena all' improvviso. Prende i dossi un po' troppo forte; poi si scusa).

rafael nadal pulisce le strade di maiorca rafael nadal pulisce le strade di maiorca

«Questo è il paese di mia nonna materna, Sant Llorenç. Vede quella rotonda? Lì è straripato il torrente e ha trascinato le auto fino al mare, era tutto distrutto, pareva la guerra civile. Anzi, no, non è quella, è la rotonda dopo!» (Nadal è sinceramente arrabbiato con se stesso per aver sbagliato rotonda).

 

È vero che quando ci fu l' inondazione lei si mise a spalare il fango, e aprì la sua Accademia di tennis agli sfollati?

«Ho fatto quello che hanno fatto tutti, e che avrebbe fatto chiunque».

novak djokovic rafael nadal novak djokovic rafael nadal

 

Qual è il suo primo ricordo, qui a Maiorca?

«Sono bambino, e sto giocando con il mio papà. Nel corridoio di casa. A pallone, a pallacanestro. A tutto, tranne che a tennis».

 

Suo zio Miguel Angel fu centrocampista del Barcellona e della nazionale spagnola. Anche lei era un calciatore. Perché ha scelto il tennis?

«Non è stata una scelta. Ero un buon calciatore; ma come tennista ero un po' più speciale. E poi mi allenava un altro zio, Toni».

federer nadal federer nadal

 

Con lei fu durissimo.

«Sì. Era molto esigente; ed è stata la mia fortuna. La tensione, se la sai dominare, è fondamentale».

 

Ora non la segue più.

«È stata una sua decisione».

 

È vero che da bambino lei pensava che zio Toni avesse poteri magici?

«Diceva di essere stato campione di qualsiasi sport, di aver vinto il Tour de France a braccia alzate, di aver giocato centravanti nel Milan. Una volta a bordo campo mi assicurò che, se fossi andato in difficoltà, lui avrebbe fatto piovere. Sullo 0 a 3 per il mio avversario cominciò a piovere. Quando recuperai gli dissi: "Zio, ora puoi anche far tornare il sole"».

 

Lei porta il nome di suo nonno: Rafael Nadal, musicista.

nadal xisca nozze 2 nadal xisca nozze 2

«Direttore d' orchestra. Dopo la guerra civile portò in paese la Nona di Beethoven. Poi diresse Alfredo Kraus, il tenore. Ero legatissimo al nonno. La sua morte fu un dolore terribile».

 

Come mai lei tifa Real Madrid e non Barcellona?

«Mio padre e tutta la famiglia sono madridisti da sempre. Quando lo zio giocava nel Barça ovviamente tifavamo per lui. Poi però è tornato al Maiorca, e lì ci siamo divisi: qualcuno è rimasto con il Barcellona; altri hanno ritrovato il Madrid».

 

Lei è amico di Cristiano Ronaldo?

«Amico è una parola molto forte per me. I miei amici sono i ragazzini di Manacor con cui sono cresciuto. Cristiano Ronaldo è un compañeros , un collega. L' ho incontrato più volte, lo stimo».

 

rafael nadal roger federer rafael nadal roger federer

Chi è per lei Federer?

«Roger Federer è uno dei più grandi uomini nella storia dello sport».

 

Certo, ma per lei?

«Un altro compañeros . È stato il mio grande rivale; e questo ha giovato a entrambi, e un poco pure al tennis. Abbiamo diviso un tratto di vita. In alcune cose ci assomigliamo: teniamo alla tranquillità, alla famiglia. In altre siamo diversi».

 

In cosa?

«Be', lui è svizzero. Io sono latino. Abbiamo caratteri, culture, modi di vita differenti».

nadal che mangia la banana nadal che mangia la banana

(Nel frattempo siamo arrivati da Sa Punta, ristorante di pesce sul mare, dove Nadal sta mangiando come un orco).

 

È vero che con Federer tutto è cambiato quando lui venne qui nella sua Accademia?

«Non è cambiato nulla, perché i rapporti erano già buoni; altrimenti non sarebbe mai venuto. E io sono andato da lui in Svizzera e in Sud Africa, a giocare per la sua Fondazione».

 

E Djokovic? È vero che lei si è offeso quando imitava i suoi tic in campo?

«Ma no! Io non mi offendo mai».

rafael nadal rafael nadal

 

La gente si chiede il motivo del suo rituale: i due sorsi d' acqua da due bottigliette, le righe da non calpestare Superstizione?

«No. Non sono superstizioso; altrimenti cambierei rituale a ogni sconfitta. Non sono neanche schiavo della routine: la mia vita cambia di continuo, sempre in giro; e gareggiare è molto diverso dall' allenarsi.

 

Quelli che lei chiama tic sono un modo di mettere ordine nella mia testa, per me che normalmente sono disordinatissimo. Sono la maniera per concentrarmi e zittire le voci di dentro. Per non ascoltare né la voce che mi dice che perderò, né quella, ancora più pericolosa, che mi dice che vincerò».

 

Ma quando negli spogliatoi indossa la bandana e grida "Vamos!" è lei a mettere paura agli avversari.

«Io non grido negli spogliatoi! Faccio una doccia ghiacciata, ascolto la musica nelle cuffie e, sì, lego la bandana. Ma non mi sono mai permesso di intimidire un avversario».

 

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Una volta discusse con Berdych, che la sconfisse a Madrid scontrandosi con il pubblico. Dopodiché lei ha battuto Berdych diciassette volte di fila.

«Se lo meritava (Nadal ride). Sto scherzando. In realtà con Berdych ora abbiamo un bel rapporto, volevamo anche giocare il doppio insieme. Dicono pure che non vado d' accordo con Kyrgios, ma non è vero. Una volta gli dissi quel che avevo da dirgli, e finì lì. La verità è che coltivare inimicizie mi stanca».

 

Però non applaude mai un avversario per un bel colpo.

«Qualche volta lo faccio. Di rado. Ma non siamo lì per applaudirci. Quello spetta al pubblico».

 

Com' è giocare senza?

«Triste. Mancano i colori, le grida, la passione».

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Come ha vissuto il lockdown?

«Male. Soprattutto all' inizio è stato difficile: tutto quel tempo chiuso in casa, senza niente da fare, io che sono abituato a muovermi di continuo almeno mia moglie María Francisca aveva il suo lavoro di ufficio. È direttrice della nostra Fondazione».

 

Lei sta da tutta la vita con la stessa donna. Quando l' ha conosciuta?

«Ci conosciamo da sempre, da quando eravamo piccoli. Meri è il mio punto di stabilità».

 

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È vero che dietro la sua crisi del 2009 c' era la crisi tra i suoi genitori?

«È vero. Quell' anno si separarono, sia pure solo per un periodo. Io ne ho sofferto moltissimo; perché senza la mia famiglia non avrei fatto nulla».

 

Lei ha avuto molti infortuni.

«A diciannove anni, avevo appena vinto il primo Roland Garros, mi dissero che non avrei più potuto giocare, per una malformazione al piede sinistro».

 

Come reagì?

«Il dolore era tale che mi allenavo a colpire la pallina seduto su una sedia in mezzo al campo. Poi sono guarito, grazie a una soletta che cambiava la posizione del piede, ma mi infiammava le ginocchia».

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Come possiamo superare noi tutti questo dolore ben più grave?

«Con una mentalità positiva. Trasformando la fragilità del corpo in forza morale. Prima o poi le cose si metteranno a posto. Dobbiamo attrezzarci per resistere. Perché non c' è altra soluzione che resistere».

 

È vero che dopo la sconfitta nella finale di Wimbledon 2007 con Federer pianse negli spogliatoi?

«Disperatamente. Per un' ora e mezza. Perché a volte la disillusione è terribile; anche se è solo un incontro di tennis. Ho pianto di dolore quando, nella finale degli Australian Open con Wawrinka nel 2014, mi sono infortunato alla schiena dopo aver vinto il primo set. Ho perso, ma ho portato a termine l' incontro; perché non ci si ritira da una finale Slam».

NADAL E LA FIDANZATA NADAL E LA FIDANZATA

 

Altre volte ha pianto di gioia.

«Sono una persona sensibile, emotiva. Vivo lo sport con grande passione».

Di solito si dice che lei abbia meno talento di Federer.

 

Qualcuno però lo nega. Lei cosa ne pensa?

«Cos' è il talento? Ognuno di noi ha il suo talento. A qualcuno viene tutto facile; altri sanno resistere più a lungo sul campo. Lei può avere il talento di scrivere un buon articolo in mezz' ora; ma se un suo collega sa lavorare per sei ore di fila e tirar fuori un articolo ottimo, sarà un giornalista più talentuoso di lei».

 

Borg, che era Borg, vinse sei finali su sei al Roland Garros; poi però si ritirò a 26 anni. Lei ne ha 34, ha vinto 20 Slam, e ancora continua. Qual è il segreto?

rafael nadal roma 2019 rafael nadal roma 2019

«I tempi sono cambiati, la vita degli atleti si è allungata. C' è emulazione tra noi: se lui ce la fa, perché io no? Poi ci sono altri fattori. La fortuna. L' istinto per la competizione. La tenuta ad alto livello».

 

Quando si ritirerà?

«Non lo so. Il tennis è un gioco della mente; non è matematica. Quando sarà il momento, lo saprò».

 

Dopo cosa farà?

«Mi dedicherò ai bambini. La nostra Fondazione aiuta i piccoli che rischiano l' esclusione sociale: provvede al cibo, all' istruzione, allo sport. Poi abbiamo il progetto "Más que tenis", venti scuole in Spagna per bambini diversamente abili. E lavoriamo in India, per insegnare ai ragazzi l' inglese e l' informatica».

 

Come trova l' Italia?

NADAL NADAL

«Mi piace molto, mi rende allegro. Con gli italiani un po' ci assomigliamo. Certo, ci sono differenze, anche perché siamo due Paesi molto compositi al nostro interno. Ma un italiano del Nord sarà sempre più simile a uno spagnolo del Sud che a un tedesco».

 

Lei è di destra o di sinistra?

«Non mi faccia parlare di politica».

 

Neppure di re Juan Carlos?

«Può aver sbagliato; ma ricordiamoci sempre di quel che ha fatto per la Spagna».

 

Crede in Dio?

«Non lo so, e non me lo chiedo. Per me l' importante è comportarsi bene, aiutare chi ne ha bisogno. Credo nelle brave persone. Se poi Dio esiste, sarà meraviglioso».

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Come immagina l' aldilà?

«Non lo immagino».

 

Perché non getta mai la racchetta?

«Perché da piccolo mi hanno insegnato che non si fa. Sono io che sbaglio; non la racchetta ».

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