SI FA PRESTO A DIRE "ATLETE" - L'EMANCIPAZIONE DELLE DONNE ATTRAVERSO LO SPORT E' STATA LUNGA E FATICOSA - EVA CANTARELLA E ETTORE MIRAGLIA, NEL LIBRO "LE PROTAGONISTE", RACCONTANO I FURIBONDI ATTACCHI DI DE COUBERTIN CONTRO LE SPORTIVE E LA "FISIOLOGIA FEMMINILE" - SOSTENNE, PER ESEMPIO, CHE MATERNITÀ E SPORT FOSSERO INCOMPATIBILI - IL DRAMMA DELLE ATLETE DELL’EST E LA "STRANA" STORIA DEL TESTOSTERONE 

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Valeria Palumbo per il "Corriere della Sera"

 

alfonsina strada alfonsina strada

San Pietroburgo, 1902. Una donna, la britannica Florence Madeleine Cave (1881-1917), si presenta ai Mondiali di pattinaggio. Nessuno ha pensato di aggiungere «maschili» perché a nessuno è venuto in mente che una donna possa partecipare. Madge, come la chiamano gli amici, vince l' argento. Risultato? Dal campionato successivo, del 1908, le donne sono esplicitamente escluse. Si facessero il loro. Avviene già nel 1906 e Madge rivince.

 

Però, pensateci, se ancora adesso «l' Italia» è per definizione la nazionale di calcio maschile, qualcosa non va.

 

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Soprattutto, se la storia dello sport femminile è pavimentata di tanti divieti e, nonostante questo, le donne li hanno sfidati tutti, vuol dire che il problema non è loro. Che lo sport lo hanno sempre praticato, come racconta Eva Cantarella, co-autrice con Ettore Miraglia di Le protagoniste.

L' emancipazione femminile attraverso lo sport, edito da Feltrinelli.

 

Certo, nell' antichità si è andati in ordine sparso. E perfino a Sparta, dove le ragazze si esercitavano regolarmente, perché così aveva voluto il leggendario legislatore Licurgo, l' obiettivo era fare di loro madri più forti, che producessero figli più sani. Così alla grande corsa annuale in onore di Elena, modello di moglie (gli spartani credevano che fosse stata calunniata a proposito di Paride), correvano in tante. Ma non veniva proclamata una vincitrice. Mentre gli uomini gareggiavano soltanto per quello, in barba a quanto riteneva Pierre de Coubertin, fondatore delle moderne Olimpiadi.

 

Eva Cantarella Eva Cantarella

A proposito di de Coubertin, contro le atlete e la «fisiologia» femminile ne disse di tutti i colori (in buona compagnia): sostenne, per esempio, che maternità e sport fossero incompatibili, e pazienza per Sparta o per successive campionesse come Fanny Blankers-Koen, strepitosa protagonista dell' Olimpiade di Londra del 1948, che ebbe anche lo stoicismo di tollerare il nomignolo di «mammina volante».

 

Certo, la Chiesa infieriva, terrorizzata da tutto ciò che rendesse le donne più autonome. E gli pseudo-scienziati positivisti, dietro, a immaginare chissà che danni alla salute. Poi i danni ci sono stati davvero: ma per il doping, e Miraglia racconta bene il dramma delle atlete dell' Est, negli anni della Cortina di ferro. Ma anche il coraggio della nuotatrice Christiane Knacke, bronzo nei cento farfalla di Mosca 1980: diventò, alla caduta del Muro di Berlino, la principale accusatrice del suo Paese, la Germania dell' Est, e al processo buttò a terra, per sfregio, la sua medaglia olimpica e restituì le altre.

wilma rudolph wilma rudolph

 

Ma, a proposito di ormoni, in Le protagoniste si racconta molto bene la «strana» storia del testosterone: le atlete che ne hanno più di cinque nanomoli per litro, nel sangue, non possono gareggiare. Che questo sia lo sbarramento per essere «donne», che incida davvero sulle prestazioni sportive e che, tra gli uomini, si trovino enormi variazioni nei livelli di testosterone ma nessuno ci bada, non importa. Tanto che chi, in transizione di genere, ne ha livelli più bassi perché fa cure ormonali, è ammesso. Il problema sono e restano le donne.

 

Christiane Knacke Christiane Knacke

Dice bene Miraglia: la faticosissima battaglia delle donne per poter fare sport e gareggiare (il saggio elenca tutti i divieti, le censure e gli ostacoli e sembra incredibile che gli uomini ne abbiamo potuti inventare tanti) è stata politica, sociale e culturale. Così la ciclista Alfonsina Strada, che si piazzò tra i pochi superstiti del Giro d' Italia del 1924, ma anche Annette Kellerman, che pretese di nuotare in costume e non vestita e sopportò per questo l' arresto («Non posso nuotare con più abiti di quanti ce ne stiano su un filo per stendere i panni», fece mettere a verbale), o Wilma Rudolph, la «gazzella» dell' Olimpiade di Roma del 1960, che rifiutò di partecipare alle celebrazioni post olimpiche perché il governatore del Tennessee prevedeva un programma a parte per i neri, hanno aperto per tutte, e per tutti, tempi migliori.

 

Lo slittamento dal 1° giugno 2021 al 2 marzo 2022 al professionismo femminile nello sport, in Italia, ci indica che la battaglia non è finita.

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