ALESSANDRA MAMMì PER DAGO-ART
Buona notizia. Se su 18-20 milioni di turisti (qualcuno ne ha contati oltre 22) che ogni anno sbarcano a Venezia (e cominciano a sorgere seri timori su quanto potranno reggere quelle vecchie palafitte il peso di tanti corpi umani messi insieme) almeno 2 milioni e rotti entrano in uno dei dodici Musei Civici della Serenissima è un bel traguardo.
E la notizia migliora se come precisa il Presidente della Fondazione dei suddetti Musei, Walter Hartsarich, questo dato mostruoso si scompone in: 6 milioni di sani di mente che restano a dormire almeno una notte e un 10/12 milioni di scalmanati che passano fuggendo, sbarcando dai mostri galleggianti o scendendo la mattina alla Stazione di Santa Lucia per ripartire con qualche treno della sera.
C'è poi da aggiungere che quell'eroica dozzina di musei-sentinella della cultura a Venezia sono stretti fra il mordi&fuggi della folle a tutto selfie e il radical del turismo artistico contemporaneo che non ha né tempo né voglia per vedere qualcosa di diverso (o di lontano) dal percorso canonico Biennale- Palazzo Grassi- Punta della Dogana.....
E invece almeno per quel che accadrà nei prossimi mesi bisognerebbe programmare un viaggio più intelligente. Se lo meritano i Dodici non solo per le mostre (e daremo tra qualche riga un'anticipazione) ma per la tenacia e l'esempio.
Basta ascoltarla la direttrice Gabriella Belli (oggi in una conferenza stampa a Roma) quando con chiarezza dice che i musei “servono a far cultura” che la loro missione “è la ricerca” e il segreto del successo “la programmazione”.
Storica dell'arte che ammette pubblicamente di passare metà del tempo a cercare sponsor e partner perchè il bilancio sia in attivo e con i guadagni si possano da una parte restaurare gli edifici e portarli a standard internazionali soprattutto nell'accoglienza e nei servizi, e dall'altra “fare finalmente un catalogo generale del patrimonio e delle centinaia di migliaia di pezzi che non sono mai stati catalogati. Dal momento che per custodire un patrimonio bisogna prima conoscerlo. E anche se ci vorranno 10 o 12 anni a completare l'opera, l'importante è cominciare”.
Impresa a Venezia non tanto facile, tra un museo del Merletto laggiù a Burano e uno del vetro a Murano che ambisce ad aprirsi al contemporaneo dal momento che da Tony Cragg a Jan Vercruysse, fior di maestri si son convertiti alle trasparenze della materia.
Ma “Programmazione” è la parola magica. Solo se si ha una programmazione perlomeno triennale, si è credibili come istituzione internazionale (Belli dixit). E la programmazione è possibile se si è al riparo dai ribaltoni politici. ( Da qui la necessità di una Fondazione che non dipende da comuni, regioni etc....)
In più ,fare attività espositiva è necessaria a fidelizzare il pubblico. Ma l'attività espositiva deve essere sorretta dall'attività scientifica (sempre lei).
Sante parole se portano in pareggio il bilancio e acchiappano il pubblico. Tanto che se Palazzo Ducale Superstar fino a due anni fa rubava il 75 per cento della fetta di visitatori ora la percentuale si è abbassata al 6o per cento, mentre il numero complessivo cresce e quei 2 milioni e 300mila si sparpagliano non solo tra il Ducale, il Correr o Cà Pesaro, non solo tra quel gioiello del Fortuny o quel tesoro del Settecento veneziano di Ca'Rezzonico ma anche in luoghi che nascondono sorprese come il Museo di Storia Naturale, Torre dell'Orologio, il Museo Navale, la Casa Museo di Goldoni, Palazzo Mocenigo, il Vetro e il Merletto.
Non ci sarà tappa da trascurare nel 2015 dopo l'annuncio dato oggi delle mostre che attendono visitatori lenti e curiosi, quelli che almeno notte dormono in laguna.
Grande antologica di Rousseau il Doganiere ( Palazzo Ducale dal 6 marzo al 5 luglio)pittore naif che non è stato così naif come la vulgata crede. Con quei contorni netti e colori piatti ha avuto molto da condividere con ciò che arrivò dopo di lui da Frida a certa Pop Art fino ai murales. In ogni caso fu molto amato anche da contemporanei coraggiosi che lo considerarono fratello di avventure. Vedi Kandinsky: gli comprò un quadro e lo espose alla prima mostra del Der Blaue Reiter. O vedi i protagonisti dell'altro mostrone in programma...
Nuova oggettività- arte in Germania ai tempi di Weimar 1919-1933 in coproduzione con il Lacma di Los Angeles così come Rousseau era in co-produzione con il Musèe d'Orsay. Questa è superrassegna che parte il 1 maggio chiude il 30 agosto e non trascura nessuno: Otto Dix, Max Beckmann, George Grosz, Christian Schad e le foto di August Sander. Da non perdere, anche se si è arrivati in Laguna per la Biennale di Okwui Enwezor e sembrerebbe che tra un cocktail e un party non c'è tempo. Sbagliato: il tempo in questo caso d'obbligo
Come sempre, il sofisticato Museo Fortuny stempera con la bellezza del luogo la complessità del tema. Questa volta è la divina proporzione, il numero irrazionale 1,6180 che regala l'armonia dell'universo, il nostro Dna e le sequenze Fibonacci così come lo teorizzò Luca Pacioli, lo illustrò Leonardo e lo mettono in scena ora Daniela Ferretti e Axel Vervoordt grazie a opere presenti e passate. (9 maggio-22 novembre)
Se c'è un esempio di nuova oggettività italica questo è Cagnaccio di San Pietro. Iperrealista ante litteram, spigoloso e polemico, implacabile nel segno e nel soggetto. Bellissima scelta che completa con un tocco tricolore la mostra al Correr. Prendere il vaporetto e arrivare a Ca' Pesaro è cosa buona e giusta (6 maggio 27 settembre).
Romaine Brooks "La marchesa Casati" Romaine Brooks Self-Portrait 1923
E poi le presenze femminili. Tante ,importanti, impreviste. Da Jenny Holzer con un lavoro sui documenti de-segregati della Cia sulla lotta al terrorismo che tempo fa fecero comunque venire mal di pancia al governo americano ( al Correr dal 6 maggio ); Romaine Brooks eccentrica primi Novecento, bigger than life come artista e come donna che fu amante e ritrattista di un livido D'Annunzio dai toni grigi e amante anche di Ida Rubinsteim ballerina e chissà forse persino della Marchesa Casati che immortalò nuda, anoressica, e spettinata di rossi capelli.
Oppure Henriette Fortuny, musa silente del celebre marito. Dopo tutti quegli anni di dedizioni era giusto che non fosse consegnata all'oblio e la mostra la vendica ricordandola non solo nel ruolo di moglie, ma anche in quella di creatrice di Delphos l'abito plissè che fu brandmark della casa; fino a Sarah Moon riccia fotografa visionaria francese che scandagliò palazzo Fortuny come il luogo a lei più congeniale (tutte da Fortuny dal 19 dicembre).
E infine la mostra che di sicuro farà parlare di più: a Palazzo Ducale dal 19 settembre al 14 settembre “Mostri a Venezia”. Le grandi navi tra la Giudecca e San Marco viste dagli occhi di Gianni Berengo Gardin. Immagini in bianco e nero che rendono ancora più terribile, quasi apocalittica, la minaccia dei mastodonti senza forma contro la fragile e delicata bellezza della città che appare qui indifesa e sbigottita. Almeno quanto noi. Per Berengo Gardin più che una mostra un atto di dovere civile. Modesta proposta: invece dell'inaugurazione perché non organizziamo un sit in?