CI VOLEVA IL COVID PER RISCOPRIRE I NOSTRI BORGHI - SE LE GRANDI CITTÀ SONO DESERTE, I PICCOLI PAESI ITALIANI SI SONO RIEMPITI DI TURISTI - NON SOLO LA RICERCA DI TRANQUILLITÀ: È DESIDERIO DI UNA DIMENSIONE “GLOCAL”, A MAGGIORE CONTATTO CON IL VERDE, CON CIBO DI QUALITÀ E ARIA PULITA - IL BORGO PORTA ALLA RISCOPERTA DI UNA DIMENSIONE SEMPLICE DEL VIVERE E DEL CONTATTO UMANO SMARRITO NELLE METROPOLI - IL CONVEGNO A LUCCA

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Fabio Sindici per “la Stampa”

 

Su uno slargo in via Giovanni XXIII, periferia di Stigliano, una mano dipinta si allunga sulla facciata di una palazzina. Fa pensare alle meridiane che s' incontrano spesso nelle piazze storiche dei borghi d'Italia; solo che, invece di segnare le ore, fa la conta delle persone che se ne vanno: le dita hanno fattezze umane e scivolano via dal palmo. Il murale è l'orologio dello spopolamento del paese lucano. Tre, due, nessuno è il titolo scelto dall'autore Nemo's.

 

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«È un orologio che può cominciare a girare al contrario» sorride agrodolce Pietro Micucci, regista e ideatore di «appARTEngo», kermesse di street art in quello che nel 1600 era il capoluogo amministrativo della Basilicata e oggi è un paese con molta voglia di rinascita. Tanto che - con il festival giunto alla quarta edizione (quella in corso chiude il 15 ottobre) e che richiama graffitari e artisti di strada da tutto il mondo - ha rubato la scena alle grandi città, classico fondale di murales e graffiti art. A pochi chilometri di strada tortuosa, aggrappato a un calanco, c'è Aliano, il paese del confino di Carlo Levi. Fa parlare di sé anche per «La luna e i calanchi», il festival di paesologia nato dalla passione del poeta Franco Arminio che mescola reading letterari, concerti folk, performance teatrali e classi di filosofia.

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Il borgo come dimensione ritrovata, dove le distanze si misurano a passo d'uomo. Stefano Boeri, l'architetto del celebrato Bosco verticale di Milano, non ha dubbi: «Il futuro è nei borghi» sostiene. In parte è la conseguenza del Covid: i temuti lockdown e le restrizioni sembrano più lievi con le imposte spalancate sulla campagna. «Si parla di paesi arcipelago, collegati alle grandi città da reti telematiche» spiega Gaetano Scognamiglio, presidente della fondazione Promo Pa e organizzatore del convegno «LuBec 2020» (a Lucca, domani e venerdì).

 

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Che guarda ai campanili d'Italia per dare nuova benzina al motore culturale del Belpaese. La rete può essere glocal, come quella creata da Galleria Continua a San Gimignano, con appendici a Pechino, in Francia, a Cuba. «Possiamo definire i vecchi paesi come "neoluoghi", centri antichi da guardare con occhi nuovi» dice Scognamiglio. È il caso di Colletta di Castelbianco, borgo ligure telematico in cui il restauro delle architetture medievali è stato accompagnato da un innesto di alta tecnologia sotto le antiche pietre. O la miscela di coworking e smartworking a Offagna, sulle colline del Conero. Non è solo paura dei contagi e attrazione tecnologica. Già prima della pandemia, la cultura aveva scelto i paesi d'Italia come trampolino di rilancio.

 

«Ritrovare Lucignana è stata una gioia» racconta la poetessa Alba Donati, presidente del Gabinetto Vieusseux di Firenze, che nel paesino della Garfagnana, dove è cresciuta, ha aperto nel 2019 la libreria con giardino «Sopra la penna», grazie a un crowfunding glocal: amici europei e compaesani. La colletta è stata rinnovata con successo dopo che un incendio aveva consumato la libreria.

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«Abbiamo riaperto, anzi abbiamo conquistato nuovi spazi e abbiamo in programma residenze di scrittori». Le fa eco il fotografo tedesco Uli Weber dal suo buen retiro a Salve in Salento: «Le metropoli mi sono mancate pochissimo», dice in riferimento a Londra e Berlino, le sue altre residenze. Alle foto degli uffici segreti della Stasi, la polizia politica dell'ex Ddr (che esporrà a Palermo) e ai ritratti dell'aristocrazia britannica alterna scorci imprevedibili del tacco d'Italia. Vicino, ad Alessano, il festival musicale «Muse salentine», inventato dal mecenate belga Charles Adriaenssen, si è fatto notare per il suo successo. E per il gran rifiuto a spostare la location a Lecce dal palazzo rinascimentale che si affaccia sulla piazza del mercato.

 

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Da anni è a Todi, in Umbria, Matteo Boetti, torinese di nascita, figlio dell'artista nomade Alighiero: con le sue gallerie è stato tra i protagonisti della scena culturale romana. «Ho trasformato il concetto di galleria in quello di archivio aperto, "CollAge" l'ho chiamato. L'idea è quella di una slow gallery: le opere della mia collezione, intorno a una mostra di un artista, a rotazione. L'ultimo è Piero Gilardi». A Stigliano, su un murale, campeggia l'immagine di una coppia di anziane sorelle, sequestrate in casa per decenni da un padre padrone. Tempo perduto? «Non hanno perso l'allegria» dice l'artista Bifido che le ha ritratte. Esempio minimo di resilienza. Nei campanili, l'Italia post-Covid potrebbe cercare il suo futuro.

 

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