philippe daverio

"IL PIU' EUROPEO DEI CRITICI" - PIERLUIGI PANZA RACCONTA IL CRITICO E DIVULGATORE D’ARTE PHILIPPE DAVERIO, MORTO NEL 2020 - LA POLEMICA CON RENZI NEL 2016 QUANDO, PER NON METTERE A DISAGIO IL PRESIDENTE DELL’IRAN ROHANI, IL GOVERNO DECISE DI NASCONDERE I NUDI DELLE STATUE  DEI MUSEI CAPITOLINI - LA "PAURA" PER I SICILIANI E IL LITIGIO IN STRADA A PALERMO NEL 2010: "CICCIONA, TI DO DUE CALCI IN CULO. IO SONO STALINISTA! QUELLI COME VOI FINIVANO PER LE MINIERE DI SALE" - VIDEO

 

 

Pierluigi Panza per il Corriere della Sera - Estratti

 

Aveva un farfallino colorato per ogni occasione.

philippe daverio striscia

Il Cenacolo? «Se devi passare attraverso camere iperbariche per vedere un affresco togli l’aura e trasformi l’arte in qualcosa di asettico».

 

Il Louvre? «Prestano tele ad Abu Dhabi e aprono un McDonald: ma non è obbligatorio attirare otto milioni di persone per far mangiare gli hamburger».

 

Milano? «Ci sono collezioni inestimabili, ma c’è disgregazione del patrimonio: bisogna superare questa frammentazione con la Grande Brera».

 

Forse quest’anno si avvererà questo desiderio di Philippe Daverio, il più europeo dei critici e divulgatori d’arte, aria da eterno ragazzo, mezzo italiano e mezzo francese, scomparso nel settembre del 2020.

DAVERIO FORMENTINI

 

Alsaziano di Mulhouse (1949), città contesa sin dai tempi degli Asburgo, aveva studiato «in maniera rigorosa in un collegio episcopale» con i suoi fratelli, lui, quarto di sei figli di un padre italiano che di nome faceva Napoleone e con un prozio, mi disse, che aveva fatto le Cinque Giornate.

 

«Sai, eravamo degli europei di base. In casa si parlavano tre lingue e due dialetti; mio nonno fece il servizio militare a Berlino e il mio prozio a Parigi. Siamo venuti in Italia per una operazione immobiliare a Varese fatta da mio padre». Un’educazione ottocentesca, che si conclude alla Bocconi: «Come diversi amici, anche loro sessantottini, non mi sono laureato.

DAVERIO 11

 

Ho dato l’ultimo esame, non la tesi». C’erano le manifestazioni da fare, c’era da cambiare il mondo: la grisaglia mai e per i manifestanti ebbe sempre un debole. Si mette a fare il mercante d’arte e apre gallerie a New York e Milano non senza paurose peripezie: «L’arte è un virus», dice. Diventa meneghino e ama ripetere una frase: «A inizio Seicento, Milano era la più popolosa città di Spagna. Prendiamo il 1608: mentre a Roma appena si ipotizzava la costruzione della villa di Scipione Borghese qui nasceva l’Ambrosiana, il grande scrigno dei tesori dei Borromeo». Era la sua risposta al celebre adagio di De Crescenzo: quando voi eravate ancora sulle palafitte noi eravamo già...

 

philippe daverio

(...) Ci si incontra al bar Giamaica di Brera dove, prima di lui, stazionavano Piero Manzoni, Aldo Calvi e i pittori che nel 1957 avevano organizzato la mostra «Giovani pittori al Bar Giamaica». Non è quasi mai solo: una volta con la Aulenti, una con Bradburne... Sorriso aperto, fuma il sigaro, beve il bevibile. Presentiamo insieme un mucchio di libri nella Sala della Passione di Brera: non c’è bisogno di prepararsi, sia perché sappiamo, sia perché so che la gente va per lui.

 

Abita in piazza Bertarelli e spende volentieri i soldi per l’affitto di case spaziosissime dove poter camminare e «far stare comodi i cani» (Tom e altri): oggi i suoi arredi, la sua biblioteca e gli oggetti d’arte e di affezione sono raccolti nel refettorio quattrocentesco del monastero di Sant’Agostino Bianco, sotto le volte del Bramante e all’ombra di un affresco di Montorfano. Dietro una porta in fondo al cortile del palazzo scopri ritratti di Hayez, bronzi di Vincenzo Gemito e Arturo Martini, un osso di dinosauro e cimeli napoleonici.

 

DAVERIO 13

Il sindaco leghista Marco Formentini (li presentò l’editore Mario Spagnol) lo chiama in Giunta come assessore alla cultura (1993-97). L’esordio è con una installazione stile Luna Park davanti al Palazzo Reale del Piermarini. Una mattina, con altri, ci dà appuntamento sul presto perché dobbiamo capire dove siano finite le vecchie poltrone del Piccolo Teatro.

 

Ricordo che finiamo in un deposito in periferia a cercarle perché vuole che siano recuperate e messe a posto con il rigattiere che non capisce. Passerà dal sostegno alla Lega a quello a Più Europa: può sembrare un paradosso, ma non lo è. Daverio era un europeista delle identità, un glocal. Napoleone e Churchill — del quale imitava la posa con il sigaro — erano i suoi idoli laici.

 

Nel ‘99, ormai noto, lo chiamano in tv: «Art’è» sui Raitre, poi «Art.tù», quindi «Passpartout» (su YouTube, canale Officina Daverio, si possono vedere episodi della prima stagione), seguito da «Il Capitale»: lui era di sinistra, forse, come tutta la sua generazione. La cosa che più detesta sono le mostre di cassetta sugli Impressionisti: «Gli impressionisti e il fiume, Gli impressionisti e la neve… perché non anche Gli impressionisti e la maionese? Una mostra non dovrebbe essere un luogo di consumo, ma di ricerca».

DAVERIO

 

Nel 2008, un mio solito libro erudito scaccia-lettori (una biografia di Giovan Battista Piranesi edito da Bompiani) partecipa al Premio Campiello e arriva, sorprendentemente, in cinquina. Scopro che in giuria c’è lui e in quell’estate ci vediamo spesso perché si deve fare un tour (terribile) degli autori. Una volta siamo sul pontile davanti a Ca’ Giustinian a Venezia, mi prende sottobraccio e mi dice: «Non sperare di vincere». È l’amichettismo al contrario: mi lascia intendere che ci sono altre logiche. Il mio libro vincerà il Premio Selezione Campiello, la serata finale andrà a Margaret Mazzantini.

 

DAVERIO 1

Nella sua casa aveva molti pianoforti e amava suonare Mozart. Tanto che la Regione Lombardia lo nomina nel Consiglio di amministrazione della Scala e lui recita in teatro nella parte del narratore Njegus nell’operetta «Die lustige Witwe» («La vedova allegra») di Franz Lehár. Scherzando ripete: «L’Italia non è un Paese fondato sul lavoro, ma sul melodramma». La sera della prima un sacco di gente è lì per lui, che in realtà deve recitare due parole.

 

Nel 2011, in concomitanza con i festeggiamenti per il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia fonda il movimento d’opinione «Save Italy» che si propone di sensibilizzare i cittadini alla salvaguardia dell’eredità culturale dell’Italia: contribuirà a far abbandonare il progetto per una discarica di fianco a Villa Adriana. Quando nel 2016, per non mettere a disagio il presidente dell’Iran Hassan Rohani il Governo italiano (Renzi) decide di nascondere i nudi delle statue greche e romane dei Musei Capitolini scrive un post di fuoco: «Le cortesie della diplomazia vanno rispettate, ma devono altrettanto avere un limite e questo può essere solamente quello di non fare concessioni che implichino una auto-umiliazione o una offesa alla propria cultura».

ROBERTO D'AGOSTINO PHILIPPE DAVERIO

 

Carico di notorietà diventa collaboratore di molti giornali e cura iniziative d’arte legate al «Corriere della Sera»: sa benissimo che saranno recensite sul quotidiano tuttavia telefona sempre per ringraziare e commentare. Diventa direttore di «Art Dossier» e docente a Palermo nel 2016 per «chiara fama». Esordio: «Palermo è una città naturalmente splendida, che ha una forte inclinazione verso il degrado». Sugli esami universitari, quando ne parliamo, siamo completamente d’accordo: «Negli esami all’università si capisce subito se uno c’è oppure proprio non c’è: basta annusare». Dopo due minuti potresti dare il voto, il resto è teatro. I neoborbonici se la prendono con lui perché elegge come borgo più bello d’Italia Bobbio e non Palazzolo Acreide. Si stufa e sbotta: «Ho paura dei siciliani, l’intimidazione è nelle loro tradizioni, sono convinti di essere il centro del mondo».

PHILIPPE DAVERIO E LA MOGLIE ELENA GREGORI

 

(...)

 

Curioso doc, amava l’universalismo della cultura digitale mentre sprezzava i social. Geniale come il Barocco, Daverio fu ricciolo e scienza insieme, un po’ Giovan Battista Marino e un po’ Keplero. Ricevette il Toson d’oro e fu sinceramente gratificato dalla Lègion d’Honneur che gli concesse la Francia.

philippe daveriophilippe daverio al tg2 post 2philippe daverio la moglie elena e francesco micheliPHILIPPE DAVERIO - HO FINALMENTE CAPITO L ITALIAPHILIPPE DAVERIOludina barzini philippe daveriol eleganza di philippe daverio (3)l eleganza di philippe daverio (2)DAVERIO PHILIPPE DAVERIO

Ultimi Dagoreport

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…