SCELTA DI "CAMP" – UNA MOSTRA A NEW YORK SU QUELLA "SENSIBILITA'" PER IL GUSTO DELL'ESAGERAZIONE E DELLO STRAVAGANTE MESSA IN CIRCOLO DAI GAY A PARTIRE DAGLI ANNI '60 - QUALCHE ESEMPIO? DAVID BOWIE NEI PANNI DI 'ZIGGY STARDUST' E L'ARTE BAROCCA, MOZART E LA CARRÀ; ELTON JOHN E CLEOPATRA, TRUMP E IL TRIONFO DELLO STILE ERMAFRODITA - IL DIVINO QUIRINO CONTI: "IN PRINCIPIO FU IL RE SOLE…"

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Serena Tibaldi per la Repubblica

 

camp camp

D avid Bowie nei panni di Ziggy Stardust e l' arte barocca sono camp.

Lo sono Mozart, i romanzi gotici e Raffaella Carrà; Elton John (di cui con un gran tempismo il 29 maggio esce il biopic Rocketman), Cleopatra, la Factory di Andy Warhol, gli influencer e ovviamente le drag queen. Elisabetta I con il volto bianco gesso e gli abiti- scultura, Versailles e il cerimoniale cattolico sono camp, come pure l' estetica gender- fluid di Gucci, le creazioni inverosimili di Thierry Mugler e lo humour di Moschino. Donald Trump è camp. Lo è da quando è diventato un' icona pop grazie ai capelli cotonati, la penthouse tamarra sulla Trump Tower e il reality show, e lo è ancora di più da presidente eletto grazie a una campagna incentrata sull' eccesso senza scrupoli.

camp gucci camp gucci

 

È il 1964 quando Susan Sontag con il saggio Notes on Camp, codifica il fenomeno: per l' autrice il camp è la passione per l' esagerazione e lo stravagante. Serve a rileggere il passato e a esprimere se stessi; è un linguaggio da iniziati, che permette a chi ne coglie la consapevole artificialità di distinguersi dalla massa. È lo strumento per eccellenza degli omosessuali, e infatti il testo è dedicato a Oscar Wilde: in un mondo che li odia e li teme, questa è l' affermazione delle loro capacità intellettuali.

trump trump

 

Il camp è parte della cultura contemporanea, che lo si conosca o meno, e la sua ironica e festosa esaltazione del "troppo" la si ritrova in molti aspetti della società. È stato perciò fondamentale, ma qual è il suo ruolo oggi? È a questo interrogativo che pare voler rispondere l' annuale mostra di moda organizzata a New York dal Costume Institute del Met Museum; s' intitola " Camp: Notes on Fashion", e sul peso dell' evento non si discute: quella dello scorso anno sull' estetica cattolica ha avuto un milione e 659 mila visitatori ( per inciso, il selfie che il maestro del coro vaticano s' è fatto al gala con Rihanna vestita da papa è un ottimo esempio di camp). Eventi del genere hanno un pubblico assai vasto, dunque il messaggio che se ne trae è molto importante. « Il camp è uno strumento per capire meglio il nostro tempo » , dice Fabio Cleto, docente di storia culturale all' università di Bergamo e autore della prefazione al catalogo della mostra. « È radicato nella scorrettezza politica, nell' infrangere tabù e stereotipi urlando ciò che non si può dire e portando alla luce i limiti della classe dirigente».

 

« Inteso come pensiero autonomo per esprimere la visione che si ha di sé, è sinonimo di libertà», gli fa eco Alessandro Michele, il direttore creativo di Gucci ( partner dell' evento) che sullo stile al di fuori dei canoni ci ha costruito un impero. « Vuol dire essere diversi, e farlo con leggerezza e ironia. In questo la moda rivela tutta la sua forza politica: basta ciò che si indossa per affermare certi principi.

bowie bowie

Mi ricordo quando, da ragazzino, ogni mattina affrontavo i miei coetanei vestito come io volevo, incurante delle loro reazioni. E mia madre mi chiedeva perché, almeno per una volta, non lasciassi perdere e mi vestissi " normalmente". Mai fatto: era esaltante comunicare chi ero con una tale forza » . Ha ragione, l' universalità della moda è perfetta per amplificare l' impatto del camp.

thierry mugler thierry mugler

Ecco perché la mostra parte dai vestiti, per poi andare oltre.

 

« Quello che si racconta qui è come e perché un concetto nato per andare contro il sistema sia diventato un fenomeno di massa », spiega Andrew Bolton, curatore del Costume Institute: l' idea nasce da una sua conversazione con Rei Kawakubo, stilista- vate di Comme des Garçons, cui il museo ha dedicato l' esposizione del 2017.

Lei sul tema ci ha costruito la collezione a/i 2018, lui la mostra. «Sono il linguaggio e la semantica a interessarci, oggi più che mai. Il camp ha avuto il suo boom di popolarità negli Usa negli anni Ottanta, in reazione all' ondata di conservatorismo causata dalla presidenza Reagan: è stato un' ottima arma in mano all' opposizione, ed è naturale paragonare quegli anni a cosa sta succedendo oggi, non solo in America ».

stile camp mostra notes on fashion stile camp mostra notes on fashion

 

Il messaggio dunque è che pochi momenti chiamano all' azione come quelli che stiamo vivendo: così Trump - con tutto il suo immaginario - da soggetto camp diventa bersaglio. Anche perché non si deve dimenticare che qui tutto parte dalla contestazione del potere. « Sicuramente la sua ascesa ha creato la necessità di capirne le ragioni per opporvisi», aggiunge Cleto, «però certe demistificazioni, dandogli rilevanza, di fatto "convalidano" ciò che criticano. Il camp mette sì in ridicolo, ma facendolo consolida l' oggetto della sua derisione. Sono effetti collaterali con cui bisogna fare i conti».Anche quando si ride e si scherza.

 

Quirino Conti Quirino Conti

 

MA IN PRINCIPIO FU IL RE SOLE

Quirino Conti per la Repubblica

 

Dopo la grossolana mostra sugli apparati religiosi cattolici dello scorso anno, non poteva che finire così: sempre al Met, con un secondo tempo altrettanto deliberatamente e consapevolmente kitsch, ovvero "Camp: Notes on Fashion". Prevedibilmente, con nuovi record di visitatori e smodata esaltazione sul tema che, sviscerato da Andrew Bolton, si sviluppa in un bizzarro percorso espositivo sulle tracce di un saggio di Susan Sontag ( Notes on Camp, 1964), ritenendolo in perfetta assonanza con l' attuale stagione estetica ("ironia, umorismo, parodia, pastiche, teatralità, stravaganza, nostalgia ed esagerazione"). In una specie di travestitismo generale che, sotto questo termine di complessa origine, comprende atteggiamenti rintracciabili fin nelle pose autocelebrative del Re Sole e nell' elaborato protocollo della sua corte a Versailles. Vere e proprie imprese campy.

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Per non smarrirsi nell' incertezza di una meta, sarà bene pertanto ripercorrere velocemente i punti cardinali indicati dalla Sontag nelle sue annotazioni. In estrema sintesi, camp come cancellazione della moralità formale e neutralizzazione dell' indignazione in favore dello scherzo: dunque, quel certo genere a noi noto come il giocoso ridanciano-televisivo alla Arbore? Forse, ma non solo, perché anche amore per l' innaturale, l' artificio, l' eccesso e il promiscuo. Insomma, una "sensibilità" caratterizzata dell' elemento parodistico che - in una relazione sentimentale con il passato - tramuta il serio in frivolo, in disimpegno e spoliticizzazione.

katy perry katy perry

 

Qualche esempio? Oscar Wilde, anzitutto, quindi Cocteau ma non Gide, Strauss ma non Wagner, l' Art Nouveau, Gaudí, il romanzo gotico e le chinoiseries, le lampade Tiffany, i disegni di Beardsley, Il lago dei cigni, King Kong, i film nudisti, Mae West e Gina Lollobrigida, Steve Reeves, il cinema epico, "l' ossessionante vuoto androgino dietro la bellezza perfetta" della Garbo, Cecil B. DeMille, la retorica glorificante di De Gaulle.

carra carra

 

Ma soprattutto, "il trionfo dello stile ermafrodita". Rifiutando la distanza tra bello e brutto, con un appassionato culto per il volgare: bello perché orribile.

E prevedendo per la prossima estate un aggiornamento del vecchio "cos' è di destra, cosa di sinistra" in un tormentato "è camp o non è camp?".

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