coronavirus cervello

COVID, SE IL DANNO PIU’ GRAVE NON FOSSE AI POLMONI MA AL CERVELLO? - REMUZZI PONE L’ACCENTO SUGLI ALTRI EFFETTI CHE COLPISCONO GLI AMMALATI: CONVULSIONI, DIFFICOLTA’ A MUOVERE GLI ARTI, CONFUSIONE. TUTTI SEGNI DI SOFFERENZA NEUROLOGICA. ANCHE LA PERDITA DELL’OLFATTO NE E’ UNA PROVA. MA COME CI ARRIVA IL VIRUS ALLA TESTA? GRAZIE ALLA PORTA D’INGRESSO DELLA MUCOSA OLFATTIVA. E ALLORA VA TROVATO IL MODO DI PROTEGGERLA. MA NON È L'UNICA…

Giuseppe Remuzzi per “La Lettura - Corriere della Sera

 

giuseppe remuzzi

Se vi dovesse mai capitare (speriamo di no) di trovarvi in una terapia intensiva con ammalati di Covid-19 vi accorgereste immediatamente delle difficoltà respiratorie più o meno gravi di molti di loro, ma sareste certamente colpiti dal fatto di vedere ammalati - 2 o 3 su 10 - con convulsioni, difficoltà a muovere gli arti oppure decisamente confusi, insomma con segni di sofferenza del cervello. E ne vedreste altri con problemi al cuore o ai reni.

 

Insomma, mentre all'inizio si pensava che la polmonite bilaterale fosse «il» problema della malattia che ormai tutti chiamano Covid-19, con il passare delle settimane si è capito che il virus Sars-CoV-2 danneggia certamente l'interstizio polmonare, per lo meno nei casi più gravi, ma poi attacca molti altri organi del nostro corpo: il cuore, i vasi sanguigni, il rene, l'intestino e, appunto, il cervello.

 

coronavirus cervello

Una sensazione tanto particolare quanto spiacevole che vi potrà confermare chi ha avuto l'avventura di ammalarsi è la perdita dell'olfatto. In termini tecnici si definisce anosmia, succede a uno su tre di chi ha contratto Covid-19, ma è un aspetto così peculiare di questa malattia, che se uno perde improvvisamente l'olfatto è bene che non esca di casa per qualche giorno, e prenda tutte le precauzioni del caso, anche prima del risultato del tampone.

 

La ragione dell'anosmia non è chiara e non è nemmeno legata alla gravità della malattia, a qualcuno capita come sintomo isolato, perde l'olfatto e poi non succede più niente, altri perdono l'olfatto in associazione ad altre manifestazioni della malattia che possono essere anche gravi.

coronavirus cervello 5

 

E poi? La maggior parte di loro - una volta guariti - riprendono abbastanza in fretta la capacità di apprezzare distintamente i profumi e avvertire gli odori, ma questo non si applica a tutti purtroppo.

 

Poi ci sono sempre più pazienti che oltre a perdere l'olfatto e il gusto, hanno mal di testa, spossatezza o nausea. Sembrava abbastanza chiaro a molti medici che tutto questo fosse dovuto al fatto che il virus dai polmoni va al sangue e poi riesce a raggiungere diversi altri organi, trasportato eventualmente da certe cellule del nostro sistema immune, ma se e come il virus possa invadere le cellule del cervello e una volta lì dare le manifestazioni più o meno gravi che abbiamo visto, è ancora controverso.

 

coronavirus cervello 4

Fra l'altro, sempre riguardo all'interessamento del sistema nervoso centrale, va ricordato che i disturbi neurologici in certi casi possono protrarsi a lungo, fin quando è stato possibile seguire questi pazienti a partire dalle prime manifestazioni della malattia.

 

A dire il vero nel fluido cerebrospinale tracce di Rna virale ne sono state trovate, e del resto era già ben noto il potenziale neurotossico di altri coronavirus che assomigliano a Sars-CoV-2, quello della sindrome respiratoria del Medio Oriente, per esempio.

 

coronavirus cervello 3

Per cercare di capire come arrivino al cervello questi virus, vale la pena di ricordare che per entrare nelle nostre cellule Sars-CoV-2 ha quasi sempre bisogno di un recettore, proprio come una chiave per entrare nella sua serratura e quel recettore è ormai conosciuto anche dal grande pubblico come Ace2.

 

Ne serve però un altro che in un certo senso aiuta la chiave del virus (quella che i medici chiamano spike protein) ad adattarsi alla serratura. Di questi recettori ce ne sono nel naso sia dei topi che dell'uomo, anche in condizioni normali. Quello che non si sa è che cosa succede di questi recettori in una condizione di infiammazione, come succede quando ci si ammala di questo Covid-19.

 

coronavirus ospedale di varese 1

Con queste poche informazioni, ma con l'idea che si trattava di trovare la porta di ingresso del virus per arrivare al cervello, ricercatori di Göttingen e di Berlino si sono chiesti se non fosse per caso che Sars-CoV-2 entrava attraverso l'interfaccia con le cellule nervose che si incontra nella mucosa olfattiva del naso. Il primo risultato in cui si sono imbattuti è stato molto chiaro: la mucosa olfattiva in chi si ammala ha una carica virale molto alta. Molto di più di quanto si trovi nelle altre strutture neuroanatomiche che sono connesse al cervello, come gli occhi e la bocca per esempio.

 

coronavirus paziente all ospedale san filippo neri di roma

A questo punto si trattava di capire se nella mucosa olfattiva si riuscivano a trovare particelle virali intatte; anche questo è stato fatto e se ne sono trovate anche dentro le cellule nervose, fino all'epitelio che le circonda. Per essere sicuri di questo ci volevano delle immagini al microscopio elettronico di altissima qualità ed è proprio quello che si è riusciti a ottenere.

 

Basta questo per dire che il virus utilizza la mucosa olfattiva come porta d'ingresso nel cervello? Sembra proprio di sì, perché una volta raggiunta la mucosa olfattiva il virus usa prima i recettori per entrare nelle cellule e poi sfrutta le connessioni neuroanatomiche (per esempio i nervi olfattori) che dalla mucosa del naso si proiettano nel cervello, per invaderlo, in un certo senso.

 

CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA

A quel punto la presenza di Sars-CoV-2 nel cervello si traduce in una risposta infiammatoria mediata da certe cellule che i medici chiamano mieloidi, proprio come avviene nel polmone. E proprio come nel polmone in qualcuno dei casi studiati finora dai ricercatori tedeschi all'infiammazione possono seguire fenomeni tromboembolici - vuol dire l'ostruzione di un piccolo vaso sanguigno da parte di un coagulo - e a seconda di dove si trova questo coagulo le manifestazioni di malattia possono essere molto diverse e avere un impatto persino sulle funzioni dei centri che controllano il respiro.

 

coronavirus terapia intensiva roma

Questo si aggiungerebbe al danno diretto del virus sui polmoni, che compromette già di per sé la funzione respiratoria. A questo punto va precisato che trovare contemporaneamente Rna virali o addirittura particelle virali intere sia nel bulbo olfattivo che nei neuroni che arrivano al cervello è comunque molto difficile, dipende dalla durata dell'infezione, che a sua volta condiziona la carica virale, dal momento in cui si studia questo fenomeno, e non va trascurata la possibilità che molte cellule nervose, una volta infettate dal virus, possano deteriorarsi e morire; a quel punto il virus non lo si trova più.

 

terapia intensiva coronavirus

Va anche detto, a onore di verità, ma un po' anche per non spaventare chi ci legge, che i pazienti studiati dai medici tedeschi avevano una malattia molto grave e questo succede in un numero relativamente limitato di casi, che non sempre comunque hanno un esito infausto.

 

È possibile che in misura minore questo fenomeno si manifesti anche in chi non ha una malattia così grave, che in casi molto più rari, oltre alla perdita dell'olfatto, dà comunque problemi neurologici, difficoltà a concentrarsi per esempio o affaticamento e dolori muscolari che possono persistere per un bel po'.

 

Quella della mucosa olfattiva è probabilmente la porta d'ingresso più frequente e la più facile per Sars-CoV-2 per raggiungere il cervello; ma non è l'unica. Ci sono altre vie: i vasi sanguigni per esempio, e questo lo si è capito perché il virus è stato trovato anche in aree che non hanno una diretta connessione con la mucosa olfattoria, come per esempio il cervelletto.

 

coronavirus, la terapia intensiva di un ospedale di new york 7

Qui il virus arriva probabilmente proprio attraverso il sangue trasportato dai globuli bianchi, un po' come succede con altre malattie virali, dall'herpes alla rabbia. Tutto questo ci aiuta a capire la meccanica del danno neurologico, ma apre prospettive di ricerca affascinanti e con enormi potenzialità sul piano della cura: per evitare i danni al cervello, che possono essere anche molto gravi, va trovato il modo di proteggere la mucosa del naso (e sono certo che ci riusciremo).

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