generali leonardo del vecchio alberto nagel philippe donnet francesco gaetano caltagirone

ALBERTO NAGEL AL BIVIO: ACCORDO O GUERRA – FINORA MEDIOBANCA, PRIMA AZIONISTA DI GENERALI COL 13%, HA PREFERITO EVITARE IL CONFRONTO DIRETTO CON DEL VECCHIO E CALTAGIRONE CHE VOGLIONO LA TESTA DI DONNET, PREFERENDO RICONDURRE QUALUNQUE TRATTATIVA DENTRO IL CONSIGLIO DOVE LE POSIZIONI DEI DUE IMPRENDITORI SONO MINORITARIE. LO SCENARIO DI UNA LISTA DEL CDA A COLPI DI MAGGIORANZA DAREBBE FUOCO ALLE POLVERI DEI DUE ARZILLI VECCHIETTI…

Francesco Spini per "la Stampa"

CALTAGIRONE NAGEL GALATERI

 

Comincerà alle 16 e 30 e andrà avanti a oltranza. È una riunione informale, quella dei consiglieri non esecutivi delle Generali convocata per oggi, e pure inusuale. Rischia di diventare una prima resa dei conti dopo l'ufficializzazione, deflagrata sabato, del patto di consultazione tra il secondo e terzo azionista del Leone - Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio - sui futuri vertici di Trieste.

 

Alla riunione di oggi sono tutti convocati (a distanza), meno uno: l'ad Philippe Donnet. Perché proprio di lui si parlerà in vista del cda, quello sì ufficiale, del 27 settembre dove si deciderà se proseguire o meno nel redigere una «lista del consiglio» in vista del rinnovo di primavera.

 

LEONARDO DEL VECCHIO NAGEL

I due soci privati, nel loro accordo, prevedono che i contatti tra loro saranno tesi a «ponderare i rispettivi autonomi interessi rispetto a una più profittevole ed efficace gestione di Assicurazioni Generali». Più di quanto, insomma, non sia stata portata avanti da Philippe Donnet rispetto a cui l'Ingegnere capitolino e il Cavaliere di Agordo (che hanno rispettivamente il 5,95% e il 5% del Leone) vogliono discontinuità.

 

Invece per via dei risultati riportati, per avere in sostanza centrato gli obiettivi di due piani strategici votati all'unanimità, la maggioranza del consiglio - con la benedizione implicita di Mediobanca, prima azionista di Trieste col 13% - è dell'idea di riconfermare il manager francese.

PHILIPPE DONNET ALBERTO NAGEL

 

Comporre posizioni tanto distanti non sarà facile. Né basterebbe, come qualcuno ipotizza, proporre di affiancare a Donnet un direttore generale che possa andare bene anche ai soci privati dissenzienti: la proposta arriverebbe fuori tempo massimo rispetto a richieste in tal senso che nel tempo si sono ripetute.

 

Un dg, o qualche consigliere in più, sarebbe un risultato minimo dopo l'ultimatum rappresentato dal patto che richiede, nei fatti, un confronto più complessivo sul governo della prima assicurazione del Paese che, tra l'altro, gestisce 670 miliardi di attività inclusa una fetta non trascurabile del debito pubblico italiano.

caltagirone donnet

 

Finora Mediobanca ha preferito evitare il confronto diretto con i due imprenditori, peraltro pure suoi grandi azionisti con Del Vecchio al 19% e Caltagirone al 3 con vista sul 5%. Ma ha preferito ricondurre qualunque trattativa dentro il consiglio - considerato il luogo composizione degli interessi di tutti gli azionisti - dove però le posizioni dei due imprenditori sono allo stato minoritarie. Si rischia così, anche nella riunione di oggi, il nulla di fatto.

 

Lo scenario di una lista del cda a colpi di maggioranza è un'opzione giuridicamente possibile, ma darebbe fuoco alle polveri: i pattisti la considererebbero solo una lista espressione di Alberto Nagel, per perpetuare il dominio di Mediobanca sulla compagnia senza un confronto con i suoi soci.

LEONARDO DEL VECCHIO NAGEL

 

In Borsa, mentre gli analisti sostengono in larga parte il lavoro di Donnet (che Institutional Investor pone al secondo posto nella categoria "miglior ad", dietro a Oliver Baete di Allianz) il titolo del Leone sale dell'1,26%, confermando così la tendenza degli acquisti che con poche interruzioni vanno avanti da luglio: per lo più piccole quote da parte di azionisti pronti a partecipare alla possibile battaglia di primavera, che ancora però le diplomazie cercano di evitare.

 

I pattisti, nell'attesa, si sono tutelati dal rischio che un semplice accordo di consultazione possa sfociare in un'Opa obbligatoria. Nelle otto pagine del Patto le parti, segnala l'agenzia Radiocor, «si impegnano a tenersi reciprocamente informate» e «a fare tutto quanto necessario affinché non sorgano in capo alle parti, congiuntamente o disgiuntamente, l'obbligo di lanciare un'Opa su azioni Generali».

 

Alberto Nagel Caltagirone

E si impegnano a mantenersi reciprocamente «manlevati e indenni da qualsiasi danno, di qualsiasi natura» sia sorto nel vigore del Patto per la violazione dello stesso. Il patto, inoltre è «aperto a eventuali altri azionisti di Generali» ma «con il consenso di entrambe le parti» e a condizione che la loro sottoscrizione del Patto stesso non faccia sorgere un obbligo d'Opa.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…