BARI ALLA POPOLARE DI BARI – SEQUESTRATI 16 MILIONI ALL’EX CONDIRETTORE GIANLUCA JACOBINI E A DUE MANAGER: AVREBBERO CONCESSO FINANZIAMENTI A GRANDI CLIENTI DELLA BANCA, “DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE UTILIZZATI PER L’ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE, COMPLESSIVAMENTE INCIDENTI SUI FONDI PROPRI DELLA BANCA, IN NEGATIVO, PER 48,9 MILIONI DI EURO” – VUOI VEDERE CHE ALLA FINE SPUNTERÀ DI NUOVO CATALDO PICCARRETA?

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Michelangelo Borrillo per Corriere.it

banca popolare di bari 4 banca popolare di bari 4

 

Nella vicenda della Banca popolare di Bari arriva il momento dei sequestri ai manager, per complessivi 16 milioni. Gianluca Jacobini, ex condirettore della PopBari, Giuseppe Marella e Nicola Loperfido, responsabili dell’Internal Audit e della Direzione business dell’istituto, commissariato nel dicembre 2019 dalla Banca d’Italia, sono accusati di ostacolo alla vigilanza (Jacobini anche di false comunicazioni sociali).

 

In particolare avrebbero concesso finanziamenti a grandi clienti della banca, «direttamente o indirettamente utilizzati per l’acquisto di azioni proprie, complessivamente incidenti sui fondi propri della banca, in negativo, per 48,9 milioni di euro».

MARCO JACOBINI CON IL FIGLIO GIANLUCA MARCO JACOBINI CON IL FIGLIO GIANLUCA BANCA POPOLARE DI BARI BANCA POPOLARE DI BARI

 

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Ma — secondo l’accusa — nel bilancio e nel patrimonio di vigilanza, che garantisce la solidità della stessa banca, non avrebbero dovuto inserire il valore di queste azioni perché, semplificando, non si tratta di soldi nuovi ma di fondi della banca stessa. Invece lo avrebbero fatto, nascondendolo alla Banca d’Italia, e cioè comunicando, per il quarto trimestre del 2015, un ammontare dei fondi della Popolare di Bari «non corrispondente al vero», «sovrastimato».

 

gianluca jacobini gianluca jacobini

La trasformazione in Spa

Per questo, su disposizione della magistratura barese sono stati sequestrati beni per 16 milioni nei confronti dei tre manager: 4,9 milioni a Jacobini, 4,9 milioni a Marella e 6,1 milioni a Loperfido.

 

Stando alle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dai sostituti Savina Toscani e Federico Perrone Capano, gli indagati Jacobini e Marella sono indagati anche nell’inchiesta per falso in bilancio e falso in prospetto che il 31 gennaio scorso ha portato all’arresto degli ex amministratori della banca, tra i quali Gianluca Jacobini e suo padre Marco, ex presidente, entrambi tuttora agli arresti domiciliari.

 

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Nel corso degli approfondimenti investigativi sono state rilevate gravi irregolarità dei dirigenti dell’Istituto di credito, finalizzate a rappresentare una situazione economico-finanziaria e patrimoniale non veritiera, in occasione dell’ispezione della Banca d’Italia — avviata a giugno 2016 e conclusa nel mese di novembre 2016 — in vista della trasformazione della natura giuridica dell’Istituto da società cooperativa a responsabilità limitata in società per azioni.

 

Gli stessi dirigenti avrebbero infatti dolosamente posto in essere comportamenti ostruzionistici, occultando agli ispettori di Bankitalia alcuni fascicoli di clienti e alterando alcune informazioni, al fine di evitare che emergessero posizioni tali da determinare per la banca l’obbligo di apportare rettifiche ai cosiddetti «fondi propri».

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Le operazioni «baciate»

In pratica i sequestri sono conseguenza di operazioni cosiddette «baciate». «Le operazioni baciate — spiega il gip Francesco Mattiace nel decreto di sequestro — sono finanziamenti, spesso offerti a tassi di interesse più vantaggiosi, erogati da una banca a un cliente a patto che questi acquisti azioni della banca stessa.

 

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La concessione di un finanziamento da parte di una banca in correlazione con l’acquisto di sue azioni sovrastimerebbe il capitale, dando ai terzi una visione di solidità che non corrisponde a quella reale». A questi clienti, inoltre, sarebbero stati fatti sottoscrivere mandati irrevocabili a vendere le azioni e i titoli stessi, «quando l’istituto bancario lo avesse ritenuto “opportuno”, così determinando, di fatto, la destinazione delle azioni (e del relativo controvalore) a garanzia del finanziamento concesso».

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