elizabeth warren mark zuckerberg

DON’T WARREN, BE HAPPY – IL CORTOCIRCUITO DELLA SINISTRA AMERICANA E LA PROPOSTA DELLA CANDIDATA DEM DI FARE UNO SPEZZATINO DELLE AZIENDE DELLA SILICON VALLEY – SEMPRE DIFESE DAI LIBERAL, FINCHÉ NON SI È SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: CHE ZUCKERBERG E GLI ALTRI SONO BRUTALI CAPITALISTI – È POSSIBILE INTERVENIRE DOPO ANNI SENZA REGOLE? FACEBOOK DOVREBBE VENDERE WHATSAPP. E AMAZON…

Federico Rampini per “la Repubblica – Affari & Finanza”

 

elizabeth warren alla convention democratica

Vedremo un giorno lo "spezzatino" della Silicon Valley? È concepibile che i Padroni della Rete vengano smembrati per renderli meno giganteschi, meno dominanti e pericolosi? La storia si ripeterebbe, almeno quella americana. Gli Stati Uniti inventarono l' antitrust alla fine dell' Ottocento, e cominciarono ad applicarlo con durezza nel primo Novecento, contro i "poteri forti" nati dalle rivoluzioni industriali.

 

Di volta in volta furono smembrati, ridimensionati, suddivisi o regolati i gruppi che avevano conquistato posizioni dominanti nelle ferrovie, nelle banche, nel petrolio. Qualcosa di simile avvenne, in epoca molto più recente (gli anni Ottanta) con le telecomunicazioni.

MARK ZUCKERBERG FACEBOOK - VIGNETTA DI FARLEY KATZ SUL NEW YORKER

 

In quel caso l' antitrust ebbe addirittura una funzione di stimolo dell' evoluzione tecnologica, perché non saremmo entrati così velocemente nell' era della telefonia mobile senza la concorrenza generata dallo spezzatino del monopolio telefonico di Ma Bell (l' AT&T originaria, non quella di oggi).

 

Se oggi si torna a parlare di uno spezzatino imposto al settore più ricco e potente dell' economia americana, lo si deve ad una candidata alla nomination democratica per l' elezione presidenziale del 2020. Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts già nota per le sue posizioni vicine a Occupy Wall Street e il suo ruolo nelle riforme delle normative bancarie, ha lanciato la sua campagna con la proposta di ridimensionare i giganti digitali della West Coast.

 

donald trump prende per il culo elizabeth warren sul test del dna

Non è una proposta così radicale come gli smembramenti del passato, però se adottata sarebbe un primo passo in quella direzione. La Warren vorrebbe costringere i Padroni della Rete a dismettere alcune acquisizioni: per esempio Facebook dovrebbe rivendere la messaggeria Whatsapp e il social Instagram, Amazon dovrebbe disfarsi dei supermercati alimentari Whole Foods, Google dovrebbe cedere la società Waze che ha uno dei software più avanzati per le geomappe.

 

Una misura più drastica proposta dalla Warren, sarebbe il divieto di essere al tempo stesso il gestore di una piattaforma di scambi, e un fornitore di merci e servizi sulla stessa piattaforma: in tal caso dovrebbero divorziare Amazon Markteplace e AmazonBasics, quest' ultima essendo una gamma di prodotti venduti online dallo stesso gigante che gestisce la piazza virtuale del mercato.

 

Sono proposte tutto sommato moderate (la stessa Warren ne avanza di ben più radicali sulla sanità o le tasse), e perfino in questa versione abbastanza soft non è detto che andranno in porto. Bastano però a segnalare un cambio di clima verso i Padroni della Rete: dall' idolatrìa all' ostilità. Questa svolta viene riassunta con efficacia da un' osservatrice brillante dell' economia americana, Catherine Rampell, sul Washington Post, in un articolo intitolato "Fixes to Big Tech are vulnerable to human error".

google evasione fiscale

 

La Rampell ricorda l' aureola mitica che aveva circondato la Silicon Valley fino a un' epoca recente. "Non molto tempo fa - scrive - il settore tecnologico era il gioiello della corona nell' economia americana, un' industria dinamica che gli altri settori invidiavano, e che le altre nazioni sognavano disperatamente di emulare".

 

Questo si rifletteva anche nel prestigio fra le nuove generazioni: i giovani neolaureti più brillanti accorrevano nella Silicon Valley "per realizzare grandi sogni, evolversi rapidamente, sfasciare lo status quo, con innovazioni dirompenti". I talenti più brillanti usciti dalle università consideravano che andare a lavorare per la finanza di Wall Street equivaleva a "vendersi", mentre andare da Google, Facebook, Apple, Netflix, significava "migliorare il mondo".

 

mark zuckerberg e la capra 3

La Rampell non è tenera verso il ruolo della stampa in questa "adorazione delle tecnologie", definisce i media "servili fino alla parodia" nei confronti dei giganti tecnologici. Idem per ciò che riguarda Hollywood: cinema e serie televisive hanno contribuito alla leggenda. Poi c' è naturalmente il servilismo dei politici. Anche questa è una storia nota, che io racconto dai tempi in cui scrissi "Rete Padrona" (Feltrinelli) fino all' ultimo "La notte della sinistra" (Mondadori).

 

Per la destra repubblicana ha sempre prevalso il pregiudizio pro-business, l' ideologia neoliberista per cui le aziende hanno sempre ragione. Pur senza avere una particolare affinità ideologica con i capitalisti della Silicon Valley, tuttavia i repubblicani hanno dichiarato guerra all' antitrust fin dai tempi di Ronald Reagan. I diritti dei consumatori sono stati retrocessi da decenni, in molti settori.

BILL GATES BILL CLINTON

 

È a sinistra però che la subalternità verso Internet ha assunto la piega più imbarazzante.

I democratici infatti si sono lasciati convincere dal Verbo di Google ("don' t do evil"), da Mark Zuckerberg che prometteva di renderci tutti più amici e solidali; prima ancora Bill Clinton aveva condiviso la profezia di Bill Gates secondo cui la circolazione di idee e l' accesso alla conoscenza generati da Internet avrebbero reso il mondo più libero e democratico (nessuno aveva fatto i conti con la Cina).

 

La sinistra si sentiva inoltre in piena sintonia con quelle figure di capitalisti liberal tipici della California, che sui temi valoriali stanno sempre dalla parte giusta: con i diritti dei gay, a favore degli immigrati, ambientalisti, e naturalmente impegnati per la liberalizzazione della marijuana.

elon musk 4

Ciliegina sulla torta, la Silicon Valley progressista ha finanziato generosamente i politici democratici.

 

Questo aveva creato un' impunità totale. Fino allo shock delle elezioni 2016, quando almeno una parte dell' America si è convinta che Facebook e altri social hanno avuto un ruolo cruciale come cavalli di Troia degli hacker russi e hanno contribuito a portare Donald Trump alla Casa Bianca. È da allora che ha avuto inizio una lenta presa di coscienza, sfociata nell' orrore degli ultimi episodi di violenze razziste diffuse e propagande sempre sui social. Improvvisamente la sinistra americana si è accorta di essere andata a letto per anni con Frankestein.

 

La proposta della Warren è la conferma di questo brutale risveglio. In mezzo, ci sono stati anche tanti altri scandali: le ripetute violazioni della nostra privacy da parte di tutti i giganti digitali; le sfacciate elusioni fiscali. Si comincia anche a prendere coscienza - un po' tardi - che il modello economico della Silicon Valley non ha davvero nulla di progressista. Basta passeggiare nel centro direzionale di San Francisco, ridotto a un accampamento di senzatetto, per avere una dimostrazione visiva della realtà: le diseguaglianze crescono fino agli eccessi più estremi, proprio nel cortile dei capitalisti progressisti.

 

GOOGLE DON'T BE EVIL

Improvvisamente i giovani utopisti, nipoti della generazione hippy, hanno gettato la maschera e rivelano ciò che sono veramente: un capitalismo che calpesta le regole, straccia il contratto sociale, trasgredisce i doveri fiscali, concentra le ricchezze a favore di un' oligarchia.

 

Come non bastasse, il Progresso appare sempre meno benefico alla salute degli esseri umani: dall' Organizzazione mondiale della sanità alle Nazioni Unite, dal World Happiness Report allo Human Development Index, si moltiplicano gli allarmi sugli effetti patogeni della nostra dipendenza digitale. L' immunità di cui la Silicon Valley aveva goduto per decenni, potrebbe avere gli anni contati? Resta da vedere se ci sia davvero la forza politica per colpirla, e se i rimedi avanzati siano quelli giusti.

BARACK OBAMA INCONTRA I CAPI DELLA SILICON VALLEY YAHOO TWITTER FACEBOOK MICROSOFT NETFLIX GOOGLE APPLE

 

Le proposte della Warren sono dei palliativi, piccole dismissioni che ridurrebbero marginalmente il perimetro dei colossi digitali. La regolatrice più aggressiva è la vecchia Europa; forse non tanto per meriti suoi ma perché non ha campioni da difendere nel digitale (una sola azienda, la tedesca Sap, è nelle prime venti mondiali del settore).

 

MARGRETE VESTAGER

Va dato atto che dalla webtax al copyright l' Unione Europea sta prendendo misure più severe e coraggiose rispetto a Washington. Tuttavia in certi casi si ha il sospetto che Bruxelles punti soprattutto a "fare cassa" infliggendo multe, comunque mai così pesanti da incidere in modo decisivo sui comportamenti di Google, Amazon, Facebook e compagnia.

 

In altri casi - la normativa sulla privacy - la soluzione europea è malata di perversione burocratica: vedi tutti i "formulari" digitali che ci appaiono online per chiedere il nostro consenso ai cookie, e che siamo costretti a firmare senza neppure leggerli. L' allarme per lo strapotere dei Padroni della Rete sta diffondendosi, ma la terapia giusta per renderli meno nocivi è ancora di là da venire.

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…