ITALIA TELECOM: ALTRO CHE CONCORDIA, LA STORIA DELLA COMPAGNIA TELEFONICA È EMBLEMATICA DEL DECLINO DEL BELPAESE

Alessandro Penati per "La Repubblica"

Oggi si guarda alla prossima scadenza del patto tra gli azionisti di Telco, la holding che controlla Telecom, e al consiglio di amministrazione del 3 ottobre, come all'inizio di una nuova era. Eppure, quindici anni di lenta agonia suggeriscono scetticismo e, forse, rassegnazione.

LA MADRE DI TUTTE LE PRIVATIZZAZIONI
Telecom Italia nasce con la privatizzazione del 1997 voluta dal governo Prodi. E parte con un difetto d'origine: uno Stato dirigista o, ancor peggio, che vorrebbe esserlo, ma non ne è capace. A prescindere dal colore dei governi. Così le privatizzazioni si fanno solo per far cassa e perché lo impone l'ingresso nell'euro. Pertanto Telecom viene collocata come un monopolio integrato, perdendo l'occasione per creare concorrenza in un settore agli albori della liberalizzazione e nella sua fase di massima crescita.

Ma il Tesoro riesce ad incassare 12 miliardi di euro per il 42%, più di quanto oggi valga l'intera società. E si perde l'occasione per promuovere il mercato dei capitali, perché lo Stato vuole pilotare il controllo in mani amiche. Si sceglie l'approccio del nocciolo duro, con Agnelli primo azionista (e un investimento risibile, come d'abitudine) e Guido Rossi presidente.

Per facilitargli il controllo, non si convertono le azioni di risparmio (senza diritto di voto), sopravvissute fino a oggi. Cambiano i vertici: Rossignolo e poi Bernabè (l'attuale presidente, non suo figlio). Ma l'interesse dei nuovi azionisti privati è solo di incassare il dividendo della rendita monopolistica. E l'azienda rimane un pachiderma sonnacchioso e pieno di soldi.

I CAPITANI CORAGGIOSI
L'avvento dell'Euro, nel 1999, elimina la barriera del rischio di cambio, spalancando all'Italia le porte del mercato internazionale dei capitali. Cade così uno dei principali vincoli strutturali alla crescita nel nostro Paese: fino ad allora, il risparmio nazionale era obbligatoriamente incanalato verso il finanziamento del debito pubblico; e poiché il rischio lira scoraggiava l'ingresso degli stranieri, i gruppi italiani dovevano operare in uno stato di razionamento dei capitali, dal quale Mediobanca, che agiva da surrogato al mercato finanziario, traeva la propria forza. Con l'Euro tutto questo finisce.

Colaninno & Co. sono rapidi a sfruttare questa opportunità, e raccogliere all'estero gli ingenti prestiti necessari a lanciare un'Opa su Telecom. Quello che poteva essere l'inizio di un mercato dei capitali efficiente, dove il controllo delle aziende va a chi è più bravo a gestirle, scardinando dirigismo e capitale di relazioni, e permettendo ai gruppi italiani di crescere in competizione con quelli stranieri, si trasforma presto in una cocente delusione: invece di fondere holding e società operative create per scalare Telecom, concentrarsi sulla gestione industriale e ripagare l'enorme debito contratto, i capitani coraggiosi si comportano da vecchi capitalisti nostrani, perpetuando la lunga catena societaria creata con l'Opa per valorizzare il premio di controllo nella holding Bell (lussemburghese, naturalmente).

La preoccupazione resta il controllo, con il minimo dei capitali e il massimo del debito. Ma la bolla della dot.com scoppia, e con essa le valutazioni insensate che il mercato attribuiva alle telecomunicazioni. Per Colaninno & Co. è un brusco risveglio: il valore di Telecom crolla, ma i debiti rimangono; e i creditori bussano alla porta. In Italia, però, c'è sempre qualcuno pronto a strapagare il controllo (coi soldi di banche amiche) pur di soddisfare voglie di impero.

LA VOGLIA DI IMPERO DI TRONCHETTI
Liquido perché baciato dalla fortuna durante la bolla Internet, Tronchetti Provera vede nelle difficoltà dei capitani coraggiosi l'occasione per costruire il proprio impero. Ma l'ambizione acceca. Nel 2001 strapaga il controllo di Telecom; naturalmente il premio va alla Bell (quasi tax free), non al mercato come da italica abitudine. E perpetua gli errori di Colaninno & Co., esercitando il controllo con una catena societaria ancora più lunga (Olimpia al posto di Bell, più Pirelli, Camfin eccetera), e ancora più debito, ovviamente con il sostegno di Intesa e Unicredit, socie in Olimpia.

Poi infila una serie incredibile di errori. Per far fronte ai debiti vende tutte le attività che la Telecom dei capitani coraggiosi aveva acquistato all'estero, in mercati a forte crescita (unica decisione giusta); salvo poi accumularne di più per fondere Tim con Telecom, puntando prevalentemente sulla telefonia mobile in Italia: un mercato in via di saturazione, a bassa crescita e sempre più concorrenziale. E non investe nella banda larga, perdendo il treno di Internet. Così, nel 2006, Tronchetti si trova nella stessa situazione di Colaninno & Co. nel 2001: il valore di Telecom in calo irreversibile; troppo debito; e i creditori alla porta. Ma questa volta non c'è un altro aspirante imperatore in Italia, così Tronchetti cerca di vendere agli americani di AT&T o al messicano Slim. Orrore!

L'OPERAZIONE DI SISTEMA
In Italia, come nel gioco dell'oca, ogni tanto si torna al via. Nel 2006, Prodi è nuovamente al Governo e il sempreverde animo dirigista impone la salvaguardia di una azienda "strategica per il paese". Se però il mercato dei capitali non funziona (meglio, non lo si crea) e l'Europa impedisce allo Stato di intervenire, ci si inventa "l'operazione di sistema". Al comando torna Guido Rossi (quello del 1997), con il compito far uscire indenne Tronchetti e creare un patto per mantenere il controllo in mani italiane.

Ancora una volta, prioritari sono debito, controllo e relazioni con il Governo: le prospettive del settore, e quale sia il modo migliore per valorizzare l'azienda, sono aspetti marginali. Chi allora meglio di Banca Intesa, autoproclamatasi banca di sistema, insieme al salotto buono di Mediobanca e Generali, per un'operazione di sistema gradita al Governo? Con la spagnola Telefonica, comprano il controllo da Olimpia, rinominata Telco (senza che il mercato veda un euro), facendo uscire Tronchetti prima che l'avventura Telecom lo porti al dissesto. E finanziano l'operazione a debito. Nulla cambia nella struttura finanziaria (troppo debito) e proprietaria (controllo in una holding fuori mercato).

Telefonica è straniera, ma non conta: la Spagna ha un capitalismo come il nostro e ci si intende. E poi ha una quota di minoranza. Ma in questo modo le si concede di fatto un diritto di prelazione sul controllo futuro, magari a prezzo di saldo. Infatti sembra che oggi Intesa, Mediobanca e Generali, non potendo più permettersi le perdite che le operazioni di sistema inevitabilmente generano, stiano cercando di vendere a Telefonica la loro quota in Telco (naturalmente fuori mercato); a una frazione di quanto avrebbero incassato cinque anni fa. Come con Air France in Alitalia, o Edf in Edison: le operazioni di sistema non mi sembrano capolavori di astuzia.

LA LENTA AGONIA
Nel 2007, il comando torna a Bernabè (quello del 1998). Da allora sfoglia la margherita. Il debito è rimasto quello di 13 anni prima, ma i ricavi dalla telefonia in Italia, dove l'azienda è concentrata, sono in declino irreversibile e non generano cassa bastante a rimborsarlo. Ci vorrebbe un forte aumento di capitale, ma i soci non hanno soldi. Anzi, vogliono uscire. E, in ogni caso, non si saprebbe come remunerarlo adeguatamente. Non si può vendere Tim per consolidare un mercato nazionale troppo frazionato perché evidenzierebbe una perdita colossale derivante dall'abbattimento del valore dell'avviamento a bilancio.

Vendere il Brasile, che pure è ai massimi, significherebbe fossilizzarsi in un mercato in declino. Non ci sono i soldi per investire nella rete e ci sarebbero problemi a remunerare gli investimenti anche perché la regolamentazione impone di spartirne la redditività con i concorrenti. Né si può venderla, perché la Cassa depositi sarebbe il solo compratore accettabile per il governo: una sorta di nazionalizzazione antistorica e impraticabile; e Telecom perderebbe l'asset con le migliori prospettive. Fare l'azienda a pezzi e offrirli sul mercato globale al migliore offerente, approfittando dell'attuale ondata di fusioni e acquisizioni nel mondo equivarrebbe, nella lingua italiana, a una bestemmia.

IL MORTO CHE CAMMINA
Non capisco la frenetica attesa con cui si attende la fine del patto in Telco a fine settembre e l'ennesimo "nuovo piano industriale" (quanti ne sono stati presentati?) nel consiglio del 3 ottobre. Non può essere risolutivo perché il problema, ancora una volta, non è una questione prettamente finanziaria, di controllo, o di chi sia al vertice; ma di un'azienda priva di prospettive, ancorata a un paese senza crescita, incapace di stare al passo con i rapidi e repentini cambiamenti del settore. Definire Telecom un morto che cammina, ridotto in questo stato da una vicenda che è lo specchio delle storture del Paese, sembra quasi un eufemismo.

 

TELECOM ITALIA jpegguido rossi berlusconi dalema colaninnoGIANNI LETTA PAOLO CUCCIA E MARCO TRONCHETTI PROVERA FRANCO BERNABE AD TELECOM ANDREA RAGNETTI E ROBERTO COLANINNOLUCIANO LAMA E GIANNI AGNELLI GIANNI LETTA TRONCHETTI PROVERA enrico cuccia x agnelli enrico cucciaENRICO CUCCHIANI GIOVANNI BAZOLI

Ultimi Dagoreport

troisi papa leone carocci monda

CIAK! LA MESSA È FINITA: ANDATE IN PACE AL CINEMA "TROISI", COSÌ FATE FELICI IL SUO DOMINUS VALERIO CAROCCI E QUEL DISOCCUPATO A CACCIA DELLA BIENNALE VENEZIANA, ANTONIO MONDA - MENTRE LA SETTIMA ARTE IN ITALIA, SOTTO IL DOMINIO DELL’ARMATA BRANCA-MELONI, STA VIVENDO UNA DELLE SUE FASI PIÙ COMATOSE, TRA SALE VUOTE E “SINISTRI” TAGLI AL TAX-CREDIT DEL MINISTRO GIULI-VO, PAPA LEONE XIV RUGGISCE IN FAVORE DELLE SALE CINEMATOGRAFICHE (MA DA QUANDO IN QUA IL PONTEFICE SI OCCUPA DI RIEMPIRE LE SALE, ANZICHÉ PREOCCUPARSI DI RIEMPIRE LE CHIESE?) - L'UNICO CINEMA CHE BENEFICIA DELLA GLORIA DI PREVOST È IL "TROISI", GESTITO DA CAROCCI CHE, IN DUPLEX CON ANTONIO MONDA, HA CONVINTO IL CARDINALE JOSE' TOLENTINO DE MENDOZA NELLA DIVINA MISSIONE DI ORGANIZZARE AL CINEMA "TROISI" NOVE INCONTRI CON REGISTI E ATTORI INTERNAZIONALI, SOTTO IL PATROCINIO DEL SANTA SEDE - GRATIS? MANCO PER NIENTE. PER ACCEDERE ALLA SALA BISOGNERÀ SBORSARE 8 EURO. E COSÌ SIA - CAROCCI E LA NOTA STAMPA DEL "PICCOLO AMERICA" CHE RILANCIA LE PAROLE DEL PAPA...

pier silvio marina berlusconi marta fascina arcore

FLASH! - COL PRETESTO DI DARE UNA RIVERNICIATINA A VILLA SAN MARTINO (CHE HA SPESE DI MANUTENZIONE E SERVITU’ DI 220 MILA EURO ALL’ANNO), MARINA & PIER SILVIO SONO FINALMENTE RIUSCITI A FAR SLOGGIARE MARTA FASCINA E IL SUO PAPA’ ORAZIO, CHE NON L’ABBANDONA MAI, DALLA REGGIA DI ARCORE - ORA LA VEDOVA MORGANATICA E’ CONFINATA IN UNA DÉPENDANCE DEL VILLONE DI 130 METRI QUADRATI, DOVE PROBABILMENTE ALLA FINE RESTERÀ IMPEGNATISSIMA A CONTARE I 100 MILIONI DI EREDITA’ OTTENUTI DALLA BUONANIMA DI PAPI SILVIO…

ignazio la russa sergio mattarella

FLASH! – PER SOSTENERE I FRATELLINI D’ITALIA CIRIELLI E SANGIULIANO ALLE REGIONALI CAMPANE, SI È SCOMODATO PERSINO IL PRESIDENTE DEL SENATO, IGNAZIO LA RUSSA – CHE LA SECONDA CARICA DELLO STATO FACCIA CAMPAGNA ELETTORALE, FOTTENDOSENE DEL SUO RUOLO ISTITUZIONALE,  NON AVRÀ FATTO PIACERE PER NULLA A SERGIO MATTARELLA – D’ALTRONDE, IL PRESIDENTE LEGHISTA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, LORENZO FONTANA, NON CI PENSA ASSOLUTAMENTE DI SCAPICOLLARSI IN VENETO A SUPPORTO DEL CANDIDATO DEL CARROCCIO, ALBERTO STEFANI…

emanuele filberto di savoia - consulta dei senatori del regno

MONARCHIA UNICA VIA! – SABATO PROSSIMO A PALAZZO BORGHESE DI FIRENZE SI RIUNISCE QUEL CHE RESTA DEI MONARCHICI DE’ NOANTRI, PER LA SERATA DI GALA DELL’ORGANIZZAZIONE “CONSULTA DEI SENATORI DEL REGNO”. OSPITE D’ONORE “SUA ALTEZZA REALE” EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA – NELL’INVITO SONO BEN EVIDENZIALE LE “NOTE DI ETICHETTA”: “È CONSUETUDINE FARE L'INCHINO (C.D. CURTSY) AD UN'ALTEZZA REALE, DINANZI ALLA SUA PERSONA”, “NON È CONSUETUDINE (POICHÉ NON ELEGANTE) UTILIZZARE COSTANTEMENTE I TELEFONI CELLULARI” – AGLI UOMINI È “RICHIESTO IL COSIDDETTO ‘WHITE TIE-CRAVATTA BIANCA’ VALE A DIRE IL ‘FRAC’”. E PER LE DONNE? "È D’UOPO L’ABITO LUNGO. NON SONO AMMESSI..."

camille cheneaux mieli mario draghi

FLASH! - DALLO SPORT ALLA POLITICA, IL PASSO È BREVE. DOPO L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO SILVIA SALIS, UN’ALTRA EX ATLETA SALE ALLA RIBALTA, L’ITALO-SVIZZERA CAMILLE CHENAUX - DOTATA DI UN DOTTORATO DI RICERCA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI, LA NEO-POLITOLOGA HA STREGATO PAOLINO MIELI CHE A OTTOBRE HA PRESENTATO A ROMA IL SUO LIBRO: "CRISI DELLO STATO-NAZIONE E POPULISMI EUROPEI" - IERI È STATA LA VOLTA DI MARIOPIO DRAGHI, PREMIATO ALLA FONDAZIONE PRIMOLI, DI CONOSCERE LA FATALE CAMILLE… - VIDEO

2025croserossa croce rossa

CAFONALISSIMO DELLE “CROCEROSSINE” – CHIAMATE LA CROCE VERDE: AL “CHARITY GALA DINNER” CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE (QUALE?), ORGANIZZATO DALLA CROCE ROSSA, SFILA LA "VIA TRUCIS" DI ROMA GODONA: LA FATALE MARIA ELENA BOSCHI CON ROSSETTO-SANGUE, IN COMPAGNIA DI UN UOMO MISTERIOSO (“È SOLO UN AMICO”), LAURA RAVETTO SMALTATA COME UNA VASCA DA BAGNO, CLAUDIA GERINI IN VERSIONE PIERROT (TRUCCO PALLIDO E OCCHIO SPERDUTO), SIMONA BRANCHETTI IRRICONOSCIBILE. E POI OVVIAMENTE LA PREZZEMOLONA DELLE FESTE ROMANE, CIOCIARE E ISTITUZIONALI: CLAUDIA CONTE, CON SCOLLO PERICOLOSO, CHE SI LANCIA SUL MINISTRO NORDIO PER L’IMMANCABILE SELFIE DA AGGIUNGERE ALLA SUA COLLEZIONE - IL ''SUB-DANDY'' MOLLICONE, LA SEMPRE BOMBASTICA-MILF ELEONORA DANIELE, NICOLETTA ROMANOFF, "E-VIRA" CARBONE, MONICA SETTA, BALZARETTI-ABBAGNATO, I DUE JIMMY (GHIONE E CANGIANO)...