dazi stati uniti cina usa guerra commerciale kamala harris donald trump

KAMALA E DONALD HANNO UN NEMICO COMUNE: IL DRAGONE – HARRIS E TRUMP SONO DIVISI SU TUTTO, L'UNICO PUNTO SU CUI CONCORDANO SONO I DAZI VERSO LA CINA, ACCUSATA DI INVADERE L’ECONOMIA MONDIALE CON PRODOTTI “DOPATI” DA MEGA SUSSIDI PUBBLICI – ENTRAMBI I CANDIDATI PROMETTONO DI RECUPERARE QUOTE DI MERCATO. DIVERSI STUDI ECONOMICI HANNO DIMOSTRATO CHE LA GUERRA COMMERCIALE A PECHINO FINORA NON HA PORTATO NESSUN BENEFICIO ALL’AMERICA MA HA FATTO CRESCERE L'INFLAZIONE…

 

Estratto dell’articolo di Eugenio Occorsio per “Affari & finanza - la Repubblica”

 

DIBATTITO TRUMP HARRIS

[…]  A poche ore dal voto per quelle che sono chiamate «le più importanti elezioni americane della storia» e definite dal New York Times «la scelta fra la democrazia e l’imprevedibile», i manifesti elettorali sono chiusi con tutti i loro contrasti: sanità, immigrazione, Medio Oriente, diritti civili.

 

Su tutto c’è disaccordo, tranne che su un punto dei programmi economici: i dazi verso la Cina, accusata di invadere il mondo con prodotti in dumping frutto di ipertrofici sussidi pubblici. I due candidati evitano di ammettere di essere d’accordo, ma i fatti parlano: «La parola più bella del dizionario è “tariffe doganali” », ha detto Donald Trump giorni fa all’Economic Club di Chicago di fronte a una platea di uomini d’affari che hanno risposto con uno scrosciante applauso. «Bisogna in qualche modo difendersi da un’ondata di concorrenza sleale», ha ammesso a distanza Kamala Harris. […]

 

guerra commerciale stati uniti cina

Il problema è che secondo molti economisti la realtà è diversa, come documenta un crescente numero di studi. La guerra dei dazi con la Cina non porta nessun beneficio all’America, anzi solo danni: «Intanto non è vero che così si ricreano i posti di lavoro persi, viceversa solo da politiche commerciali aperte deriva un duraturo sviluppo per l’America e per il mondo», si legge nel più recente di questi report, datato Novembre 2024 e appena sfornato dall’Aspen Economic Strategy Group.

 

XI JINPING E JOE BIDEN

L’arma spuntata dei dazi tira in alto l’intera filiera dei prezzi sia al consumo che all’ingrosso, con effetti deleteri per l’inflazione. E metà delle merci cinesi interessate (parti elettroniche, prodotti in acciaio e alluminio, meccanica strumentale) riguarda semilavorati cinesi per produzioni Made in Usa, che quindi finiscono con il costare di più. Poi c’è l’ovvia incognita dei contro-dazi imposti dalla Cina. Se l’obiettivo era azzerare il deficit commerciale, questo è sceso nel decennio precedente ma ora ha ricominciato acrescere ampiamente.

 

Lo studio ammette che inizialmente un certo numero di posti in America è stato sacrificato per la concorrenza cinese, soprattutto nella fase d’oro per Pechino degli anni 1999-2011 quando si arrivarono a perdere fino a 90mila posti l’anno: «Ma questi numeri vanno confrontati con il dinamismo del mercato del lavoro negli Stati Uniti, dove in un solo mese cinque milioni di occupati si dimettono per trovare un nuovo posto di solito pagato meglio, di questi in media 350mila nella manifattura».

 

[...]

 

GUERRA DEI DAZI TRA USA E CINA

Trump aprì la guerra commerciale con Pechino nel 2018 con dazi a raffica fra il 7 e il 40%, dalle lavatrici alle auto: «Già all’inizio del 2020, all’alba della crisi Covid, questa politica era costata agli Stati Uniti lo 0,3% di Pil», ricorda lo studio dell’Aspen, coordinato da Michael Strain, direttore dell’Economic Policy Studies all’American Enterprise Institute. I dazi di Trump arrivarono a coinvolgere 300 miliardi di acquisti americani dalla Cina.

 

Biden non ne ha revocato nessuno e anzi è andato ancora più in là, scandagliando le produzioni cinesi installate in Paesi terzi (dal Vietnam al Messico) per verificare il coefficiente di “made inChina”. Peraltro non è sceso l’ammontare di prodotti cinesi comprati dai consumatori americani e così Biden il 21 settembre, in pieno semestre bianco, ha annunciato l’aumento dal 25 al 100% dei dazi sulle auto elettriche cinesi, e poi dal 7,5 al 25% sui prodotti in acciaio e alluminio, il raddoppio al 50% per celle solari e microprocessori (compresi quelli delle batterie).

 

trump harris bacio fake ia

Nulla di esecutivo: spetterà eventualmente a Harris decidere. Ma se bisogna credere alle premesse la continuità con l’amministrazione precedente (di cui faceva parte) sembra garantita, così come Trump, se vincerà, potrà mantenere le sue focose promesse, con dazi immediati del 60% sulle auto e via procedendo.

 

Per uscire dalla trappola autodistruttiva, l’Aspen suggerisce di smetterla con l’ossessione cinese abbandonando i settori obsoleti («è inutile continuare a promettere di riportare indietro i posti persi per colpa della Cina») per concentrarsi su quanto di nuovo offrono in termini occupazionali le nuove tecnologie dove l’America gode di un innegabile primato.

 

guerra commerciale stati uniti cina 3

Con un’eccezione: i chip per le telecomunicazioni tipo Huawei o Hua Hong, che presentano rischi di sicurezza per la possibilità di essere “letti” da remoto e sono stati totalmente vietati da entrambe le precedenti amministrazioni. Su questo nessuno ha da ridire. [...]

Ultimi Dagoreport

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...