LADY AMAZON - MARIANGELA MARSEGLIA, 46ENNE COUNTRY MANAGER PER ITALIA E SPAGNA DEL COLOSSO DI BEZOS: "DAL 2010 AL 2012 NON HO AVUTO NEMMENO UN UFFICIO - NON SAPEVO NULLA DI DIGITALE, HO IMPARATO DA ZERO - QUI CERCHIAMO IL TALENTO PIÙ CHE L’ESPERIENZA - JEFF BEZOS? NON APPARTIENE ALL’OGGI: È L’UOMO DEL FUTURO - I COMMERCIANTI AL DETTAGLIO CI ODIANO? NE ABBIAMO SALVATI A DECINE. E SUI DIRITTI DEI LAVORATORI..."

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Stefano Lorenzetto per www.corriere.it

 

mariangela marseglia mariangela marseglia

Nel 1994, quando la fondò nel garage della sua casa di Seattle, Jeff Bezos avrebbe voluto chiamarla Abracadabra, «ma nella pronuncia americana la parola suonava simile a cadavere, e così ripiegò su Amazon», rievoca Mariangela Marseglia, country manager per Italia e Spagna della principale società di commercio elettronico.

 

Solo che il Rio delle Amazzoni bagna tre Stati, mentre il magnate calvo ha inondato con i suoi prodotti buona parte del pianeta, fino a diventarne il più ricco abitante: il patrimonio personale ammonta a 201,4 miliardi di dollari (stima di Forbes aggiornata al 21 marzo).

 

mariangela marseglia di amazon mariangela marseglia di amazon

Mandata nell’ottobre 2010 alla conquista del nostro Paese, Marseglia fino al 2012 non ha avuto nemmeno un ufficio: «Lavoravo da Parigi con un gruppetto di ragazzi, altri operavano dal Lussemburgo. In tutto eravamo una trentina di persone».

 

Oggi con i suoi 46 anni è la veterana di Amazon Italia, i cui dipendenti hanno un’età media di 32, e può guardare Milano dal giardino pensile della sede di viale Monte Grappa, cioè dall’alto in basso: dà lavoro a 9.500 persone e fattura 4,5 miliardi l’anno.

 

Al primo hub di Castel San Giovanni (Piacenza), ne ha aggiunti due nella zona di Roma, tre in Piemonte, uno in Veneto. Altri tre li inaugurerà entro il 2021.

 

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A selezionare Marseglia fu Diego Piacentini, all’epoca vicepresidente senior e secondo azionista di Amazon dopo Bezos, in seguito chiamato dal governo Renzi a ricoprire pro bono dal 2016 al 2018 il ruolo di commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale. «Cinque colloqui prima d’incontrarlo».

 

E perché assunse proprio lei?

«Non certo per la mia esperienza. Venivo da anni di marketing e fui messa a occuparmi di libri, logistica e acquisti. Credo che avesse intravisto qualcosa nel mio modo di lavorare e di essere».

 

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Lo darei per scontato.

«Qui cerchiamo d’individuare il talento, più che saggiare l’esperienza. Lavorare in Amazon significa ricominciare daccapo. Io non sapevo nulla del digitale, per esempio. Ho imparato da zero».

 

Conosce Jeff Bezos?

«Conoscere è una parola grossa. Ho avuto la fortuna di osservarlo all’opera in vari meeting nell’anno in cui sono stata il braccio destro di Piacentini nel quartier generale di Seattle. L’ultima volta ci siamo visti prima della pandemia».

 

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Che tipo è?

«Non ho mai incontrato una persona più originale e curiosa di lui. Bezos non appartiene all’oggi: è l’uomo del futuro. Non si fa distrarre dal rumore di fondo in cui tutti siamo immersi. Ha obiettivi di lungo periodo e li persegue con pertinacia e capacità straordinarie».

 

Jeff Bezos Washington Post Jeff Bezos Washington Post

Allora perché si sarà comprato il «Washington Post»? Da molti i giornali sono considerati residui del passato.

«Bella domanda. L’informazione di qualità diventerà sempre più importante, secondo me. Il citizen journalism contiene un inganno, a chiunque tenga un telefonino in mano fa credere di essere un giornalista. È la censura nella sua forma moderna: in passato si praticava nascondendo le notizie, oggi moltiplicandole a dismisura, cosicché non riesci più a distinguere il vero dal falso. Bezos ha capito che l’editoria autorevole alla lunga è vincente. Infatti il Washington Post cresce, ha i conti in ordine. E non esita a criticare anche Amazon, glielo assicuro da abbonata all’edizione digitale».

 

Voi vendete merci acquistate all’ingrosso o fungete solo da piattaforma?

«Metà e metà».

 

Chi sceglie quelle da porre in vetrina?

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«Chi le propone. Ci fidiamo. Non ci sono filtri da parte nostra. Purché non si tratti di armi e non siano offensive o blasfeme. Se cogliamo segni di fraudolenza, come potrebbe essere un oggetto made in China spacciato per ceramica artistica di Vietri sul Mare, interveniamo».

 

Non l’avete fatto con «Scoreggia succosa» offerta da Stoked Skills Llc per Alexa, il vostro assistente virtuale.

«Mi pare uno scherzo, non un prodotto. Siamo tolleranti con gli sviluppatori di skill. Farò senz’altro una verifica».

 

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Ma quanti prodotti vende Amazon?

«In Italia siamo arrivati a 250 milioni».

 

Se penso che Bernardo Caprotti sbuffò quando gli chiesi di far arrivare in Esselunga il tonno con la ’nduja: «Ma si rende conto che ho già 27.000 referenze?».

«Caprotti era bravissimo a fatturare il doppio di noi con 150 supermercati».

 

Ora anche voi portate la spesa a domicilio in due ore con Amazon Fresh.

«Solo in due città: Milano, inclusi molti Comuni dell’hinterland, e Roma».

 

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Un’idea che ha collaudato lei, giusto?

«Sì, ero responsabile del servizio Prime Now in Europa. Milano nel 2015 fu la seconda città dopo Londra a sperimentarlo. Oggi vende 20.000 prodotti».

 

Imitate Esselunga con Amazon Go.

«Non proprio. I nostri sono negozi automatizzati, privi di casse. Per il momento ce ne sono due a Londra. Io usavo quello di Seattle. Un’esperienza avveniristica. Entri, ti fai riconoscere con un codice QR, prendi dagli scaffali, esci e in pochi secondi ti arrivano scontrino e addebito in carta di credito sul telefonino».

 

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E se nel conto trovi un articolo in più?

«Contatti il servizio clienti. Ma il sistema non sbaglia mai. È basato su telecamere, computer vision e intelligenza artificiale. Ho provato di proposito a ingannarlo, togliendo i prodotti, rimettendoli nei posti sbagliati. Niente da fare».

 

Ci arriverà anche la concorrenza.

«Sa qual è il bello di Amazon? Dopo aver collaudato una tecnologia, la mette a disposizione. Quindi potremmo venderla anche a Esselunga. Se tutte le aziende che innovano si aprissero, moltiplicherebbero i benefici per l’economia».

 

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Quanto spende il vostro cliente tipo?

«In media acquista uno o due prodotti per ordine e paga intorno ai 30-35 euro».

 

A voi quanto resta?

«Da un minimo del 5 per cento a un massimo del 15, che varia se il rivenditore affida a noi logistica e magazzino».

 

Però intascate 36 euro l’anno dagli abbonati per le consegne in 24-48 ore.

«Amazon Prime prevede anche sottoscrizioni mensili. E comunque regala le spese di spedizione e consente di accedere gratis a film, serie tv e musica».

 

Quanti articoli vendete in un’ora?

«Francamente non glielo so dire. Non siamo così ossessivi nel monitoraggio».

 

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Non vi appassionano le statistiche?

«Tutt’altro, i numeri ci piacciono molto. Ma più per l’input che per l’output».

 

Traduca.

«Vendere tot prodotti al minuto è il risultato. Ma ci arrivi solo se hai lavorato bene a monte. Quindi a me interessa l’esaurimento delle scorte, perché so che a ogni rottura di stock corrisponde una vendita mancata e un introito perso».

 

Se i negozianti delle città organizzassero tante piccole Amazon di prossimità per recapitare la spesa in un’ora con i mototaxi, voi sareste spacciati?

«È già accaduto. Durante il lockdown, il fatturato online delle aziende fisiche è aumentato del 30 per cento. La concorrenza è benvenuta. Le imprese che entro il 2030 non si saranno digitalizzate subiranno un inesorabile declino, dice l’Ue».

 

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Ho letto il suo motto: «Quando c’è la volontà, si trova la strada». Ma non basta voler abitare su Giove per arrivarci.

«Come lei saprà, Jeff Bezos ha fondato Blue Origin, una start up per i voli spaziali. È importante coltivare dei sogni, nutrire delle ambizioni buone».

 

Intanto vi accontentate di consegnare i pacchi sulla terra con i droni.

«Lo stiamo facendo a Cambridge, in forma sperimentale. Ma ci sono limitazioni di peso e di ingombro. È chiaro che non puoi recapitare con il drone un’asse da stiro, anche se è leggera».

 

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Per trasportare un oggetto a Trieste da dove dovrebbe partire il drone?

«Il centro di distribuzione più vicino è Castelguglielmo, provincia di Rovigo».

 

In linea d’aria saranno almeno 180 chilometri. Costerebbe una fortuna.

«Stiamo valutando le circostanze avverse. Un drone ha un’autonomia di volo di un’ora. In più il cliente deve disporre di un giardino dove farlo atterrare».

 

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I commercianti al dettaglio vi odiano.

«Sbagliano. Con noi possono raggiungere acquirenti fuori dal proprio bacino di utenza e dai confini nazionali. In Italia operano su Amazon ben 14.000 piccole e medie aziende, 600 delle quali con un fatturato digitale superiore agli 800.000 euro. Potrei raccontarle decine di storie su stati di crisi superati grazie a noi».

 

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Mi accontento di un paio.

«Zenoni & Colombi di Nembro, biancheria per la casa. Durante la pandemia, in piena zona rossa, ha moltiplicato le vendite online. Oppure Francesco Morici che da Trapani, con la sua Rarezze, vende pasta di mandorla in tutta Europa».

 

Vi accusano di ritmi lavorativi che costringerebbero gli addetti dei vostri centri logistici a fare pipì nelle bottiglie.

«Non so neppure che cosa rispondere. Ogni anno 18.000 italiani visitano i nostri hub e vedono toilette ovunque».

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Eppure Cgil, Cisl e Uil hanno scelto di celebrare il 1° Maggio davanti al centro Amazon di Passo Corese. Come mai?

«Me lo sto chiedendo anch’io. Nel 2020 abbiamo assunto 2.600 persone a tempo indeterminato, paghiamo più dei minimi contrattuali, copriamo persino per quattro anni il 95 per cento dei costi di riqualificazione dei dipendenti che desiderano andare a lavorare altrove».

 

dipendenti amazon dipendenti amazon

Però pare che qui non versiate tasse.

«Falso. In Italia il contributo fiscale nel 2019 è stato pari a 234 milioni di euro».

 

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Lei acquista su Amazon?

«Ah sì. Mobili, libri, giocattoli. Ma nei fine settimana compro frutta, verdura, formaggi, salami e miele alla Cascina Biblioteca, una cooperativa di Lambrate».

 

E perché non utilizza Amazon Fresh?

«Perché è una fattoria fondata nel 1200 dai frati Umiliati. E ci trovo gli animali».

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