francesco micheli enrico cuccia gianni angelli carlo de benedetti eugenio cefis

“SE DE BENEDETTI MI AVESSE ASCOLTATO, SAREBBE IL PADRONE DI INTESA” – PENSIERI, SCALATE, OPERE E OMISSIONI DEL FINANZIERE FRANCESCO MICHELI: “QUANDO VENGONO A GALLA I BUCHI ESTERI DEL BANCO, CALVI È ALL’ANGOLO E PER LIBERARSI DELL’INGEGNERE GLI RICOMPRA LE AZIONI DELL’AMBROSIANO E ALTRE ATTIVITÀ. IO ERO CONTRARIO ALLA CESSIONE MA LUI DISSE ‘NON VORREI INFARINARMI’” – LA “BI INVEST”, LA SCALA, CUCCIA, CEFIS E AGNELLI: “L’AVER CHIUSO IL PAESE ALLA COMPETIZIONE, QUALCHE DANNO L’HA FATTO ALL’INDUSTRIA DELL’AUTO ITALIANA. O NO?” – “POTERI FORTI IN ITALIA? NE VEDO BEN POCHI. OGGI L’UNICO POTERE FORTE STA IN..."

francesco micheli

Estratto dell’articolo di Daniele Manca per il “Corriere della Sera”

 

«Poteri forti in Italia? Ne vedo ben pochi. Eh sì che ne ho incontrati tanti in passato. Ma oggi, cosa si intende per poteri forti?».

 

Ce lo dica lei.

«Nella seconda metà del secolo scorso c’erano ancora i padroni del vapore, simili ai tycoon americani di frontiera a cavallo del ‘900. Oggi il mondo è del tutto cambiato. La ragione di tutti i guai odierni sta soprattutto nella crisi di classe dirigente degli ultimi decenni — Alitalia, Ilva, Mps, Anas e così via —. Inventarne una più efficiente richiede tempi generazionali.

CARLO MESSINA E FRANCESCO MICHELI ALLA PRIMA DELLA SCALA 2013

 

La mediocrità strisciante riduce anche la credibilità di tante istituzioni, dalla magistratura ferita dalle contraddizioni interne a università lontane dai vertici internazionali: possibile che non ci sia un Premio Nobel dell’economia italiano?».

 

Ci si siede davanti a Francesco Micheli e il difficile è fissare i mille rivoli di una conversazione che sembra la raccolta dei titoli di giornale fin dagli anni Sessanta […]. […]

Classe 1937, ma non si direbbe. […] Il finanziere «privo di scrupoli» che non ha dimenticato le sue origini, come si sarebbe detto ai tempi delle lotte operaie negli anni Settanta, sembra voler dire che è l’Italia ad aver un problema con il proprio passato.

gile bae francesco micheli foto di bacco (1)

 

E si può diventare anche ricchi come nel suo caso.

«Sì, si può diventarlo. Ma poi è facile perdere la testa di fronte alle lusinghe del dio danaro. […] Ho fatto anche la comparsa alla Scala. In casa non mi mancava niente, ma allora come tutti quelli della mia generazione avevamo il sacro fuoco di darci da fare, ed essere indipendenti dalla famiglia».

 

Ma la Shenandoah, il trialbero a vela da 54 metri con uno Steinway a coda nella libreria esiste...

«A mezza coda, e se per questo anche nella barca precedente, un ketch di 30 metri, avevo un piccolo Yamaha che faceva miracoli grazie ad Angelo Fabbrini […]. […] Sono piaceri. Passioni. Divertimento. Se si ha il gusto di divertirsi è molto più facile realizzare operazioni imprenditoriali positive, come ho fatto inventando tante nuove iniziative […]».

 

Iniziata però con uno dei signori della Borsa, Ravelli...

eugenio cefis e gianni agnelli

«Di sconti non ne faceva. Era riuscito a sopravvivere nel campo di concentramento di Mauthausen promettendo una montagna di soldi a un kapò per salvarsi e salvare i suoi amici ebrei diventati poi grandi clienti. Pensi che l’ho conosciuto quel kapò negli anni ‘60 quando veniva due volte all’anno nell’ufficio di via Dogana, a prendere la paghetta».

 

Ma il salto arriva con Cefis.

«Formidabile, mi trovai da una parte Eugenio Cefis e dall’altra Gianni Agnelli, i due veri padroni d’Italia conflittuali tra di loro con in mezzo Cuccia che faceva la spola tra di loro, Arlecchino tra i due padroni, un capolavoro. Per i primi sei mesi non avevo un ufficio, stavo seduto su una pila di bilanci nel sancta santorum di Montedison, la segreteria. Da lì ho vinto, assieme a Vincenzo Maranghi braccio destro di Cuccia, la guerra contro Sindona per il controllo della Bastogi e ho portato in Borsa una marea di società del Gruppo».

 

E si accorgono di lei qualche anno dopo, nel 1985. […] La scalata Bi Invest ai Bonomi, a una delle famiglie che sembravano intoccabili a Milano, fece epoca.

«Ok, otto anni dopo essermi messo in proprio, sembrava una pazzia affrontare una delle famiglie che sembravano intoccabili a Milano. Ma i poteri forti comunque cambiano sempre, in parallelo con operazioni che trasformano un Paese.

leopoldo pirelli

 

Pensi alla nazionalizzazione dell’energia elettrica del 1961. Non ricordo, ma saranno stati 1.500 miliardi di lire, una cifra incredibile per allora, oggi quasi un nonnulla. Purtroppo finirono tutti ai vertici delle società elettriche che ne fecero scempio, mentre agli azionisti […] furono dati titoli obbligazionari sulla base dei valori depressi delle azioni. I titoli elettrici erano allora il massimo dell’affidabilità, l’investimento preferito dalle grandi famiglie della borghesia che così di potere ne persero molto».

 

Bè anche con Bi Invest qualcuno si è impoverito...

enrico cuccia x

«Tutt’altro […]. Però creò panico al sistema, ai padroni del vapore che possedevano solo piccole percentuali delle società quotate, mentre la maggioranza era diffusa sul mercato. Mi ricordo la mamma di Leopoldo Pirelli, Lodovica Zambeletti, […] che mi diceva quanta apprensione la scalata Bi Invest aveva provocato a suo figlio Leopoldo».

 

«[…] Le racconto un piccolo segreto. La scalata fu facilitata da Cuccia, perché offeso da Carlo Bonomi che si era rivolto a Efibanca, concorrente di Mediobanca (di cui era anche in Consiglio) per emettere un prestito convertibile: uno sgarbo inaccettabile, il figlio che tradisce il padre, che lo spinge a vendere i titoli sul mercato, il che mi aiutò non poco. Lo stesso fece il dr. Giardina, ad della Finanziaria Milanese che aveva proprio i titoli Bi Invest in garanzie dei debiti di Bonomi, i riporti staccati di allora, che finirono sul mercato. Un secondo regalo del Padreterno per me».

aldo ravelli

 

Siamo alla preistoria della finanza attuale. Quella Gemina là?

«Sì quella Gemina al cui tavolo sedevano Fiat, Orlando il re del rame, Arvedi quello dell’acciaio e naturalmente i Bonomi. La Gemina di fatto controllava, tanto per dire, Montedison e Rizzoli. Carlo Bonomi non si accorse dell’operazione attribuendo il rialzo di Bi Invest al rialzo generale del mercato […]».

 

Ma come anche Enrico Cuccia, il mago della finanza.

«Certo, ma eravamo sulla stessa sponda, poi ci fu un’incomprensione che gli fece dire che “appartenevamo a giardini zoologici differenti”. Non gli risposi che per me era un vanto».

 

MUSK BEZOS

E cioè?

«Lui si ritrovò a difendere le grandi famiglie. Raffaele Mattioli quando gli mise in mano Mediobanca se la immaginava come istituto che affiancasse le medie imprese per farle crescere. Ma Cuccia lo tradì facendo il contrario, il guardiano di alcune grandi famiglie».

 

Alla fine sempre una questione di soldi, di potere?

eugenio cefis

«Sì ma in modo diverso, perché oggi l’unico potere forte sta in America. Un Elon Musk o un Jeff Bezos oltre che arricchirsi e basta si assumono responsabilità ben più ampie di quello che fanno. Parlano alla pari col Presidente americano e sono in grado di lanciare un razzo in cielo al posto della Nasa». «[…] Vogliamo parlare delle diseguaglianze? La verità è che oggi pochi si prendono o vogliono prendersi responsabilità. I ricchi sempre più ricchi e i poveri il contrario. E in più il guaio per i giovani di affacciarsi al mondo operativo di oggi».

 

 

O forse anche pensare di contare. Per il gusto di scuotere l’albero lei dopo Bi Invest e la scossa ai Bonomi, si imbarca in Fondiaria, una scalata a una delle maggiori compagnie assicurative italiane. Altra scalata storica che spinge l’Avvocato Agnelli a definirla amabilmente un diavolo. Fece la famosa battuta: Bi Invest humanum, Fondiaria Diabolicum...

francesco micheli salvatore ligresti

«L’Avvocato aveva una gran classe che gli consentiva di giocare sull’equivoco di quanto Fiat poteva dare ma soprattutto prendere dal Paese […] Per esempio, l’aver chiuso il Paese alla competizione, qualche danno l’ha fatto all’industria dell’auto italiana. O no? Vede, quando gli americani di Pacific Telesys volevano entrare in Italia, cioè soldi che arrivavano nel Paese, ci inventammo Pronto Italia. E da lì il filo si snoda arrivando fino ad Omnitel che diventa l’attuale Vodafone. Geronzi fu uno dei pochi che capì l’operazione che avevo lanciato assieme a Pellegrino Capaldo, Romano Prodi, Roberto Poli».

 

[…] Facciamo un passo indietro quando lei gestì l’operazione di Carlo De Benedetti con Calvi e il Banco Ambrosiano.

FRANCESCO MICHELI ALLA SCALA

«Mi limiterei alla conclusione. Quando vengono a galla i buchi esteri del Banco, Calvi è all’angolo e per liberarsi dell’Ingegnere gli ricompra le azioni dell’Ambrosiano e altre attività. Io ero contrario alla cessione ma lui disse “non vorrei infarinarmi”. Un peccato, perché se non l’avesse fatto avrebbe sì avuto una sonora perdita ma oggi, con la sua abilità, sarebbe il padrone di Banca Intesa».

 

La cultura?

«Insieme a Pollini e Gae Aulenti lanciai il Festival Mito […] Nove anni fantastici, ma lottando contro vischiosità, burocrazie e primazie che la politica voleva avere. Vizio antico che non demorde, come Conte alla Scala».

carlo de benedetti otto e mezzo 5

 

Conte Paolo, giusto?

«Certo. Dobbiamo stare molto attenti. Sinora abbiamo parlato di eccellenze italiane che non siamo riusciti a preservare e rendere eccellenze mondiali. La Scala è eccellenza mondiale per definizione, come la Ferrari anche quando non vince. Ma per vent’anni l’abbiamo lasciata in mano a stranieri, noi che abbiamo inventato il melodramma».

 

Colpa della politica o di chi?

«Di un generale disinteresse. Incarnato da una classe dirigente anche politica che non ha avuto voglia di prendersi responsabilità. […]

GUIDO ROSSI TELECOM

 

Certe iniziative di gran moda oggi tipo criptovalute e Nft, Guido Rossi le chiamerebbe cag... La moneta è un’altra cosa, quanto l’arte non è uno scarabocchio, discrasie determinate dalla troppa liquidità in circolazione, tre volte quella necessaria all’economia globale. Ma ancora una volta, frutto di troppa sensibilità per il dio danaro. Così si finisce per vendere l’anima al diavolo facendo la fine di Faust».

FRANCESCO MICHELI DARIO FRANCESCHINI

Giannola Nonino Fabiola Giannotti Francesco Micheli Claudio Magris

silvio scaglia francesco micheli francesco michelienrico cuccia cesare romitifrancesco micheliEnrico Cuccia Cesare Romitifrancesco micheli nozze carraiEUGENIO CEFISFRANCESCO MICHELI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO FRANCESCO MICHELI FRANCESCA COLOMBO CLAUDIO COSTAMAGNA INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO FRANCESCO MICHELI E INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO FRANCESCO MICHELI FRANCESCA COLOMBO INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO ferruccio de bortoli francesco micheli francesco micheli fastweb federico ghizzoni francesco micheli francesco micheli (3)

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?