Estratto dell’articolo di Paolo Baroni per “La Stampa”
Per le pensioni nel 2025 il recupero dell'inflazione non sarà pieno, come ha cercato di far passare il governo, ma verrà ripristinato il meccanismo in vigore prima del 2023 certamente più favorevole ai pensionati, soprattutto quelli d'oro, ma non a tutti sarà garantito un recupero del 100% del caro-vita che quest'anno si dovrebbe attestare attorno all'1%, contro il +8,1% del 2022 ed il +5,4% del 2023.
Ed è solo grazie a questa spesa decisamente più ridotta che il governo ha deciso di allargare un po' i cordoni della borsa. Non abbastanza secondo la Cgil che la prossima settimana in tutte le regioni porterà in piazza i pensionati.
giancarlo giorgetti - foto lapresse
[…] rispetto alla precedente legge di bilancio il cambio per le pensioni medio alte, e ancor di più per gli assegni «d'oro», è però significativo. Per fare un esempio, mentre per le minime nel 2025 è previsto un aumento di 3 euro netti in più al mese (con gli assegni che passano da 614,77 a 617,9 e che tante polemiche stanno generando in questi giorni), per una pensione medio alta, nell'ordine dei 5.000 euro lordi al mese, secondo i calcoli del responsabile previdenza della Cgil, Ezio Cigna, l'aumento netto sarà all'incirca di 35 euro al mese. Ovvero 10 volte di più.
[...[ L'ultima legge di Bilancio assicurava il recupero del 100% dell'inflazione calcolata dall'Istat per tutte le pensioni solamente sino a 4 volte il minimo in vigore prima degli ultimi aumenti straordinari (ovvero 2.394,4 euro lordi al mese). Sopra questa soglia la copertura veniva poi ridotta in maniera progressiva: all'85% per gli assegni da 4 a 5 volte il minimo (2.993,05 euro), al 53% tra 5 e 6 volte (3.591,66), al 47% tra 6 e 8 volte (4.788,88) , al 37% tra 8 e 10 volte e al 22% per i fortunati che ricevono assegni oltre 10 volte il minimo (5.961,1 euro).
Dal nuovo anno si cambia e si torna al passato con le pensioni che sino a 4 volte il minimo che ricevono aumenti sempre legati al 100% dell'inflazione dell'anno prima, quelle comprese tra 4 e 5 volte anziché l'85 ottengono il 90% e quelle sopra il 75%, guadagnando a loro da 22 a 53 punti in più quando si arriva sopra quota 5.986 euro.
Oltre a questo gli aumenti sopra quattro volte il minimo si fanno più robusti anche per effetto del ripristino del vecchio meccanismo di calcolo che anziché applicare un'aliquota unica alla pensione lorda torna ad essere fatta per fasce «diventando di fatto progressivo», spiega ancora Cigna, per cui anche chi ha un lordo di 6 mila avrà il 100% di recupero sui primi 2.394,4 euro lordi come i pensionati che ricevono assegni sotto 4 volte il minimo, il 90% sulla quota che arriva a 2.994,5 e il 75% solo sulla parte che eccede questa soglia.
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Insomma in questa tornata le pensioni d'oro, magari non brindano ma certamente tornano a sorridere. Meno contenti i pensionati al minino, anche perché non è certo che l'anno si chiuda con una inflazione all'1%, e quindi con la maggiorazione del 120% ottengano effettivamente un + 2,2%. «Visti gli ultimi dati potrebbe essere anche più bassa - spiega Cigna - potremmo fermarci anche allo 0,8 o 0,9 % e allora le minime riceverebbero anche meno dei famigerati 3 euro».
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Intanto il giro di vite deciso nel 2023 dal governo dimostra di funzionare: in base ai dati diffusi ieri dall'Inps, infatti, le uscite anticipate nei primi 9 mesi di quest'anno con la stretta sull'accesso a Quota 103 sono scese del 16,47% a quota 150.642. Oltre a questo è letteralmente crollato l'accesso a Opzione donna con appena 2.749 uscite rispetto alle 11 mila del 2023. In tanti hanno preferito lasciare il lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall'età anagrafica e questo ha fatto si che comunque l'età media di uscita anticipata sia scesa ulteriormente ad una media di 61,2 per i dipendenti privati e di 62,1 per i pubblici.
In tutto, in 9 mesi, l'Inps ha liquidato 577.061 pensioni con un importo medio di 1.228 euro, 1.048 euro le donne e 1.442 gli uomini. Ovvero il 37% in più.
MAURIZIO LEO - GIANCARLO GIORGETTI - FOTO LAPRESSE