IL PROTO-TIPO DEL FURBETTO: ASCESA E DECLINO DEL FINANZIERE ‘ACCHIAPPATUTTO’

Alessandro Proto che voleva rilevare “Pubblico” e sosteneva di aver comprato quote di mezzo mondo (Unicredit, Fiat, Rcs e Mps) oggi chiederà di patteggiare una pena di 3 anni e 4 mesi - Ha truffato una ventina di imprenditori a cui chiedeva soldi offrendo in cambio solo un fantomatico “business plan”… - -

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Da "Il Fatto Quotidiano"

alessandro protoalessandro proto

Oggi Alessandro Proto comparirà davanti al giudice e tenterà di chiudere la sua partita processuale. Era stato arrestato il 14 febbraio, con le accuse di truffa e aggiotaggio. Dopo una confessione ritenuta dagli investigatori piena e completa, è stato posto agli arresti domiciliari a casa della nonna, a Milano, e nell'udienza preliminare di oggi chiederà di patteggiare una pena di 3 anni e 4 mesi. È probabile che il pubblico ministero che ha condotto l'indagine, Isidoro Palma, accetti il patteggiamento. Sarà dunque il giudice dell'udienza preliminare a decidere la pena.

Proto nei mesi scorsi era diventato piuttosto noto negli ambienti finanziari e giornalistici per via dei comunicati con cui inondava le redazioni: annunciava mirabolanti quanto inesistenti operazioni finanziarie. Ha sostenuto di aver acquistato, per conto di fantomatici investitori italiani e stranieri, quote di Unicredit, Fiat, Tod's, L'Espresso, Mediaset. Di essere pronto a risolvere i problemi della Fonsai allora di Salvatore Ligresti.

Alessandro ProtoAlessandro Proto

Di avere intenzione di comprare l'ospedale San Raffaele, ma anche La7, il Tempo, Pubblico e perfino Il Fatto quotidiano. Di avere un ruolo nella partita Montepaschi. Di aver investito all'estero soldi di Roberto Formigoni. Di aver già acquistato il 2,8 per cento di Rcs-Corriere della Sera.

Tutto falso, hanno verificato gli investigatori della Guardia di finanza. Erano solo specchietti per le allodole, cioè per i giornalisti che erano disposti a credergli, dandogli spazio su siti e giornali. Spacconate di un personaggio che non si fermava davanti a nulla (anche a costo di falsificare un comunicato di Mediobanca), pur di potersi accreditare come finanziere d'assalto.

In realtà non ha mai comprato o venduto una sola azione, ma la consistente rassegna stampa delle sue (inesistenti) operazioni gli serviva per realizzare il suo vero business: convincere imprenditori in difficoltà ad affidargli un po' di soldi, nella speranza di ottenere finanziamenti.

Alessandro ProtoAlessandro Proto

Ne ha truffati una ventina, a cui chiedeva cifre variabili, dai 2-3 mila euro alle centinaia di migliaia, offrendo in cambio, al massimo, un business plan. Ha così incamerato in totale circa 1 milione di euro: soldi che gli investigatori ritengono siano stati via via tutti spesi, per mantenere la struttura organizzativa e simulare un tenore di vita da finanziere d'assalto.

Così ora Proto si ritrova senza soldi e con sul groppone imputazioni di truffa (per i soldi pretesi dagli imprenditori) e di aggiotaggio (per i comunicati che davano false informazioni al mercato). Reato grave, quest'ultimo, punito con una pena che può arrivare fino ai 12 anni di carcere. Proto ha così chiuso con i comunicati.

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L'ultimo lo ha diffuso il 6 aprile, mentre era agli arresti: "Se ho sbagliato è giusto che io paghi", ha dettato questa volta all'agenzia AdnKronos. "Ma sarà la magistratura a decidere come, dove e quando; magistratura nella quale ho sempre confidato e continuo a farlo. E non certo quattro pesciolini rossi in cerca del pasto quotidiano".

Chi sono, i pesciolini? I giornalisti. Spiega infatti Proto: "Sono state scritte tante, troppe falsità contro di me da parte di alcuni giornalisti che si credono pescecani ma in realtà sono solo pesciolini rossi che nuotano nella loro vaschetta con la bocca spalancata in attesa di qualche notizia. Tutelerò la mia persona nelle opportune sedi civili e penali ricordando che i giornalisti che hanno scritto falsità contro di me sono gli stessi che mi chiamavano tutti i giorni per avere informazioni". A seguire, qualche truce messaggio via twitter (tipo "Memento audere semper"). Poi, il silenzio.

 

 

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