voti azionisti

SE NON PUOI BATTERLI, IMITALI - L'ITALIA VUOLE FARE COME L'OLANDA E INTRODURRE IL VOTO PLURIMO PER LE SOCIETÀ: COSÌ PER OGNI AZIONE POTRANNO ESSERCI PIÙ DIRITTI DI VOTO - È UN SISTEMA CHE HA SPINTO MOLTE AZIENDE ITALIANE, TRA CUI FCA, MEDIASET, CAMPARI, CEMENTIR, A SPOSTARE LA SEDE LEGALE NEI PAESI BASSI. PERMETTE AI SOCI STORICI DI MANTENERE IL CONTROLLO ANCHE SE SCENDONO SOTTO UN CERTO LIVELLO DI AZIONI - L'ANALISTA: ''MEGLIO DEL GOLDEN POWER''

 

Paola Valentini per www.milanofinanza.it

 

Il voto plurimo ha una portata che può andare anche oltre le intenzioni del Governo italiano. Nel mirino c'è il Decreto Rilancio, che dovrebbe essere approvato dal consiglio dei ministri in giornata,il quale vuole dare anche alle società quotate la possibilità oggi prevista per le non quotate di emettere azioni con voto plurimo con l'obiettivo di evitare una distorsione della concorrenza tra ordinamenti dato che diversi Paesi esteri offrono questa possibilità. Non a caso la questione è finita nel radar di Ubs Global Wealth Management per i riflessi che può avere sulle strategie degli imprenditori.

 

Nella relazione illustrativa si legge che "È noto che diversi ordinamenti giuridici stranieri, sia nell'ambito dell'Unione Europea sia al di fuori di essa, consentono alle società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati, di derogare alla regola one share one vote mediante la previsione di categorie di azioni dotate di voto plurimo", precisando che tale differenza di regolamentazione rischia di comportare una concorrenza tra ordinamenti, a danno del mercato borsistico italiano.

 

VOTI AZIONISTI

"In effetti, le azioni a voto multiplo sono uno strumento utilizzato da tempo non solo negli Stati Uniti ma anche in diversi Paesi europei", osserva Domenico Capone, responsabile del Global Wealth Planning Advisory Itay di Ubs Global Wealth Management. Negli Stati Uniti, ricorda l'esperto del gruppo svizzero, ciascuna azione può arrivare a conferire anche dieci diritti di voto. Così è stato per Google, precursore tra le società del settore, che in occasione dell'Ipo del 2004 ha emesso a favore dei soci fondatori azioni di classe B che conferiscono dieci voti ad azione, non sono trasferibili e permettono a tali soci di detenere il controllo sociale con il 56% di voti.

 

Situazione simile per Facebook: Mark Zuckerberg detiene solo il 13% del capitale ma controlla la società con il 58% dei diritti di voto, grazie ad azioni di classe B ognuna delle quali gli conferisce dieci diritti di voto. "Se questi strumenti sono ormai diffusi tra i colossi americani, tra cui Amazon, Linkedin, News Corporation, Hyatt, il fenomeno è in aumento anche tra le società di minori dimensioni", aggiunge Capone.

 

ASSEMBLEA AZIONISTI

Nel continente europeo, le azioni a voto multiplo sono ammesse nei Paesi Bassi, in Svezia, in Finlandia, in Norvegia e in Irlanda, oltre che nel Regno Unito. "In Italia, il principio one share, one vote è stato superato solo nel 2014, quando il Decreto Competitività, varato dal governo Renzi, ha introdotto un doppio regime per società per azioni quotate e non quotate, attraverso modifiche al codice civile e al Testo Unico della Finanza. Già all'epoca, l'intervento fu indotto anche dalla scelta di  Fiat Chrysler di trasferire la sede legale ad Amsterdam e la sede fiscale a Londra", nota Capone.

Nonostante questi interventi, negli ultimi anni diverse società quotate hanno continuato a trasferire la sede legale all'estero, soprattutto in Olanda, "dove gli investitori hanno accesso a un regime di voto plurimo più competitivo che prevede l’attribuzione di 2, 5 e 10 voti per ciascuna azione ordinaria detenuta per un periodo di 2, 5 e 10 anni", rileva Capone.

 

amsterdam 5

Qualche esempio? Gli ultimi in ordine di tempo sono quelli di Mediaset, che ha riorganizzato il business italiano e spagnolo Italia e Spagna creando la holding olandese Mfe, senza dimenticare Campari che sta trasferendo la sua sede legale in Olanda, passo compiuto lo scorso autunno anche da Cementir dopo l'ok dell'assemblea dei soci. "Secondo l'attuale disciplina, le società per azioni non quotate possono prevedere in statuto l'emissione di azioni con diritto di voto plurimo, con un massimo di tre voti per ogni azione, anche solo per particolari argomenti o al verificarsi di determinate condizioni", spiega Capone.

 

 

Le quotate invece non possono ma sono previste due eccezioni: in primo luogo "le azioni a voto plurimo emesse anteriormente all'inizio delle negoziazioni in un mercato regolamentato mantengono le loro caratteristiche e i loro diritti, in secondo se lo statuto non dispone diversamente, possono essere emesse azioni a voto plurimo con le medesime caratteristiche e diritti di quelle già esistenti in caso di aumenti di capitale, fusioni e scissioni", sottolinea.

 

Accanto a questo c'è invece la casistica del voto maggiorato, che invece è espressamente prevista per le società quotate le quali possono dare alle azioni un diritto di voto fino ad un massimo di due voti, a favore di coloro che detengono tali azioni per un periodo continuativo di almeno 24 mesi. "Le azioni con voto maggiorato non costituiscono una categoria speciale di azioni, ma piuttosto un premio per l'azionista fedele. Il voto maggiorato non è trasmissibile in caso di cessione delle azioni. Se lo statuto non dispone diversamente, il voto maggiorato si conserva, invece, in caso di successione per causa di morte, di fusione e scissione del titolare delle azioni e di emissioni di nuove azioni a fronte di una delibera di aumento gratuito del capitale", dice Capone.

 

CONFALONIERI PIERSILVIO BERLUSCONI

In Italia quasi un quarto delle aziende di Piazza Affari ha previsto il voto maggiorato. Una pattuglia che ha visto di recente aggiungersi anche UnipolSai e Unipol le cui assemblee di fine aprile hanno approvato questa novità dello statuto. Come risultato "a fronte di una partecipazione complessivamente pari al 48%, le coop azioniste di Unipol disporranno di una percentuale dei diritti di voto del 64,87%, se fossero gli unici azionisti a chiedere il voto maggiorato. Relativamente a UnipolSaiUnipol potrà salire fino all’89,96% dei diritti di voto, a fronte di una partecipazione diretta ed indiretta pari all'81,7% del capitale", osserva Capone.

 

Invece le società non quotate che hanno emesso azioni a voto plurimo non sono molte. Tra queste ultime, rileva l'analisi di Ubs Gwm, tre hanno mantenuto il voto plurimo anche successivamente alla quotazione: FilaAquafil e Guala Closures. "Certamente ha influito sul poco successo delle azioni a voto plurimo il timore di una avversione da parte del mercato per il rischio di un emittente meno contendibile, di azioni ordinarie meno appetibili, di un consiglio di amministrazione meno accessibile e espressione di una governance padronale che piace poco agli investitori", premette Capone.

 

luca garavoglia campari

Criticità che potrebbero essere risolte tramite alcune soluzioni che nel mercato Usa sono una prassi. "Attraverso le cosiddette sunset clauses, per esempio, si verificherebbe la conversione delle azioni a voto multiplo in azioni ordinarie al decorrere di un certo periodo di tempo o al verificarsi di alcune condizioni, come il realizzarsi di una cessione o il venir meno di determinate soglie di controllo. Ancora, puntando a situazioni di controllo di fatto e non di diritto si lascerebbe aperta la possibilità di un cambio di controllo richiesto dal mercato", aggiunge Capone.

 

A riprova dell'efficacia di queste formule c'è il fatto che, osserva lo studio di Ubs Gwm, le performance delle società con strutture dual class sono state superiori rispetto a quelle degli indici di riferimento e anche le società che hanno introdotto in Italia voti multipli non hanno subito penalizzazioni da parte del mercato.

 

"In una situazione come quella che sta vivendo l'Italia, caratterizzata da prospettive recessive, da corsi azionari delle società quotate sensibilmente ridimensionati e da grave crisi di liquidità per le società non quotate, il superamento del principio di proporzionalità tra investimento economico e potere decisionale potrebbe rappresentare uno strumento altamente strategico sia per le quotate che per le non quotate", dice Capone. 

CAMPARI

 

In tal senso, l'articolo 45 della bozza del Decreto Rilancio che permette l'emissione di azioni a voto plurimo anche per le quotate, potrebbe raggiungere diversi obiettivi. "Innanzitutto, costituirebbe un disincentivo contro gli spostamenti delle sedi legali delle società italiane all’estero. Inoltre, rappresenterebbe un meccanismo anche più idoneo dello stesso golden power e con minori profili di anticoncorrenzialità per salvaguardare il controllo di società industriali e finanziarie strategiche che rischiano di essere scalate in borsa a prezzi da saldo. Infine, sarebbe uno strumento utile in caso di conversione dei crediti delle banche in capitale o di intervento di un fondo statale a sostegno di imprese in difficoltà", sottolinea Capone.

 

D'altro canto, "un maggiore ricorso al voto plurimo anche da parte delle stesse società non quotate, per le quali lo strumento è già previsto, potrebbe consentire soluzioni ponderate di apertura del capitale a terzi funzionali alla continuità aziendale e alla diversificazione del rischio imprenditoriale. Gli imprenditori potrebbero vendere anche quote di maggioranza pur mantenendo intatto il controllo della società, con la possibilità di deliberare piani di sviluppo orientati al lungo periodo e di beneficiare in futuro dei ritorni economici. Ma soprattutto, l'impresa resterebbe un asset familiare trasmissibile alle future generazioni", conclude Capone. 

 

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