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WARREN BUFFETT HA PERSO IL TOCCO? - ALLA VIGILIA DEI 91 ANNI, DOPO AVER SUPERATO UN CANCRO ALLA PROSTATA ED ESSERE ENTRATO "NEI TEMPI SUPPLEMENTARI DELLA VITA", L'ORACOLO DELLA FINANZA, A LUNGO L'UOMO PIÙ RICCO DEL MONDO CON UN PATRIMONIO STIMATO IN 100 MILIARDI DI DOLLARI, PROVA A SMENTIRE I DUBBI DEGLI ANALISTI: "MAI SCOMMETTERE CONTRO L'AMERICA" - LE SUE CONVINZIONI SU COVID, CRIPTOVALUTE, TASSE E FUTURO...

Paolo Mastrolilli per “La Stampa

 

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«Troppo spesso, una vasta collezione di possedimenti finisce per possedere il suo proprietario». Se chiedessimo in giro quale personaggio della storia recente ha coniato questa massima, forse qualcuno l'attribuirebbe a papa Francesco, altri a Fidel Castro, o magari a John Lennon. Pochi penserebbero all'Oracolo di Omaha Warren Edward Buffett, fondatore del conglomerato Berkshire Hathaway, a lungo uomo più ricco del mondo, e tuttora detentore di una ricchezza personale stimata in 100,6 miliardi di dollari, nonostante abbia già donato metà della sua fortuna in beneficenza.

 

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Questo, oltre ad essere un curioso sgambetto della logica, impone di porsi almeno due domande rivolte al futuro, visto che alla vigilia del suo 91esimo compleanno lui stesso, sopravvissuto al cancro alla prostata, ha riconosciuto come «la mia vita ha ormai superato l'ultimo quarto ed è entrata nei tempi supplementari».

 

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Il primo interrogativo, dunque, è se finanzieri come lui ne fanno più, oppure hanno buttato via il calco. Il secondo invece è se avrebbe senso rifarne di uguali, considerando che per decenni non ha scommesso neppure un penny sui titoli tecnologici, è convinto che la storia delle criptomonete finirà male, epperò resta incrollabilmente certo che gli anni migliori dell'America siano ancora quelli davanti a lei.

 

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Warren è nato ad Omaha nel 1930 dal deputato repubblicano Howard. Quindi in condizioni fortunate, che lui stesso ha riconosciuto: «Mi hanno aiutato la lotteria dei geni; la sorte di nascere negli Usa, che era solo una possibilità su 30; e quella di essere un uomo bianco, che mi ha evitato tanti problemi».

 

All'età di 11 anni aveva comprato la sua prima azione e a 13 aveva presentato la prima dichiarazione dei redditi. Finita la scuola superiore sarebbe andato a lavorare in finanza se il padre non l'avesse preso per un orecchio, obbligandolo a laurearsi prima a Wharton e poi alla Columbia in Economia.

 

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Alla Business School dell'ex università reale di New York aveva conosciuto il professore Benjamin Graham, innamorandosi della teoria del value investing, su cui avrebbe costruito la propria fortuna.

 

In altre parole, non perdere tempo con le isterie dei mercati, ma guarda i fondamentali delle imprese per capire se sono solide, producono qualcosa di unico, utile e desiderato, promettono di generare profitti in futuro, ma oggi sono sottovalutate in borsa.

 

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Seguendo questa guida, dopo aver preso il controllo della compagnia tessile Berkshire Hathaway l'ha trasformata in un conglomerato da 873 miliardi di dollari e 360.000 dipendenti, che possiede aziende di ogni settore, dall'elettricità alle assicurazioni, passando per investimenti in icone americane come Coca Cola, e alle fine pure Apple.

 

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La vita di Warren è stata tanto frugale e privata, quanto singolare. Pochi ricordano che la sua famiglia è stata in realtà un triangolo: lui; la prima moglie Susan, che gli ha dato i figli Susan, Howard, e Peter; e la compagna Astrid Menks, che aveva preso il posto della consorte col suo consenso, quando lei si era trasferita a San Francisco per soddisfare le ambizioni di cantante.

 

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Anzi, era stata proprio Susan a presentare Astrid a Warren, chiedendole di avere cura di lui. Infatti firmavano in tre le cartoline degli auguri natalizi. Susan era un'attivista dei diritti civili, l'aborto, la contraccezione, la sua idea di femminismo.

 

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Questo forse è stato all'origine della trasformazione intellettuale del marito, che non è certo un liberal scalmanato, ma quando nel 2008 decise di appoggiare la candidatura presidenziale di Barack Obama, disse che la distanza tra la sua concezione della società e quella del repubblicano McCain era così vasta, che «solo una lobotomia mi permetterebbe di cambiare idea».

 

bill gates e warren buffett9

Inutile dunque soffermarsi sul perché avesse poi appoggiato Hillary contro Trump, che aveva ferito dove faceva più male: «Non c'è alcun motivo perché non pubblichi la dichiarazione dei redditi. Io sono sempre sotto inchiesta del fisco, eppure non ho problemi a farlo».

 

La sua dichiarazione dei redditi, scovata di recente da ProPublica, ha rivelato che tra il 2014 e il 2018 ha pagato solo 23,7 milioni di tasse su 125 milioni di reddito, ossia un tasso reale dello 0,10% rispetto alla crescita della sua ricchezza. Proprio lui, che un tempo si era scandalizzato perché «la mia segretaria paga più al fisco di quanto non faccia io».

 

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Warren però non si è scomposto. Ha spiegato il tasso col fatto che lui ha un reddito basso, relativamente alla sua ricchezza, che sale grazie alle azioni. Quindi ha confermato che i ricchi dovrebbero pagare più tasse, incluse quelle sull'eredità, per dare a tutti la stessa opportunità di affermarsi: «Il modo in cui funziona il sistema è come se alle Olimpiadi di oggi mandassimo a competere i figli degli atleti che avevano vinto la medaglia venti anni fa».

 

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Lui infatti si è preoccupato di dare a suoi figli «quanto basta per credere di potere fare qualunque cosa nella vita, ma non abbastanza per pensare di non fare niente». Questo principio lo ha avvicinato a Gates, di cui è diventato un padre putativo. Insieme hanno scritto il «Giving Pledge» per donare in beneficenza quasi tutti i soldi accumulati, e Warren ha scelto proprio la Foundation di Bill e Melinda come principale veicolo. Almeno fino al divorzio del maggio scorso.

 

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Buffett non lo ha commentato, però è uscito dal cda della charity dei Gates. Ha spiegato di averlo deciso perché alla sua età ha abbandonato tutti i board, tranne Berkshire, e la Foundation è comunque avviata nella direzione giusta anche senza di lui. Ma poi vai a sapere.

 

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Warren intanto ha definito anche la propria successione, quando ha detto: «I direttori sono d'accordo che se stanotte mi capitasse qualcosa, sarebbe Greg a prendere il controllo domattina».

 

Intendeva il canadese Gregory Abel, finora capo delle attività più concrete di Berkshire tipo l'energia, che ha battuto la concorrenza del vice presidente per il settore assicurativo Ajit Jain.

 

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Anche questo ha fatto riflettere gli analisti, che riconoscono la preparazione di Abel, ma si chiedono se sia la scelta giusta per un futuro fatto di digitale e finanza. Loro temono che Warren abbia perso il tocco. Ma lui, pur ammettendo a CNBC che «il Covid ha avuto un impatto economico molto squilibrato», e dopo «ci sarà un'altra pandemia», li ha smentiti con l'ottimismo dell'ultima lettera annuale agli investitori di Berkshire Hathaway: «Nonostante alcune severe interruzioni, il progresso dell'economia del nostro paese è stato mozzafiato. Oltre ciò, conserviamo l'aspirazione costituzionale a formare una unione più perfetta. Il progresso su questo fronte è stato lento, squilibrato e spesso scoraggiante. Siamo andati avanti, tuttavia, e continueremo a farlo. La nostra incrollabile conclusione è questa: mai scommettere contro l'America».

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