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DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - “JUDGMENT”, SPIN-OFF DELLA SERIE “YAKUZA” DI SEGA, APPENA USCITO PER PLAYSTATION 4, È UN THRILLER INTERATTIVO CHE SI EVOLVE IN MANIERA ENTUSIASMANTE, SORPRENDENDOCI TRAMITE ALCUNI COLPI DI SCENA CALIBRATI CON PRECISIONE TEATRALE, INTRATTENENDOCI CON TANTI MODI DIVERSI DI GIOCARE: CALCI E PUGNI, INVESTIGAZIONE, INSEGUIMENTI E NUMEROSI MINI-GAME. UNA GRANDE STORIA RIGOROSAMENTE GIAPPONESE CHE… - VIDEO

 

Federico Ercole per Dagospia

 

ANCORA UNA VOLTA A KAMUROCHO

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Soli ce ne andiamo per le vie di Kamurocho, ma non siamo mai davvero isolati perché la folla continua a scorrere fluviale, che sia un giorno lucente o piovoso oppure la notte abbagliante, illuminata dall’oceano stellare artificiale di centinaia di neon. Conosciamo bene Kamurocho, abbiamo camminato innumerevoli volte per le sue strade nel corso degli anni, l’abbiamo vista crescere e cambiare, assecondando i tempi. Ma tu magari non sai cosa sia questa Kamurocho, così è necessario che lo spieghiamo.

 

Innanzitutto il suo “vero” nome non è Kamurocho ma Kabukicho, zona a “luci rosse” di Tokyo situata nel quartiere speciale di Shinjuku. Kabukicho venne così nominato nel corso del diciottesimo secolo perché avrebbe dovuto ospitare un teatro “kabuki” che non venne tuttavia mai edificato e i suoi dintorni si riempirono invece di prostitute.

 

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Già, ma parliamo di Kabukicho o di Kamurocho, perché la storia di quel  teatro è affascinante ma ci sta portando lontano. Insomma Kabukicho e Kamurocho sono la stessa cosa, salvo che quest’ultimo è la versione numerica del primo, quello vero, come è rappresentata nella lunga e indimenticata serie di videogiochi di Sega dal titolo occidentale di Yakuza che, sebbene talvolta ci abbia portato altrove nel Giappone, ad esempio a Osaka o Okinawa, è quasi sempre ambientata in quello sfavillante e sensuale quartiere.

 

E per chi videogioca e ha amato le epopee criminali ma così umanistiche della Yakuza inventata da Toshihiro Nagoshi è sempre bello tornare a Kamurocho, anche se questa volta la guarderemo con occhi diversi, quelli di un ex-avvocato, perché Judgment, appena uscito per Playstation 4, è uno spin-off della saga Sega, ad essa vicinissimo così come lontanissimo.

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QUANDO LA GIUSTIZIA SBAGLIA

Ci dicono, non appena Judgment si apre, che in Giappone il 99% degli indagati processati sono giudicati colpevoli, dato interessante o inquietante sul quale riflettere. Quell’1% nel videogioco è rappresentato da Okubo Shimpei, accusato di omicidio ma assolto grazie alla convinzione, al fascino e all’arte oratoria del giovane avvocato Takayuki Yagami, chiamato anche Tak, ovvero il protagonista di Judgment, quello che muoviamo con il controller della Playstation 4, un uomo dalle fattezze di Takuya Kimura, star giapponese che ha inoltre doppiato il mago Howl nel Castello Errante di Miyazaki. Purtroppo non appena fuori dal carcere l’assolto Okubo accoltella a morte la fidanzata e da fuoco alla casa. Quindi, afflitto dal senso di colpa, il nostro Tak rinuncia ad una promettente carriera e abbandona l’attività forense, diventando con il tempo un investigatore privato.

 

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Dopo questo preludio dall’andamento cinematografico, realizzato con la stessa efficacia della messa in scena e la ritmica appassionante, melodrammatica, alla quale ci hanno abituati gli autori di Yakuza, Judgment inizia davvero portandoci tre anni dopo, finalmente per le strade di Kamurocho, nel mezzo di un pedinamento. Comincia così un thriller interattivo che si evolverà in maniera entusiasmante, sorprendendoci tramite alcuni colpi di scena calibrati con precisione teatrale, intrattenendoci con tanti modi diversi di giocare, con una grande storia rigorosamente giapponese non solo per l’ambientazione ma in grado, come i capolavori noir di Kinji Fukasaku, Masahiro Shinoda o Takeshi Kitano, di trattare temi universali senza che il suo spirito nipponico sia dissipato.

 

MAZZATE, INDAGINI, INSEGUIMENTI, RETRO-GAMING MA SOPRATTUTTO MAZZATE

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Judgment è un videogame d’azione in terza persona con la profondità di un gioco di ruolo, un’avventura alla cui trama principale già imponente si aggiungono innumerevoli novelle opzionali, quasi sempre suggestive e originali. Sebbene le azioni a nostra disposizione possano sembrare limitate alle innumerevoli risse che ci attendono per le strade di Kamurocho e alle attività investigative dalle dinamiche ludiche minimali ma riuscite anche Judgment, come tutta la serie Yakuza, è un contenitore straripante di modi di videogiocare. Possiamo quindi visitare le sale-giochi con i cabinati di Sega per rivivere l’esperienza integrale di classici come Puyo-Puyo, Virtua Fighter e Space Harrier o il nuovo Kamuro of the Dead, spassoso sparatutto a tema zombie;  giocare a Mahjong con gli anziani della zona; gareggiare con dei droni personalizzabili; dilettarci con un vetusto flipper; praticare il baseball.

 

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Ma il cuore ludico di Judgment, oltre alle diverse dinamiche investigative che si risolvono in interrogatori, pedinamenti e studio del luogo del delitto, sono ovviamente le mazzate a base di arti marziali alle quali ci costringono ubriachi molesti, teppisti e delinquenti vari per le strade di Kamurocho. Si tratta di lotte nello stile di un picchiaduro a tre dimensioni, frenetiche, spettacolari e strategiche che non rischiano mai di annoiare con la loro violenza così iperbolica da risultare persino comica, quando non è drammatica per esigenze diegetiche.   Inoltre i combattimenti di Judgment, sebbene derivino da quelli di Yakuza, risultano più eleganti e aerei.

 

VITA NUMERICA

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Diversamente dagli episodi della saga di Yakuza questa volta i sottotitoli sono anche in italiano (l’audio è rigorosamente da lasciare in giapponese, non pensateci proprio all’inglese) quindi chi si lamentava da anni, denotando una certa pigrizia, per la mancata localizzazione nella lingua nostrana non ha più scuse per evitare le epopee di Toshihiro Nagoshi e la sua squadra di artisti. 

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E’ innegabile, il protagonista Tak non ha il carisma del Ryu di Yakuza che è comunque cresciuto a dismisura dopo più di sei videogiochi a lui dedicati, ma Judgment è uno dei videogame più ispirati e riusciti di Toshihiro Nagoshi per la potenza realistica e urbanistica della messa in scena. La vastità di Kamurocho non è nemmeno paragonabile a quella delle metropoli di tanti altri videogame, ma i suoi abitanti, i suoi negozi, le sue strade possiedono un’identità più riconoscibile, più vera e umana. Non ci sembra di camminare e vivere in mezzo ad un esercito di automi, persone fittizie che sciamano animate da un numero, ma a gente “possibile” della quale percepiamo l’esistere nel tempo e nello spazio del gioco, partecipandovi.

 

 

 

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