IL GRAN ANDREOTTI NON DIMENTICA CHI GLI HA VOLUTO BENE, AL PUNTO DI FINIRE IN GALERA - IL DIVO GIULIO SI PRESENTA AL FUNERALE DI GAETANO CALTAGIRONE (QUELLO CHE APOSTROFAVA, ASSEGNO IN MANO, FRANCO EVANGELISTI COL MITICO "A FRA' CHE TI SERVE?") - L'OTTUAGENARIO GAETANO ERA IL FRATELLO DI FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE, NONCHE' IL CUGINO DI FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE ("MESSAGGERO"), GRANDE ASSENTE - BELLAVISTA, AFFRANTO DAL DOLORE, S'È RITROVATO SERRATO DALL'EX MOGLIE E DA RITA RUDIC

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  • Filippo Ceccarelli per La Repubblica
    Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo

    UN SIGNOREUN SIGNORE

    Ci sono figure che senza volerlo, senza saperlo, anzi addirittura togliendosi di mezzo prima del tempo, finiscono per anticipare il futuro. E quando se ne vanno sul serio, come accaduto ieri a Gaetano Caltagirone, morto a Roma all' età di 80 anni, ecco, solo allora si capisce che hanno fatto scuola, hanno dato l' esempio, hanno aperto la strada a quello che adesso è fin troppo acquisito.

    GIANNI BILLE CECILIA BOTTAROGIANNI BILLE CECILIA BOTTARO

    Nessun altro personaggio della cronaca, più di Gaetano Caltagirone, è rimasto impiccato a una frase, per giunta attribuitagli da un suo interlocutore: «A Fra' che te serve?». E prima ancora di chiedersi quanto poco farebbe effetto questa brusca richiesta al giorno d' oggi, dopo gli eroi e i mariuoli di Tangentopoli, dopo i furbetti del quartierino e anche dopo questi sciacalleschi imprenditori scelti dalla Protezione civile, vale la pena di ricordare che la pronunciò, anzi certamente la sceneggiò nel 1980 l' allora luogotenente di Andreotti, Franco Evangelisti, che della filibusta democristoide interpretava l' anima più allegra e spudorata, con tanti di baffetti, occhio da pesce e incarnato giallastro, di gallina sotto sforzo, come dice il poeta, leggermente renale.

    STEFANO FOLLISTEFANO FOLLI

    Ebbene: in quell' intervista di Evangelisti a Paolo Guzzanti c' era qualcosa che superava l' estetica, lo stile e anche l' impudica ribalderia di quel detto: c' era il primo segno dell' addio alla legalità da parte di una intera classe dirigente e di potere partitocratico, del suo costituirsi in comunità extra-giuridica, non tanto contro, ma al di là e al di fuori della legge, comunque sulla via della privatizzazione della cosa pubblica.

    Poi è anche vero che Caltagirone, fallito, scappato e debitamente ricoperto dalla nera cappa delle accuse e del disonore, conobbe già nel 1988 la riabilitazione giudiziaria e anche un indennizzo, come ricordò con un filo di voce Andreotti a un giornalista del New York Times che quella storica frase gli aveva ricordato, con accento americano, in una drammatica confererenza stampa nell' aprile 1993.

    RITA ROVELLI E FIGLIO MANFREDI CALTAGIRONERITA ROVELLI E FIGLIO MANFREDI CALTAGIRONE

    Così come è vero che nel luglio scorso Caltagirone riottenne anche il titolo di Cavaliere del Lavoro che gli era stato tolto al momento della fuga, o dell' esilio. Quando con il suo Mystère abbandonò, dopo averla comodamente svuotata di tutto, la villa che era appartenuta ad Amedeo Nazzari (e mostrata da Fellini ne Le notti di Cabiria ).

    Qui, per festeggiare l' onorificenza, aveva ospitato la nomenklatura della Prima Repubblica, con propaggini nel giornalismo laico e nel mondo comunista, da annichilire il Pasolini di Petrolio.

    E sempre qui, in camera da letto, nel buio, in pigiama, a piedi nudi, seduto sul letto, Caltagirone riceveva direttori generali e presidenti di banche. Due tv accese, flaconi di medicine ovunque, fasci di banconote nel comodino. Qui firmava i contratti a mezzanotte in punto, per scaramanzia.

    FRANCO E ALBERTINA CARRAROFRANCO E ALBERTINA CARRARO

    In un delizioso libretto, L' Armata Caltagirone (Mondadori, 1980), Stefano Malatesta racconta uno straordinario incontro con questo inimitabile personaggio: «Avevo creduto di incontrare un Felix Krull romanesco. Davanti a me stava invece un Howard Hughes al penultimo stadio, i lineamenti induriti, due enormi borse sotto gli occhi». Quando Malatesta pronunciò il nome di Andreotti, «Caltagirone si alzò dal letto, irrigidendosi tutto, con le vene del collo che gli battevano. "Ma tu, chi ti manda, che cazzo vuoi?" cominciò a urlare».

    Resta uno dei più grandi giocatori d' azzardo, vanto e terrore dei casinò. Deciso, audace, dispotico, protagonista di scene incredibili e di leggende come quella secondo cui in Inghilterra si sarebbe mangiato una pallina di roulette; una differente lectio vuole che le abbia sputato sopra, costringendo l' inorridito croupier britannico ad asciugarla con una candido telo.

    Non sapeva perdere, ma quando vinceva, come solo lui sapeva, gli sceicchi si alzavano per stringergli la mano. Era un tipo difficile, duro, con una visione elementare della vita, un fascino rozzo ma infallibile, una energia pazzesca, una generosità insperabile che soggiogava i collaboratori, una volontà di salire ed esibire lussi che a un certo punto era divenuta quasi patologica.

    UN CALTAGIRONEUN CALTAGIRONE

    Eppure, tutt' altro che un parvenù. No scarpe sporche, nemmeno all' inizio, no soldi tenuti legati in saccoccia con un elastico, no piagnisteo come gli altri palazzinari figli di capicantieri. Originariamente siciliana, l' azienda di costruzioni del nonno Gaetano e del padre Ignazio era antica, estesa, solida e anche titolata. Il ramo di Gaetano e dei suoi due fratelli fece la sua scommessa sui lavori in appalto, a prezzi chiusi, con prevendita in blocco agli enti.

    La premessa di questo sistema stava tutta, evidentemente, nei rapporti strettissimi con il potere, e si perfezionò fino al punto - oh estrema beatitudine dell' andreottismo realizzato - di aver voce in capitolo nelle nomine degli amministratori di quegli stessi enti che avrebbero comprato le case. Anche per questo era necessario chiedere cosa servisse a Franco.

    RITA RUSICRITA RUSIC

    Così una società del gruppo venne battezzata "Giulio I" e un' altra "Giulio II", fermo restando che Caltagirone era assai premuroso anche con i dorotei, i fanfaniani, Forze nuove e con la corrente manciniana nel Psi. In quegli stessi anni, un giovane costruttore milanese stringeva impegnative relazioni con Bettino Craxi.

    Perché la politica ha bisogno degli affari,e viceversa;e questo scambio che sempre si adatta alla necessità dei tempi e dei luoghi, è comunque destinato a travolgere dubbi, intransigenze, ipocrisia. Con il che, anche a costo di forzare il paradigma secondo cui ogni storia personale è da considerarsi unica e irripetibile, Gaetano Caltagirone assomiglia a una specie di profeta di qualcosa che ha preso il sopravvento.

    Un padrone in rivolta. Un vincitore sconfitto. Un condannato risarcito, però lontano. Poi sì, certo, la vita degli individui è ancora più complicata, ma la morte è terribilmente semplice e non c' è vincita né perdita che possa impedirne il corso.

     

     

     

     

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