I LOVE BALO: LA SECOND LIFE (ROSSONERA) DI SUPERMARIO

Gianfrancesco Turano per "L'Espresso"

Amare Mario. Che altro doveva capitarci nella vita? Ma all'emozione non si comanda e Balotelli è un generatore emotivo a ciclo continuo. Che sia nero, nato a Palermo da genitori ghanesi e adottato a Brescia, che sia simbolo dei nuovi italiani e della società multirazziale oppure personificazione del calciatore milionario cui tutto è permesso, che prenda le multe in strada o tiri le freccette ai ragazzi delle giovanili, che aiuti le vecchiette ad attraversare la strada o le soubrette a procurarsi un vitalizio tramite gravidanza, con rispetto parlando sono tutte fregnacce.

Quando in amichevole contro il Brasile, a una distanza di 25 metri e passa dalla porta, Mario ha polverizzato l'incolpevole ragno appeso all'incrocio dei pali del colpevole Julio Cesar, il merito ha trionfato e i pudori nazionali hanno subito il colpo definitivo dopo avere vacillato su analoga cannonata di Mario agli ultimi Europei 2012 in semifinale contro i crucchi, detto sempre con sommo rispetto.


Proprio il portiere brasiliano Julio Cesar, che da ex compagno di Inter moraleggiava ad ogni occasione sugli sbandamenti di un ragazzo al tempo meno che ventenne, ha piegato le ginocchia di fronte al futuro numero uno del calcio italiano. La nomina non è sindacabile perché è stata conferita dal regnante in carica, Francesco Totti, sotto forma di pedata in un Inter-Roma del maggio 2010.


Al tempo, oltre a Julio Cesar, all'Inter c'era Josè Mourinho, ottimo e non grande allenatore capace del peggio come uomo. Il portoghese fulminò l'incostanza di Mario attribuendogli un neurone e per di più infortunato. Parlava uno che di recente ha accusato di brogli elettorali la Fifa non per i mille brogli della Fifa stessa ma perché molti giocatori (uno, Goran Pandev, e mentiva) gli avevano detto di averlo votato come mister dell'anno e invece lui, Josè, non aveva vinto.


Il neurone, come il gol e la matematica, non è un'opinione e se non si pretende intelligenza da un allenatore, da un medico o da un giornalista, non si vede perché si dovrebbe imporre a un calciatore l'ansia prestazionale da quoziente intelligenza.
Forse qui c'è più di un filo di razzismo. Per qualche ragazzata, Balotelli ha rischiato di finire nel cliché "incontrollabile forza della natura" durante il suo periodo inglese con stipendio pagato dai proprietari del Manchester City, gli al Nahyan di Abu Dhabi.


In Inghilterra c'è una predilezione per il campione, vero o presunto, purché sia maledetto e gli si possa costruire addosso una leggenda di intemperanze. Ci sono riusciti con George Best attribuendogli donne, bevute e battute a volte non sue (la più famosa, su come Best dice di avere sperperato il suo denaro, è del grande W.C. Fields). Ci sono riusciti con Paul "Gazza" Gascoigne, che aveva meno talento di Best ma era altrettanto efficace con birra e whisky. Ci hanno provato anche con Mario.

E visto che l'italiano ha scarso feeling con la bottiglia, hanno incominciato a montare casi di ogni genere fino all'ultimo scontro fisico con il suo allenatore al City, Roberto Mancini, fotografato poco dopo Capodanno 2013 mentre in piena crisi di frustrazione scuote il giocatore. Mario - va detto - non ha accennato a gesti di reazione contro l'allenatore che lo ha lanciato in serie A a diciassette anni (16 dicembre 2007, Cagliari-Inter). Ma un paio di settimane dopo la baruffa ha preso baracca e burattini e si è trasferito al Milan per la gioia del suo stratega personale, l'agente sportivo Mino Raiola, un ex pizzaiolo campano cresciuto in Olanda che sta alle provvigioni sui transfer di calciomercato come JP Morgan all'attività bancaria.


Con il passaggio in rossonero qualcosa è cambiato. Mario è cresciuto nell'Inter. Massimo Moratti lo ha allevato e lo ha mandato a studiare insieme agli altri delle giovanili all'Istituto Milano, dieci minuti da piazzale Loreto. Lì il ragazzo si è diplomato dopo avere perso un anno perché convocato agli Europei under 21. Mario è grato a Moratti ma nasce milanista come il suo compagno di maturità Davide Santon, oggi al Newcastle e prossimo a rientrare in Italia con il club di Silvio, Barbara e Adriano. Essere tifoso del club in cui si gioca dovrebbe essere ininfluente nel calcio di oggi. Lo insegna il multineuronale Mourinho che si dichiara ancora innamorato dell'Inter ma allena il Real e l'anno prossimo, com'è giusto, allenerà chi lo paga di più.


Mario, però, non è soltanto produttore di emotività. È emotivo lui stesso e ha passato il meglio della sua giovane vita a dissimularlo. Esulta poco, ma un po' di più da quando è al Milan. A volte sembra estraniarsi, ma un po' di meno da quando è al Milan che, del resto, è un club altamente emotivo da molto prima della marcia di Berlusconi su San Siro.
Per un giocatore passionale sentirsi amato dal pubblico non è importante, è fondamentale. Quindi, nel Milan e in nazionale, diventa essenziale dimostrare affetto a Mario e smetterla di perseguitarlo per ogni mezza fesseria che dovesse eventualmente combinare e che tutti i suoi colleghi alla sua età hanno combinato senza dovere passare sotto le forche caudine dello scandalismo.


L'ambiente familiare è un vantaggio duraturo e, alla lunga, vincente per Balotelli. La sua struttura di business, in via di espansione con il progredire dei ricavi (4,5 milioni di ingaggio netto ma grande appetibilità aggiuntiva per gli sponsor), è un misto tra il management professionistico, con la presenza di Raiola, e l'impresa familiare alla Totti o alla Alex Del Piero, con i due fratelli maggiori di Mario, Corrado e Giovanni, a seguire i suoi interessi fuori dal campo.


Adesso bisogna dare continuità a un secondo inizio di carriera italiana persino più promettente di quanto fosse stato il primo. Le qualificazioni per i Mondiali in Brasile, con Mario titolare, sono l'occasione per consolidare il rapporto dell'attaccante con i suoi tifosi. In azzurro Mario è a casa. Il commissario tecnico Cesare Prandelli e il regista Andrea Pirlo sono l'asse bresciano di un gruppo dove i milanisti convivono bene con il blocco dominante juventino.

Con le partite di club c'è ancora qualche problema. Non da parte di Mario ma nella testa di quelli che ancora gli cantano "se saltelli muore Balotelli" o "non esistono negri italiani". L'ultimo coro, allo Juventus stadium tre settimane fa, è costato alla Juve 4 mila euro di multa, a riprova che l'imbecillità è alla portata di tutte le tasche. Saltelleranno, gli imbecilli, quando Mario tornerà a segnare.

 

 

mario balotelli Presentazione Balotelli MilanMARIO BALOTELLI CON LA MAGLIA DEL MANCHESTER CITY MARIO BALOTELLI CON UN FUOCO DARTIFICIO MARIO BALOTELLI E ROBERTO MANCINI MARIO BALOTELLI E RAFFAELLA FICO LA BENTLEY DI MARIO BALOTELLI LA RISATA DI MARIO BALOTELLI mario balotelli

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