dubuffet

ART BRUT! RIELLO: AL BARBICAN DI LONDRA UNA MOSTRA CELEBRA JEAN DUBUFFET, UNO DEI FONDATORI DEL MOVIMENTO ART BRUT (ARTE PRIMITIVA) – POETA DEGLI SCARTI URBANI; L’ARTISTA FRANCESE ERA UN VISIONARIO NAÏF A CUI NON FACEVA DIFETTO UNA CERTA VENA AUTO-IRONICA "L'ARTE DOVREBBE SEMPRE FARTI RIDERE E FARTI PAURA (ALMENO UN PO'). TUTTO FUORCHÈ ANNOIARTI" - VIDEO

Antonio Riello per Dagospia

 

Il Barbican Centre (rilevante esemplare della cosiddetta Architettura Brutalista londinese) ha ri-aperto al pubblico l'Art Gallery con "Brutal Beauty". Potrebbe sembrare un curioso caso di nomen-omen, ma non è esattamente così.

dubuffet barbican

 

La "Brutalist Architecture" (tipica della metà del XX secolo e oggi storicamente assai rivalutata) viene generalmente intesa come una esibizione quasi muscolare di potenti forme in cemento faccia-a-vista, mentre il titolo della mostra fa invece esplicito riferimento al termine francese "Art Brut" ("Arte Primitiva" ). E' una meritevole mostra dedicata all'opera di Jean Dubuffet (le Havre 1901-Parigi 1985). Comprende più di 150 opere (molte mai viste prima sul suolo britannico e spaziano su circa 40 anni di attività).  La curatrice del progetto è Eleanor Nairne.

 

dubuffet barbican

La figura di Dubuffet è stata un po' lasciata in ombra negli ultimi decenni dal sistema artistico anglosassone. Forse perchè - in tempi dove i dati anagrafici spesso contano più di ciò che effettivamente si fa - questo artista non ha avuto una vita appetitosa/avventurosa da un punto di vista dell'attualità mediatica.

 

Non ha insomma dati personali etnici, sociali, fisici o sessuali che lo rendano "interessante". Apparteneva ad una famiglia francese benestante, ha iniziato a fare l'artista a quarant'anni suonati (senza aver fatto studi artistici tradizionali), non è mai stato discriminato, non è stato soggetto ad alcuna dominazione coloniale e forse non si à mai nemmeno drogato (per quanto se ne sa). E' comunque vale anche la pena di osservare, in un contesto più ampio, che quasi tutta Arte Contemporanea degli anni 60/70 gode relativamente di poca visibilità sulla rete, ed è quindi un po' come se non fosse mai esistita rispetto agli standard resi popolari della comunicazione dei social digitali.

Il "rivoluzionario borghese" Dubuffet nei suoi primi vent'anni di attività, facendo gli sberleffi alle matite e ai pastelli dell'Accademia, ha sistematicamente sperimentato ogni possibile materiale: bitume, sabbie, terre, stoffe, sassi, burro, fango, piume, patina da scarpe, inchiostri, pezzi di vetro, colle, colori acrilici, resti organici ed edili, cemento...perfino ali di farfalle. Ha praticato vere acrobazie con l'arte del "rigenero". Ogni cosa, anche la più ordinaria, per lui poteva assurgere pienamente alla nobiltà artistica. Un ribelle inoltre dotato anche di una certa allergia per gli intellettuali riveriti e blasonati del suo tempo. 
 
Nel 1947 una sua opera, "Limbour fabriqué à partir de crottes de poulet" (uno dei suoi ritratti dello scrittore surrealista Georges Limbour realizzato con resti di pollo), esposta alla galleria Rene Drouin causò proteste da parte dell' impegnato pubblico della sussiegosa Rive Gauche... Non era comunque un eccentrico isolato. Frequentava Braque, Breton, Léger e Duchamp. Conosceva anche molto bene Le Corbusier, assieme al quale fece un lungo viaggio in Svizzera. Era soprattutto in grande sintonia con Alfred Jarry e le atmosfere Patafisiche. 

dubuffet barbican

I cosiddetti "Hautes Pâtes", iniziati già nel 1946, sono delle lastre di parete sovrapposte ed incrostate poi graffiate ed incise con chiodi (e punteruoli) fino a trasformarle in atavici e misteriosi totem bidimensionali. Un primitivismo figurativo sciamanico e selvaggio che diventa presto una cifra ben definita del suo lavoro. Robert Smithson, Eva Hesse e Jean-Michel Basquiat (ognuno molto a modo suo) ne trarranno a tempo debito compiuta ispirazione.

 

La serie del 1954 "The Little Statues of Precarious Life" ci propone delle figure fatte di sassi, turaccioli, fogli di alluminio, paglietta metallica, combinati assieme. Sono immagini forti, in bilico tra farsa e tragedia e piene di personalità. La più riuscita è probabilmente "The Astonished Man", il ritratto di una creaturina tanto spaventata e stupita dalla vita da avere perennemente la bocca spalancata. Un "primitivismo" molto seducente e lieve, quasi confidenziale e struggente.

 

dubuffet barbican

Le opere note come "Texturology" (metà/fine anni '50) sono fatte di frammenti sbrecciati e montati/appiccicati su superfici verticali....idealmente l'impronta digitale geologica dei tanti possibili suoli che si trovano nella zona di Vance, nel Sud della Francia.

 

Dubuffet è e rimane comunque il poeta degli scarti urbani. Muri sbrecciati e strade sporche sono la sua ideale Arcadia. I "Paris Circus" (1961) sono dei collage tridimensionali e contemporaneamente delle spettacolari alchimie fatte di svariati tipi di rifiuti

 

dubuffet 19

Il progetto "L'Hourloupe", iniziato nel 1962 e continuato nel 1973, è quello che, almeno rispetto al grande pubblico, costituisce la faccia più nota della sua ricerca. Sono lavori di varie dimensioni (anche piuttosto grandi). Dominati da una colorazione solitamente blu, bianca e rossa; ricordano quei disegnini/scarabocchi semi-automatici che si facevano in quegli anni quando si stava seduti per lungo tempo al telefono (quello con il filo). Il gallerista parigino Pierre Matisse li fece conoscere anche al grande pubblico americano e diventarono, anche in forma di massicce opere tridimensionali per esterno, facilmente riconoscibili.

 

Quando si dice "un Dubuffet" correntemente si intende in genere questo tipo di lavori. Ben sessanta ne furono esposti assieme al Guggenheim di NY nel 1973 nel corso di una grande performance teatrale, "Coucou Bazar".  Oggi questa stessa installazione è parzialmente ri-esposti qui al Barbican (con un differente display). 

 

I "Theatres of Memory" sono cronologicamente le ultime opere in mostra. Certo necessarie per chiudere il cerchio, ma in verità forse un poco celebrative rispetto al resto. Molte anche le litografie e i multipli.

DUBUFFET

La controversa idea di fondo di Dubuffet era comunque che l'Arte non è quella prodotta solo dall'artista professionista ma è invece un qualcosa che sussiste in modo diffuso ed imprevedibile. Un germe potenziale in grado di svilupparsi soprattutto in situazioni particolarmente svantaggiate e/o di sofferenza: manicomi, prigioni, case di cura o semplicemente persone non particolarmente acculturate o comunque emarginate. In mostra si può ammirare una consistente parte della sua personale collezione di Art Brut abitualmente conservata a Losanna (fu precisamente lui a coniare questa espressione).

 

Tra i diciotto artisti ("ai margini") che ne fanno parte ci sono: Madge Gill, Gaston Duf, Aloise Corbaz, Scottie Wilson, Pierre Giraud, Laure Pigeon e naturalmente Auguste Forestier con le sue sculture lignee.

 

ANTONIO RIELLO

Dubuffet in sintesi: un visionario naïf culturalmente molto robusto. Da conoscere meglio. Uno che si divertiva davvero a fare quello che faceva e non mancava mai di una certa vena auto-ironica:

"Art should always make you laugh a little and fear a little. Anything but bore".

"L'Arte dovrebbe sempre farti ridere e farti paura (almeno un po'). Tutto fuorchè annoiarti".

 

 

 

 

Riello

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...