tel aviv museum art

ARTE SOTTO-COPERTURA - AL MUSEO D’ARTE DI TEL AVIV FOTO E VIDEO DI TAMIR ZADOK: LA STORIA DEL NONNO DELL'ARTISTA, CHE EBBE A CHE FARE CON LO SPIONAGGIO ISRAELIANO, SI MESCOLA CON LE VICENDE DEL FRANCESE SHLOMO CHOEN-ABARBANEL, VERO E PROPRIO AGENTE DEL MOSSAD CON L’HOBBY DELLA PITTURA - LA GRANDE INSTALLAZIONE ‘TWOSOME’ - VIDEO

 

 

Antonio Riello per Dagospia

 

Tel Aviv Museum of Art

A dispetto dello stato di conflitto semi-permanente che permea la vita di Israele Tel Aviv è una città in crescita tumultuosa e in pieno boom immobiliare. Una Manhattan che innalza i suoi grattaceli (non tutti bellissimi in verità) lungo le rive del Mediterraneo anzichè dell'Hudson River. Dopo i Russi degli anni passati, adesso sono soprattutto gli Ebrei francesi che si stanno spostando qui. Vecchi quartieri demodè vengono riscoperti e "gentificati". Recentemente tutti impazziscono per Neve Tzedek, una specie di graziosa enclave stile "Greenwich Village".

 

Una città contraddittoria, vivace ed affascinante dove il costo della vita è piuttosto elevato e la movida, anche grazie al clima e alla lunghissima spiaggia, non si ferma mai (cala ovviamente un po' di tono solo durante lo Shabbat, ovvero il giorno del riposo per la religione ebraica). Potremmo, semplificando, pensarla come una Rimini provvista di palme da dattero che funziona regolarmente tutto l'anno, senza stagioni, (come se fosse sempre piena Estate).

Rovnit video Broshis

 

Situato nel centro della città sorge il TEL AVIV MUSEUM OF ART che venne fondato nel lontano 1932 (quindi ben prima della nascita dello stato d'Israele). Oggi è un complesso costituito da una particolare stratificazione di sub-musei e padiglioni cresciuti nel tempo l'uno sull'altro (e anche l'uno di fianco all'altro). Questa  curiosa struttura architettonica, ecletticamente complessa  e disinvoltamente al limite del "labirinto", si riflette sul numero delle molte collezioni permanenti e temporanee che ecumenicamente convivono nel museo.

 

In un anfratto del dedalo di corridoi e scalinate, vicino alla caffetteria, un magnifico video di Michal Rovner, "Broshis" (2011), che si potrebbe vedere per ore senza stancarsi. Un lavoro imponente ed epico ma al tempo stesso senza enfasi o retorica. Centinaia di esseri umani, visti da lontano, che instancabili camminano silenziosi in lunghe file. Una evocazione potente e sommessa delle atroci "marce della morte" che hanno caratterizzato le fasi finali della Shoah. Rovner, rappresentò Israele alla Biennale di Venezia del 2003.

 

Louise Bourgeois TWOSOME

"Louise Bourgeois: TWOSOME" è una retrospettiva molto ben fatta (la curatrice è Suzanne Landau) dove finalmente non si vedono solo ragnoni giganti, come se l'artista franco-americana avesse fatto solo quelli nella sua vita.... Ci sono opere, sculture ed installazioni a partire dagli anni settanta, tra cui alcuni dei famosi "Fillette" realizzati addirittura già fine degli anni Sessanta. "Confessionale" (2001) e "Passage Dangereux" (1997) sono delle installazioni particolarmente intriganti e riuscite dove la "fallocrazia" è decisamente messa alla berlina e la sessualità della Bourgeois interroga permanentemente se stessa e la società Americana tra psicoanalisi, dramma e humor.

 

Louise Bourgeois Le Couple

Un po' meno entusiasmante forse l'opera "The Couple" (2208-2009): qui l'artista sembra quasi abbia nutrito un po' di invidia (è da supporre inconscia....) per il successo economico di Jeff Koons, infatti l'opera sembra come se fosse stata fatta da lui. Comunque, In un sala a parte, la grande installazione "Twosome" (1991) rappresenta il vero climax della rassegna: un pistone, delle dimensioni di una auto, entra ed esce in continuazione e con consumata lentezza da un voluminoso tubo appoggiato in orizzontale sul pavimento. Il senso potrebbe apparire ovvio dato il contesto, ma in realtà riflette il rapporto dell'artista con la famiglia ed in particolare quello con la madre. Mai dare le cose per scontate con la Bourgeois.

Louise Bougeois Passage Dangereux A

 

Nei meandri del museo, tra raccolte polverose  anche un po' improbabili (se non addirittura stravaganti) ci si imbatte comunque in più di una meraviglia.

 

Una di queste è sicuramente la biblioteca virtuale, semplice, geniale ed elegante, disegnata a matita e grafite sulle pareti da Yifat Bezalel, artista che ha vinto il Rappoport Prize 2016 come miglior giovane artista israeliana.

 

Un'altra è il curioso progetto fotografico e video di Tamir Zadok, "Art Undercover" ("Arte sotto-copertura"). La vicenda del nonno dell'artista, che ebbe a che fare con lo spionaggio israeliano negli anni Cinquanta, si mescola con le vicende del francese Shlomo Choen-Abarbanel, vero e proprio agente del Mossad, che operò con successo in Egitto negli stessi anni, fingendo di esser un artista francese con il nome di Charduval. Insomma, una spia con l'hobby della pittura che divenne artista di professione "per necessità di copertura" e finì per avere una certa notorietà artistica al Cairo: alcune sue opere furono anche acquistate dal Museo d'Arte Egiziano. Mescolando documenti e finzione artistica Zadok ricrea con talento questa interessantissima vicenda che profuma anche di serendipity .

 

Total Red Evgeny Khaldei

Girando per il Museo ad un certo punto si può visitare anche una  straordinaria mostra sulla fotografia Sovietica dei tempi di Stalin, "Total Red", (la mostra è curata da Raz Samira). Tra i fotografi ci sono artisti importanti  come Alexander Rodchenko e Max Alpert. Alcune delle foto sono famosissime, come quella di Yevgeny Khaldei che ritrae un soldato che issa la bandiera sovietica su Rheichstag di Berlino ormai distrutto nel Maggio 1945. Altre volte sono di rilievo invece i soggetti fotografati: è il caso di un intenso ritratto del musicista Dimitri Shostakovich ad opera di Boris Kudoyarov. Materiale comunque sempre interessantissimo sia storicamente che artisticamente.

 

A dispetto del pesante clima culturale stalinista  (censura stretta sull'Arte, imposizione ufficiale del cosiddetto "Realismo Socialista", culto della personalità per Stalin) questi fotografi mostrano una straordinaria capacità professionale e una energetica freschezza per niente sottomessa od omologata. La pittura soffrì molto in Unione Sovietica per le interferenze del potere politico, la fotografia invece (considerata meno incline per sua natura alle "perversioni borghesi" e anche mediaticamente più utile alla causa) godette invece evidentemente di una certo grado di libertà o almeno di rispetto. 

 

riello

Ultimo, ma non meno importante, un lavoro dal titolo "Gaza Canal" (2010). Si tratta sostanzialmente di un video, realizzato da un collettivo di artisti, che dura circa nove minuti e racconta in maniera apparentemente molto credibile e rassicurante della (fantascientifica ) trasformazione della Striscia di Gaza in un’isola grazie allo scavo di un canale che la separa dal resto di Israele. Un'opera surreale, tragica e buffa allo stesso tempo. Fa pensare per davvero. C'è Geopolitica, Storia, Antropologia e autoironia.

 

Attraverso questo museo, per certi aspetti magari leggermente caotico ma indubbiamente vitale, è possibile comprendere uno dei paradossi del panorama culturale di Tel Aviv. Una realtà estremamente internazionale e saldamente interconnessa a tutti gli angoli del mondo che si accompagna candidamente ad una esclusiva e concentratissima attenzione su se stessa e sulle proprie dinamiche radicalmente locali. Sembrano mancare del tutto le distanze e le geografie intermedie. E' un po' come guardare tutte le cose o con un binocolo o con una lente da ingrandimento.

Gaza Canal

  

 

 

Tel Aviv Museum of Art

27 Shaul Hamelech Blvd Tel Aviv,

ANTONIO RIELLO

61332012, ISRAEL

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