
ARTSPIA - NON SOLO CERN. A GINEVRA IL CENTRO D'ARTE CONTEMPORANEA E' UN PUNTO DI RIFERIMENTO DELLE RICERCHE PIU' AVANZATE DELL'ARTE & CINEMA. E LO DIRIGE UN ITALIANO IN FUGA: ANDREA BELLINI
Alessandra Mammì per Dago-art
Se ce ne fosse bisogno (ma forse no), lo sbarco di Ernie Gehr al Centre d'Art Contemporain di Ginevra è segno dei tempi e dell'ormai avvenuta caduta del muro tra arte e cinema. Perché Gehr considerato un padre del cinema sperimentale americano, congelato nella definizione di “Structural film “ che unì le sue ricerche a quelle di altri pionieri dell'immagine newyorkese anni 70, una mostra vera e propria in Europa non l'aveva mai fatta. Non perchè fosse contrario, tutt'altro. Ma perchè nessuno gliela aveva ancora chiesta. E anche in patria dove pure il suo lavoro è stato celebrato e protetto con l'iscrizione nel National Film Registry, si preferiva mostrarlo sul single screen della sala cinema.
Ernie Gehr Brooklyn series 2013
Perché nelle istituzioni museali l'arte è arte. E il cinema è cinema. Diverse sono le forme di fruizione, di produzione, di divulgazione. Diversi sono i pubblici a cui si rivolgono. Ma soprattutto diversi sono i direttori dei dipartimenti che nei musei si spartiscono i territori con militare severità. Mai non rispettare le compentenze che il collega non la prende tanto bene.
Scavalcare il confine è sempre difficile. Nonostante i digitali tempi, nonostante la diffusione di immagini sempre più liquide e nomadi da un mezzo all'altro, nonostante sia diventato difficile persino individuarlo questo confine.
Ernie Gehr "Serene_velocity" 1970
Essex Street Market -Ernie_Gehr
Per questo con intelligenza culturale (e di politica culturale) Andrea Bellini (direttore del C.A.C.di Ginevra) manifesta l'intenzione di sviluppare il lavoro iniziato con la Biennale delle Immagini in Movimento (vedi Art-spia 19 settembre) ampliando l'indagine ai maestri, ai precursori,a quei punti di riferimento del secolo passato necessari a meglio formare la ormai fin troppo estesa marea di giovani artisti con macchina da presa.
Un potenziale che sta rendendo il centro di Ginevra un punto di riferimento di queste indagini e nuove ricerche forse unico in Europa. Oggi si presenta non solo con la mostra di Gehr ( che già da sola vale il viaggio), ma anche con proiezioni dei film sperimentali dell'inglese Steven Claydon nella sala Dynamo ( il nome è programma), mentre Bellini già seleziona insieme a Yann Chateigné (direttore della scuola di cinema ginevrina Head) e Hans Ulrich Obrist ( direttore della Serpentine e curatore globetrotter) i lavori filmici da produrre per la prossima Biennale 2016.
Quindi rassegne, proiezioni, mostre e produzioni. Il cinema dei pionieri di ieri e degli sperimentatori di domani. Vecchi maestri e giovani talenti. Messe in scena potenti e rischi d'impresa.
Forte di questa missione, Bellini prende carta e penna e scrive a Gehr che conosceva solo per fama e per lavoro, chiedendogli se fosse disposto a mettere in scena le sue ricerche. “Temevo di doverlo convincere” dice “ Invece era già convinto”. E da Brooklyn il maestro risponde con otto progetti tutti inediti per l'Europa, di cui ben cinque inediti per il mondo.
Otto stazioni e un solo tema: il suo amore per New York, dove vive dal 1965 e che racconta con sguardo inedito e sghembo. “Bon Voyage” titola la mostra. E viaggio sia! In un moltiplicarsi e intersecarsi di strade e persone, immagini fluide e scolpite, lente e improvvise, chiuse in limiti geometrici o ripetute in tempi diluiti ed eterni.
Riprese dall'alto di un quarantesimo piano e poi montate con riquadri dal rigore suprematista. Vecchi film di inizio secolo rivitalizzati da un montaggio caleidoscopico. Un confronto con lo spazio e con il tempo che sarebbe risultato impossibile sul “single screen” della classica sala. E soprattutto uno scontro con le nostre abitudini visive e con una Manhattan che crediamo di conoscere e riconoscere grazie al cinema hollywoodiano e che qui invece ci sfugge di continuo.
Come continuo e ipnotico è il susseguirsi di quadri in movimento,di paesaggi umani e architettonici che chiedono al visitatore attitudine meditativa e coinvolgimento fisico totale. L'immagine di Gehr che all'origine nasce in 16mm, evolve attraverso centinaia di esperimenti nel digitale e conquista come un affresco questi nei 5oo metri di spazio espositivo. Aprendo finestre su Manhattan e sulla nostra visione.
E per chiarire meglio il suo pensiero in catalogo Gehr ha pubblicato un saggio di sole (bellissime) immagini ringraziando in calce il direttore per avergli dato questa idea senza mettere alcun limite alla sua realizzazione. “Quello che ha sempre catturato la mia attenzione quando vedo un film non è la narrazione, ma il colore, il tessuto, il movimento, il ritmo. Le stesse qualità che trovo nel guardare un dipinto, leggere una poesia o ascoltare della musica le cerco di fronte alle immagini in movimento”( Ernie Gehr ) .