BUSINESS A QUALUNQUE COSTO - LA GARA DI MOSCA IN CUI È MORTO ANTONELLI SI DOVEVA INTERROMPERE: LA PISTA ERA IMPRATICABILE

1 - TRAVOLTO IN PISTA COME SIMONCELLI
Matteo Aglio per "La Stampa"

La tragedia si è consumata dietro una nuvola d'acqua, che ha pietosamente celato lo scontro costato la vita ad Andrea Antonelli. La gara delle moto Supersport era appena partita, la pioggia era incominciata a cadere nella prima manche della Superbike che aveva aperto la giornata, ma l'intensità era pericolosamente aumentata. Nel primo giro le moto procedevano in gruppo, sollevando dietro di loro un muro d'acqua dietro il quale appena si scorgevano le sagome dei piloti.

È la cronaca di una follia. L'asfalto del Moscow Raceway, circuito di nuova costruzione non lontano dalla capitale russa, non riesce a drenare la troppa acqua. I piloti corrono alla cieca. Sul primo rettilineo, la Kawasaki di Antonelli tampona la Yamaha di Roccoli e il pilota umbro finisce a terra. Dietro sopraggiungono in tanti, alcuni riescono a schivarlo ma Lorenzo Zanetti non vede Andrea a terra. Lo urta a forte velocità, colpendolo sulla testa. In quel punto si sfreccia vicini ai 250 km l'ora. I medici accorrono subito sul luogo dell'incidente ma non c'è nulla da fare. Sconsolato il commento del dottor Corbascio della Clinica Mobile: «Era impossibile rianimare Andrea, da subito».

A 25 anni la vita di Antonelli si spegne così, in un modo simile a quello che portò via Marco Simoncelli nel 2011, in MotoGp, pure lui investito. In Malesia il Sic, dopo una banale scivolata, si trovò sulla traiettoria di Valentino Rossi e Colin Edwards e non ebbe scampo. Come molti altri. Successe lo stesso anche a Shoya Tomizawa nella gara di Misano di Moto2 nel 2010, colpito da Alex de Angelis e Scott Redding.

Lo scorso anno a Phillip Island, il 17enne Oscar McIntyre, in una gara di contorno del mondiale Superbike, morì in situazioni analoghe, rientrando in pista dopo un errore si scontrò con altri due piloti. E ancora nel 2010 fu a Indianapolis l'ultima gara di Peter Lenz, 13 anni appena: lui non terminò neppure il giro di ricognizione.

In un mondo in cui le misure di sicurezza hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni (le tute ospitano addirittura degli airbag e le balle di paglia sono state sostituite da ampie vie di fuga e barriere gonfiabili) nulla si può fare per evitare il contatto fra i piloti. Fatalità è la parola che tutti ripetono quando la morte fa il suo ingresso in pista, anche i piloti che con lei giocano ogni volta che indossano il casco. Ma la tragedia di Mosca ha origini diverse, perché la pioggia era troppo forte, i piloti stavano incominciando ad alzare le braccia dopo poche curve per segnalare ai commissari le condizioni impraticabili del circuito.

Eppure la direzione aveva dato comunque il via libera alla gara: le tv non avrebbero avuto nessun ritardo per il proprio spettacolo in mondovisione. Non importava che l'asfalto non riuscisse a drenare l'acqua, «the show must go on» è l'unica regola in uno sport in cui la sua parte oscura spinge sempre per venire a galla. C'è voluta la perdita di un ragazzo di 25 anni per interrompere le gare, compresa quella della Superbike che doveva partire subito dopo.

Le lacrime servono a poco, non possono lavare via la leggerezza con cui si è fatta accendere la luce verde di un semaforo che sarebbe dovuto rimanere spento. Antonelli ha raggiunto il Sic, frase scontata quanto terribile. Se ne sono andati entrambi per il motivo sbagliato, ma Andrea ha pagato in prima persona una decisione errata. Il motociclismo non potrà mai essere uno sport sicuro, il destino farà ancora la sua comparsa. Non significa doverlo aiutare.


2 - SCATTA LA RIVOLTA DEI PILOTI: "NON SI VEDEVA NULLA, BISOGNAVA FERMARSI"
M.A. per "La Stampa"

«Amo questo sport, ma in giornate come queste sto incominciando a odiarlo». Max Biaggi, campione in carica della Superbike e oggi commentatore dello stesso campionato, si è sfogato con queste parole su Twitter. L'incidente fatale di Andrea Antonelli ha fatto ancora puntare il dito contro una disciplina tanto affascinante quanto pericolosa. «Motorsport can be dangerous» è la frase che gli anglosassoni scrivono all'entrata di ogni circuito e campeggia anche sui pass che piloti e addetti ai lavori portano al collo nel paddock. Nessuno nega il pericolo, ma non si fa abbastanza per evitarlo.

Ne è convinto Marco Melandri, pilota Bmw in Superbike e vincitore dell'unica gara disputata a Mosca. «Nel 2011 ho fatto la figura del rompiballe al Nürburgring, passai per cattivo ma a volte serve umiltà» ha tuonato, ricordando una gara corsa sotto il diluvio e interrotta solo quando si era passato il traguardo dei tre quarti dei giri totali, in modo da non dovere farla ripartire. In Germania diluviava e i piloti rischiarono grosso. Il ravennate si scagliò contro la direzione gara e lo ha rifatto ieri: «Spero che questa giornata possa cambiare qualcosa. Forse il destino non si può deviare, ma oggi si poteva fare in più. La pista era impraticabile, non si vedeva nulla, la moto era difficile da tenere, bisognava fermarsi».

Alessia Polita è rimasta paralizzata dopo un incidente nel campionato italiano poche settimane fa a Misano. Ha affidato i suoi pensieri alla rete: «Non siamo dei burattini e dovrebbe arrivare l'ora che a comandare siano anche i piloti e non solo chi fa del business sulla nostra pelle». In MotoGp ce l'hanno fatta, la commissione sicurezza fu fondata nel 2003 da Rossi e Capirossi e si riunisce tutti i venerdì. Loris, dallo scorso anno, si occupa a tempo pieno della sicurezza del campionato con un altro ex pilota, Franco Uncini. Nella Sbk e nei campionati nazionali, però, i piloti non hanno la stessa forza.

La logica delle dirette tv e dello spettacolo a tutti i costi ha spesso la meglio. L'ingranaggio una volta messo in moto non si ferma, la MotoGp corse nel 2010 a Misano nonostante la morte di Tomizawa, il campionato italiano non si fermò dopo la scomparsa di Simoncelli.

Ieri a Laguna Seca i motori si sono accesi comunque. «Da Mosca è arrivata la notizia che fa venire a tutti la voglia di tornare a casa», ha commentato Valentino Rossi. Ben sapendo che non accadrà. «Quando succedono cose del genere mi chiedo quale valore abbia la vita nel nostro mondo - riflette Danilo Petrucci, oggi in MotoGp e a inizio carriera compagno di squadra di Antonelli -. Correrò, ma con la rabbia nel cuore». La passione non giustifica ogni cosa nel motociclismo. Ancora meno il denaro.


3 - IL CALCIATORE MANCATO CHE VOLEVA DIVENTARE COME VALENTINO ROSSI
Marco Gasperetti per il "Corriere della Sera"

La moto ce l'aveva nel sangue, come accade ai campioni. E neppure il papà allenatore di calcio era riuscito a fargli cambiare idea. «Sperava che mi appassionassi al pallone - aveva raccontato Andrea con quell'inconfondibile sorriso pieno d'orgoglio e determinazione - ma quando da ragazzino per la prima volta sono salito in sella di una minimoto non sono più voluto scendere. Allora abbiamo raggiunto un accordo per i weekend: partita la mattina e pista il pomeriggio».

Compromesso dimenticato quasi subito: era bastato poco a babbo Arnaldo, professore alla facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Perugia e docente di Teoria e Metodologia dell'Allenamento per la Federazione gioco calcio, a capire che quel figlio era nato per le due ruote e per le corse e aveva iniziato a seguirlo in quell'avventura come un angelo custode.

Andrea Antonelli, 25 anni, da Castiglion del Lago (Perugia), dopo un iniziale innamoramento per il motocross (lo zio gestiva una pista e aveva un incarico nel motocross mondiale), era entrato nel gran circo della velocità giovanissimo. Aveva quattordici anni nel 2002 quando aveva indossato per la prima volta la tuta con gli inserti rinforzati al titanio del Team Skizzato e con quel sodalizio aveva partecipato in sella a una «Aprilia 125» alla Coppa Italia. Era stato un anno straordinario.

Quel ragazzino terribilmente talentuoso, che atipicamente non arrivava dalle scuole romagnole ma dalla provincia umbra, aveva brillato non solo come debuttante e in pochi mesi aveva tagliato al primo posto il traguardo di Magione. Voleva diventare come Valentino Rossi. L'anno dopo, il 2003, avrebbe poi gareggiato con una Honda 125 Gp al Campionato italiano ed Europeo di categoria e cinque anni dopo il grande salto al Mondiale Superstock 1000 Fim, sempre con la Honda del team Althea AX52 di Roma e farà le prime due gare di Mondiale Supersport in Qatar e Australia.

Nonostante il talento, Andrea non era un pilota fortunato (agli inizi gli capitò di pagare per correre), di quelli insomma che riescono ad agguantare la vittoria per un soffio. No, sembrava che Antonelli i trofei se li dovesse conquistare con una fatica doppia, perché l'imprevisto era sempre dietro l'angolo. Poi, nel 2010, la svolta e nell'europeo Superstock 600 e nella Superstock 1000 per ben 14 volte era salito sul Podio e nel 2012 aveva debuttato nel Mondiale SuperSport. Proprio nelle qualifiche di Mosca aveva conquistato il suo miglior risultato di sempre: un quarto tempo che gli aveva permesso di partire in seconda fila.

Andrea Antonelli andava al massimo, con una tecnica ritenuta ineccepibile, ma non era un incosciente. Amava la sicurezza e non aveva esitato un attimo quando la Provincia di Perugia lo scorso anno lo aveva scelto come testimonial per una campagna sulla sicurezza stradale sulla statale Apecchiese Umbro-Marchigiana, uno dei percorsi più gettonati dai centauri nei weekend e purtroppo teatro di incidenti mortali causati dall'incoscienza di pochi.

«E Andrea aveva accettato con entusiasmo - ricorda commosso Marco Vinicio Guasticchi, presidente della Provincia di Perugia -. Mi aveva detto che ai giovani voleva trasmettere i giusti valori della sicurezza e del rispetto delle regole».

La fine di questo ragazzo che nella velocità aveva trovato una delle sue ragioni di vita ha commosso il mondo. Molti i commenti dei suoi colleghi di pista. Alessia Polita, la pilota di Jesi che ha perso l'uso delle gambe dopo l'incidente di Misano: «Ciao Andrea, vorrei poterti almeno scrivere lo stesso cartello...». Andrea sul cupolino della Kawasaki aveva scritto: «Forza Lady Polita non mollare mai!!!».

 

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