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CARPI DIEM - SABATO LA PROBABILE PROMOZIONE DEL CLUB EMILIANO CHE LOTITO NON VOLEVA IN SERIE A - I PEZZI PREGIATI DELLA SQUADRA (MBAGOKU IN TESTA) SARANNO CEDUTI E LO STADIO E’ DA RIFARE - CON CARPI, EMPOLI, CHIEVO CROLLA IL VALORE DEI DIRITTI TV

Beppe Di Corrado per “il Foglio”

CARPICARPI

 

Sopra ogni cosa, il Carpi gioca bene a calcio. Lo vedi dai movimenti: tutti in ventitré metri. Aggressivi, forti, concentrati. Ventuno vittorie, undici pareggi, quattro sconfitte. Soprattutto, solo ventiquattro gol subiti. Fabrizio Castori porta in serie A una squadra. E basta. La provincia con il mini-calcio, con gli stipendi contenuti sono contorno, colore, perimetro. La promozione sarà sabato 25, o al massimo il 2 maggio.

 

Sarà molte cose, perché quella frase di Claudio Lotito di qualche mese fa, ha arricchito il contorno, il colore, il perimetro. “Se me porti su il Carpi, se mi porti squadre che non valgono un cazzo, noi fra due o tre anni non ci abbiamo più una lira. Chi cazzo li compra i diritti? E questi non se lo pongono il problema”.

 

Ecco il Carpi simbolo, il Carpi immediatamente simpatico a quelli che non sopportano i modi sgraziati del presidente della Lazio. Come se quello fosse diventato il motivo per cui meritasse di andare in A, a prescindere. E s’è pure letto questo in quei giorni. Tra un reportage e l’altro sulla cittadina ferita, c’erano commenti di quel tenore e hashtag tipo #iostocolcarpi.

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Il gioco è scomparso, i gol pure, i giocatori anche, l’allenatore idem. Perché dobbiamo avere sempre un motivo in più per andare oltre una storia. Non bastava una squadra che gioca bene. Serviva l’emblema del calcio migliore contro uno ovviamente peggiore. Quindi la coincidenza della squadra che comincia la sua scalata dopo il terremoto dell’Emilia, quindi il club che mostra il modello produttivo di un pezzo d’Italia che ha combattuto con la crisi. Il Carpi giocava a pallone, punto. Il che significa non solo lo schema, la preparazione atletica, il mercato.

 

Significa ovviamente una società che funziona. Un modello, sì. Si può usare questa parola, a patto di rimanere confinati nella storia di una squadra, senza degenerare nell’esagerazione filosofico-psicologia della nascita o rinascita del Carpi. Modello lo è se si parte dalla sua storia e la si analizza asetticamente.

 

L’ha fatto il Post: il Carpi è stato fondato nel 1909 e ha passato la maggior parte della sua storia a giocare fra la Serie D e l’Eccellenza. Negli anni Novanta, grazie anche alle annate in cui fu allenato da Giovanni De Biasi e Luigi De Canio – futuri allenatori di squadre di Serie A – riuscì per diversi anni a giocare in Serie C1, cosa che all’epoca fu considerata un grande risultato.

 

CARPI STADIO CABASSICARPI STADIO CABASSI

Al termine della stagione 1996-1997, dopo una grande prima parte di campionato e un leggero calo nel girone di ritorno, il Carpi si ritrovò terzo nel girone A della Serie C1, qualificandosi per i playoff. Uno dei giocatori più forti di quella squadra era il 23enne difensore Marco Materazzi – che poi sarebbe arrivato a vincere i Mondiali in Nazionale, e all’Inter – in prestito dal Perugia.

 

Dopo aver battuto in semifinale il Saronno, il Carpi di De Canio si giocò la promozione in Serie B contro il Monza in una finale secca. Perse la partita 3-2, e rimase in Serie C1. Fu comunque una delle stagioni più di successo nella storia della squadra. De Canio se ne andò a fine stagione, e nel giro di tre anni il Carpi ottenne due retrocessioni e dichiarò bancarotta. Nel 2000-2001 giocò nel girone di Eccellenza dell’Emilia Romagna.

 

Fra il 2002 e il 2009 restò una squadra mediocre di Serie D. Nel 2009 si fuse con l’altra squadra della città, la Dorando Pietri (che prende il nome dal noto maratoneta di Carpi che nel 1908 finì primo la maratona delle Olimpiadi di Londra ma fu squalificato perché aiutato dai giudici ad arrivare fino al traguardo). In quella stagione la squadra perse la semifinale dei playoff nazionali contro il Pianura (una squadra della periferia di Napoli), vincendo 5-0 all’andata ma perdendo 8-2 il ritorno. Fu però ripescata, e tornò a giocare fra i professionisti dopo dieci anni.

 

kevin lasagnakevin lasagna

Nel giro delle tre stagioni seguenti, il Carpi ottenne una promozione in Serie C1 (che nel frattempo ha cambiato nome in Lega Pro) e un’altra in Serie B, alla fine della stagione 2012-2013: quell’anno arrivò terzo nel girone A della Lega Pro, e riuscì a battere nella doppia finale dei playoff il Lecce, che aveva dominato gran parte del campionato ma era arrivato secondo.

 

Era la prima volta che il Carpi veniva promosso in Serie B. Dall’inizio di questa stagione il Carpi è allenato dal Fabrizio Castori, che non ha mai allenato in Serie A ed è noto fra le altre cose per essere stato squalificato per due anni nel 2004 in seguito a una rissa durante una partita contro il Lumezzane.

 

 

In difesa ci sono fra gli altri Simone Romagnoli (24enne ex del Milan) e Riccardo Gagliolo, comprato dal Carpi nel 2012 dopo una buona stagione con l’Imperia in Serie D. A centrocampo, i tre titolari sono il capitano Filippo Porcari, che in passato ha giocato una stagione in Serie A col Novara, il 24enne Lorenzo Lollo (comprato dallo Spezia) e il 27enne Raffaele Bianco, ancora oggi di proprietà della Juventus dopo anni in prestito in varie squadre. In rosa ci sono anche Simone Laner, 31enne centrocampista del Verona, l’attaccante dell’Under 21 Salvatore Molina (in prestito dall’Atalanta) e Aljaz Struna, difensore sloveno del Palermo.

 

In attacco, il più forte della squadra è il Jerry Mbakogu, 22 anni, attaccante nigeriano ma in Italia da anni e cresciuto nelle giovanili del Padova. Mbakogu si era fatto notare fra il 2010 e il 2013 nella Juve Stabia, dove però giocava poco e in generale si era fatto la fama di giocatore piuttosto fragile. Comprato dal Carpi nel 2013, l’anno scorso ha disputato una buona stagione e quest’anno va fortissimo: ha buona tecnica, è molto veloce e batte bene i rigori. Nelle ultime settimane è circolata la voce che sia interessata a comprarlo il Borussia Dortmund. E’ abbastanza per costruirci una storia.

castoricastori

 

Senza aggiunte, senza coriandoli. Che bisogno c’è di trovare motivazioni altre se pensi che nel 2005 il Carpi era arrivato dodicesimo nel girone D della Serie D, evitando i playout per un solo punto? Tra l’altro non è neanche l’unica storia così e soprattutto non è la più clamorosa. Che impressione può fare l’arrivo in A di una squadra di una città di 70mila abitanti quando da decenni raccontiamo del Chievo? Oppure: che differenza c’è tra Carpi e Sassuolo o tra Carpi ed Empoli? Carpi è diventata un’allegoria, una metafora, un punto d’onore. Con o contro Lotito, senza neanche passare dal contenuto depurato dal contenitore.

 

Perché se togli il linguaggio triviale e scendi a che cosa davvero ha detto Lotito in quella telefonata intercettata, scopri che un problema c’è davvero e non ci vuole un particolare genio a capirlo: se in contemporanea hai Sassuolo, Empoli, Chievo, Carpi in A il valore dei diritti televisivi crolla. Per un semplice motivo: queste squadre hanno pochi tifosi, quindi fanno pochi abbonamenti alla paytv. E senza paytv oggi il calcio va in crisi. Di più: se resti nello stadio, senza pensare agli introiti dei diritti televisivi, vedi che il Carpi che sta dominando il campionato di B, che sta entrando nella storia fa una media di 2.750 spettatori, con una punta di 3.900 per il derby Carpi-Modena.

carpi duomo piazza martiricarpi duomo piazza martiri

 

Anche perché lo stadio, che peraltro è un velodromo riadattato, di posti ne ha 4.000. Quelli che hanno fatto il paragone con gli inglesi del Burnley, città della stessa dimensione di Carpi, non hanno tenuto conto di un fatto elementare: lì lo stadio è nuovissimo, ha una capienza di 22.000 posti e la media degli spettatori è di 17.000. Allora di che cosa parliamo? Nessuno può anche lontanamente pensare che il Carpi non meriti la A.

 

alberto bellellialberto bellelli

La merita alla grande, perché ha giocato meglio di tutti, perché a 6 giornate dalla fine ha 15 punti di vantaggio su seconda e terza, che neanche Napoli e Genoa avevano quando hanno vinto la serie B in carrozza. Forse a questo punto del campionato, neanche la Juventus li aveva. Ma con la stessa onestà non si può non ammettere che il problema ci sia. Ed è un problema non del Carpi, ma del calcio intero.

 

Se la Roma seconda in classifica pareggia in casa contro il Parma ultimo, penalizzato, tecnicamente fallito e praticamente retrocesso; se il Milan pareggia 1-1 contro l’Empoli che è esattamente come Carpi e Frosinone; se la Juve pareggia a Cesena; se l’Inter perde (come ha fatto) col Sassuolo; se il Napoli con il Sassuolo pareggia in casa (è accaduto all’andata); se i punti di differenza tra i due mondi sono pochi. Se avviene tutto questo vuol dire che le piccole hanno diritto di stare dove sono.

 

Ma significa anche che c’è tutto un mondo che nel calcio c’è sempre stato bene che oggi fa fatica: Bologna, Bari, Lecce, Pisa, Brescia, Catania, Cagliari. Se i modelli sostenibili si possono fare spendendo poco e guadagnando poco, i guai non sono di quella provincia che oggi gode. Sono degli altri. Allora bisogna porsele le domande e bisognerebbe anche che qualcuno trovasse delle risposte. Carpi fa benissimo il suo mestiere. Rivendica autonomia e unicità. Perché geograficamente e culturalmente sta nello stesso solco di Empoli, Chievo e Sassuolo. Ma sportivamente ed economicamente no.

 

stefano bonacinistefano bonacini

L’ha detto il direttore sportivo Claudio Giuntoli: “Il Carpi è il Carpi. E’ un modello a parte. Non ha la piazza e lo storia del Novara. La società ha le idee chiare, è forte e determinata, ma non ha la potenza economica che ha il Sassuolo di Squinzi. L’ascesa repentina della squadra ha comportato dei grandi sforzi per il settore giovanile, che ha bisogno più che mai di programmazione a lungo termine, ovvero per un periodo di almeno 5 anni dato che grandi investimenti non sono per ora possibili.

 

Per i risultati servirà dunque tempo, ma stiamo lavorando sin dalle squadre più piccole per competere nei prossimi anni. C’è da tener conto che finché eravamo in D le giovanili partecipavano a campionati provinciali, poi quando siamo saliti in Lega Pro abbiamo trovato campionati professionistici regionali e una volta giunti in B abbiamo dovuto affrontare i campionati nazionali”.

 

Modello Carpi lo è diventato quasi suo malgrado. Ha fatto scelte giuste. Non c’è una sovrastruttura particolare. Non c’è la scelta di “piccolo e bello” che molti vogliono far passare. E’ stato un obbligo. Hanno semplicemente fatto il massimo con il massimo dei soldi disponibili.

 

LOTITO 1LOTITO 1

Nel senso che se ne avessero avuti di più ne avrebbero spesi di più. Volevano rientrare tra i professionisti, questo era l’obiettivo. Era il 2009. Era appena finita la settima stagione consecutiva di D. Il Carpi fu raggiunto nella stessa serie dalla Dorando Pietri, seconda squadra della città. Il presidente di quel club era Stefano Bonacini, ovvero l’attuale presidente del Carpi. Perché in quell’anno le squadre si fusero.

 

Accanto al presidente Fausto Salami, si misero Maurizio Setti, oggi presidente dell’Hellas Verona, e proprio Bonacini, imprenditore nel mondo della moda che aveva già annusato il calcio facendo da sponsor con la sua azienda, Gaudì, a squadre come Udinese e Genoa. E’ da lì che parte tutto. Comprando chi si doveva comprare e vendendo chi doveva essere venduto. Affari, punto. Come Jerry Mbakogu: preso in estate gratis dal fallimento del Padova. Non aveva una squadra e loro gli hanno fatto un contratto a 100mila euro l’anno. Sarà venduto. Come altri. Perché i soldi non sono tutto, ma sono molto. Poi c’è lo stadio.

 

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Perché per giocare in A, il Sassuolo se l’è dovuto comprare a Reggio Emilia, Carpi no. Si parla di uno stadio modulare, cioè fatto a pezzi da montare e smontare. Un grande meccano. Ci ragionano, ma boh? “E’ una soluzione che viene adottata all’estero, dove le squadre che raggiungono la massima serie, fra fatturati e diritti televisivi, ottengono molti più soldi di quanto non avvenga in Italia.

 

In Inghilterra se vinci la Championship e raggiungi la Premier League prendi 120 milioni di sterline; in Germania 50 milioni se vai in Bundesliga. Nella seconda divisione tedesca prendi 20 milioni annui, qui 2,5. Per noi è impossibile pensare di investire in una soluzione come lo stadio modulare come fanno all’estero, rimane troppo costoso, si parla di 3-4 milioni di euro e inoltre non risolverebbe la questione in modo definitivo”.

 

Amplieranno il Cabassi, più probabilmente. Faranno i lavori per tutta l’estate, con la probabilità di dove giocare le prime partite altrove, in attesa dell’omologazione. Dicono ci saranno fino a 10.000 posti. Intanto sabato 2 maggio, comunque vada il 25 aprile, sarà il record storico di spettatori. Per la festa della promozione. Per la A. Collegamento in diretta: “Stadio Cabassi gremito in ogni ordine di posti”. Quattromila persone, olè. E’ una bella storia. E’ solo calcio, per favore.

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