1. COME SONO BRAVI GLI ARBITRI ITALIANI. QUELLI CHE FREMONO PER CONSEGNARE AI PRIMI DELLA CLASSE UN CAMPIONATO CHE LA JUVE VINCEREBBE ANCHE SENZA L’AIUTINO. MA LORO, I FISCHIETTI D’ITALIA, DA SEMPRE, PROPRIO NON CE LA FANNO. ZELANTI, SI SPENDONO 2. AL BENTEGODI QUANDO TEVEZ SVICOLA ALLE SPALLE DEI CENTRALI DEL VERONA PER FARE ZERO A DUE O AL 90’, QUANDO LICHTSTEINER GIOCA A PALLAVOLO IN AREA JUVENTINA IN CAMPO ARRIVANO PENTOLE E IL PUBBLICO URLA A PIENA VOCE: “LADRI, LADRI” 3. LA ROMA FERMATA NEL DERBY DOPO ESSERSI VISTA ANNULLARE (GIUSTAMENTE) L’UNO A ZERO PER UN TAP-IN DI GERVINHO IN OFFSIDE SIMILE A QUELLO DELLO JUVENTINO 4. TRENT’ANNI FA, AI TEMPI DEL GOL DI TURONE, DI UNA DOMENICA COME QUESTA SI SAREBBE PARLATO A LUNGO. FACILE CHE OGGI SI FINISCA PER NON FARCI TROPPO CASO

DAGOREPORT

Come sono buoni i bianchi. Come sono bravi gli arbitri italiani. Quelli che fremono per consegnare ai primi della classe un campionato che la Juve vincerebbe anche senza l'aiutino. Ma loro, i fischietti d'Italia, da sempre, proprio non ce la fanno. Zelanti, si spendono. Una volta si chiamava sudditanza psicologica.

E già prima che l'interista di passaggio Gigi Simoni, impazzito per il tackle subìto dal fenomeno Ronaldo, invadesse il campo di Torino per farsi giustizia, Dino Viola regalava righelli a Boniperti allo scopo di misurare con ironia la distanza tra potere reale e legittime aspirazioni.

In questo febbraio in cui quelle della Roma stavano per cedere il passo alla realtà, l'eterna storia del potere calcistico nazionale è tornata a far visita alla sonnolenta serie A. Ancora "questioni di centimetri" e polemiche infinite che senza il guizzo dell'argentino di Verona partito dai dilettanti Juanìto Gomez in pieno recupero, assumerebbero il tenore della rissa scomposta.

Invece la Juve a lungo in vantaggio al Bentegodi con un gol di Tevez in fuorigioco si fa riprendere due gol dal Verona (nel disastro arbitrale è irregolare anche l'1-2 di Toni e dubbio persino lo 0 a 1). Si fa riprendere e non stacca la Roma, fermata nel derby dopo essersi vista annullare (giustamente) l'uno a zero per un tap-in di Gervinho in offside in tutto e per tutto simile a quello dello juventino.

Trent'anni fa, ai tempi del gol di Turone, dei gol nel tardo pomeriggio in Novantesimo minuto e di un duello Roma-Juve che alla dialettica offriva materiale generoso a lunghissima scadenza, di una domenica come questa si sarebbe parlato a lungo. Facile che con gli odierni interpreti del romanzo pallonaro si finisca per non farci troppo caso.

Questione di assuefazione, di logorio argomentativo, di pesi, di misure. Questione di regole. Al Bentegodi quando l'Apache svicola alle spalle dei centrali di Mandorlini per fare zero a due o al 90', quando Lichtsteiner gioca a pallavolo in area juventina mentre in campo arrivano pentole e il pubblico urla a piena voce: «Ladri, ladri», risultano ininfluenti.

A Roma (dove l'11 di Totti, anche per meriti laziali, ha qualche occasione ma sbaglia la partita) sono rispettate alla lettera. Così Conte si rammarica nel dopo gara e parlando di necessari «bagni d'umiltà », di «disattenzioni molto gravi» e fa capire che cambierà qualcosa.

E a sud, Garcia fa finta di accontentarsi ma non sembra molto più contento del collega per l'occasione persa: «È mancato l'ultimo passaggio, è comunque un punto fuori casa». Tutti scontenti dunque, ma per chi rincorre, una settimana in meno per recuperare il meno nove virtuale.

LE LACRIME DI MARIO. IL PIANTO DEL MILAN

Se a Roma le lacrime sanno di rimpianto, a Napoli quelle di Balotelli sostituito da Seedorf somigliano a un pianto che confina con la crisi di nervi. Il Napoli passa per 3-1 sul Milan e si avvicina al duo di testa. L'accozzaglia svogliata di Clarence è invece nelle smorfie del suo nocchiero.

Seedorf ha una squadra mal costruita e necessità di poter sperimentare in pace, perché in questa seconda parte di stagione, se l'ambizione è costruire qualcosa, deve poter sbagliare. Se i calciatori sono questi, rivoluzione dovrà essere per forza. Via gli impresentabili Mexès, Robinho e variopinta compagnia e un discorso chiaro a Supermario per capire chi voglia davvero essere da grande.

Vince e sale la Fiorentina che si impone sull’Atalanta per 2-0, mentre in zona Europa l’Inter spezza le reni al Sassuolo con una testata del vecchio pirata Walter Samuel e con i primi tre punti in un colpo solo del 2014, offre un sorriso al preoccupato Mazzarri. Ride meno il primo licenziato dell’era Thoihir, il direttore dell’area tecnica Marco Branca e non ride per niente il Torino. Il tonfo di giornata è della Ventura band. Partita molle e regalata al Bologna che in Piemonte tira due volte in porta e vince per 2-1.

Immobile porta i granata al quinto posto dopo cinque minuti, la presunzione, un Cerci bolso come mai e un po’ di sfiga (due traverse) permettono agli emiliani dediamantizzati di conquistare tre punti salvezza-Platino. Detto del bel punto del Verona, in alto frenano un po’ tutti accorciando ulteriormente la classifica. Pallido Parma casalingo con il Catania di Maran (0-0, siciliani ultimi ma ancora vivi) e balzi di Sampdoria e Udinese vittoriose su Cagliari e Chievo.

Mihailovic va a far visita alla Roma e viaggia a ritmi da Champions, Guidolin ha lanciato un portiere di 17 anni, Scuffet e tiene la serie B molto lontana. Bene anche il Genoa (1-0 sofferto a Livorno dopo lo choc nel derby). Domenica prossima fanno ventiquattro e in programma, non c’è neanche lo straccio di un big match.

 

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