1. DALLA POLITICA ALL’ECONOMIA, DAL CALCIO ALLA FORMULA 1, GERMANIA ÜBER ALLES 2. IL QUARTO REICH DOMINA TUTTO E NICKY LAUDA SBEFFEGGIA MONTEZEMOLO: ‘’FERRARI, MACCHINA DI MERDA. I CAMBIAMENTI A MARANELLO SONO IL SOLITO CASINO ALL’ITALIANA” 3. COSÌ COME IN MOLTI HANNO TROVATO INELEGANTE CHE LA MERCEDES ABBIA DATO LA COLPA DELLA DEFAILLANCE DI HAMILTON ALLE PROVE, FINITO CONTRO UN MURO, AL “FORNITORE ITALIANO DEI FRENI” (LA BREMBO, UN ALTRO PEZZO STORICO DELLA NOSTRA INDUSTRIA) 4. NON È LA PRIMA VOLTA CHE LAUDA VA GIÙ PESANTE CONTRO LA FERRARI. GIÀ DOPO. POCHE GARE SE L’ERA PRESA CON MONTEZEMOLO CHE CRITICAVA LA NUOVA FORMULA UNO: “IL SUO APPROCCIO È STUPIDO, STA DISTRUGGENDO QUESTO SPORT, ED È POCO SPORTIVO” 5. ‘’LA VITTORIA DELLA MERCEDES È PRIMA DI TUTTO UNA VITTORIA POLITICA. IL MERITO DEI TEDESCHI È QUELLO DI AVER IMPOSTO IL LORO MODELLO SUI TAVOLI CHE CONTANO. MENTRE LA FERRARI, DISTRATTA DA CHISSÀ CHE COSA, SI FACEVA SCIPPARE LO SPORT DI MANO’’

Marco Mensurati per “La Repubblica

 

NIKI LAUDA PRIMA DELL INCIDENTE NIKI LAUDA PRIMA DELL INCIDENTE

‘’La Ferrari è una macchina di merda. I cambiamenti a Maranello sono il solito casino all’italiana», firmato Niki Lauda, presidente onorario della Mercedes. Il caso diplomatico scoppia ieri mattina di buon’ora, quando sulle scrivanie più importanti del motorsport mondiale è arrivata l’intervista rilasciata dal tre volte campione del mondo e oggi pezzo da novanta della scuderia anglo-tedesca al quotidiano spagnolo El Pais.
 

In un primo momento si è pensato o, meglio, si è sperato che il pensiero di Lauda fosse stato sintetizzato in maniera un po’ troppo brutale dal giornalista. Poi però si è capito che la trascrizione era letterale, che c’era la registrazione e che, insomma, Lauda aveva detto proprio così, sheety car — o coche de mierda, se preferite — (del resto che Lauda sia una persona poco incline al politically correct è cosa risaputa nel circus: una volta parlando di suo figlio, pilota, disse che al volante era “una mezza sega”). E allora è stato il momento delle reazioni.
 

MONTEZEMOLO BAHREIN MONTEZEMOLO BAHREIN

La prima, la più imbarazzata è proprio quella della Mercedes. Nelle settimane scorse, la casa di Stoccarda era finita nel mirino della critica per il modo un po’ unfair di celebrare questo momento di gloria. In particolare, non era piaciuta la pubblicità fatta subito dopo la vittoria al Gp d’Austria — nel circuito della Red Bull e a pochi chilometri dalla sede dell’azienda — un manifesto con una Mercedes disegnata e la scritta: «Le frecce d’argento ti mettono le ali».

 

Così come in molti hanno trovato inelegante, sabato pomeriggio, dare la colpa della defaillance di Hamilton, finito contro un muro, al «fornitore italiano dei freni» (la Brembo, un altro pezzo storico della nostra industria).

 

Stavolta però il commento di Lauda è andato oltre: «Niki — recita un comunicato ufficiale che sembra un po’ voler prendere le distanze da quell’affermazione — è una leggenda della Formula Uno ed anche un esperto indipendente della televisione tedesca Rtl. E pertanto è libero di esprimere la propria opinione personale».
 

ALONSO FERRARIALONSO FERRARI

Non è la prima volta che Lauda va giù pesante contro la Ferrari quest’anno. Già dopo
poche gare se l’era presa con Montezemolo che criticava la nuova Formula Uno: «Il suo approccio è stupido, sta distruggendo questo sport, ed è poco sportivo» aveva detto. Montezemolo non reagì anche perché aveva molti problemi da risolvere a Maranello (di lì a poco si dimise Domenicali). Anche stavolta, la Ferrari preferisce non rispondere: «Lauda è un’icona del motorsport, non voglio commentare un titolo sensazionalistico estrapolato dal contesto», se la cava Marco Mattiacci.

 

L’impressione è che il nuovo team principal sia molto concentrato sulle mosse da fare per avviare il nuovo corso ferrarista. Di cui Niki Lauda, in un certo senso, rischia di essere una pedina fondamentale: nei giorni scorsi infatti proprio Lauda aveva raccolto l’invito della Ferrari a sedersi con la Fia intorno a un tavolo per studiare la Formula Uno del futuro.

 

RED BULLRED BULL

La Ferrari conta, finalmente, di ridiscutere con i principali attori dello sport molti aspetti, alcuni dei quali ritenuti strategici. E vuole farlo partendo dalla posizione di forza che le è naturale. Non sarà certo una frase (o un insulto) a mandare tutto all’aria.
 

 

2. GERMANIA ÜBER ALLES DAL CALCIO ALLA F1 UN DOMINIO TOTALE “SIAMO I MIGLIORI”

Marco Mensurati per “La Repubblica”

 

Per descrivere le reali proporzioni del trionfo Mercedes bisogna per forza partire dal grande preambolo di sabato sera, dal party molto glamour cui gli uomini della comunicazione di Stoccarda avevano dato il nome di “Notte delle stelle”, una sorta di celebrazione in chiave megalomane della trionfante efficienza teutonica sancita
dalla vittoria nel mondiale di calcio e dallo stradominio del campionato di F1.
 

Ferrari sede MaranelloFerrari sede Maranello

Finger food, champagne, hostess in tailleur nero e tante stelle. Nella location ricavata ai piedi della tribuna più chic dell’autodromo, le stelle erano ovunque, quelle a tre punte della casa di Stoccarda e quelle a cinque punte della maglia di Lahm e Goetze. L’effetto finale era quello di un’unica gigantesca nausea astrale, che dopo una mezz’ora sfondava il muro dell’ossessione e costringeva chiunque non fosse tedesco a tifare disperatamente per gli altri, chiunque essi fossero: se non la Ferrari, la Red Bull o, quantomeno Hamilton.
 

L’autocelebrazione germanica era in realtà cominciata molto prima, già da mercoledì, quando sul motorhome nero, che per dimensioni e colori domina l’intero paddock, era apparsa una scritta enorme: “Das Beste”, con il solito profluvio di stelle e stelline. Ecco, il Gran Premio di Hockenheim — cittadina a poco più di un’ora di macchina da Stoccarda — era cominciato così.

 

rosbergrosberg

E così è finito. Con Rosberg a lanciare urletti al cielo e a ringraziare la sorte di avergli concesso la grazia di una macchina tanto potente, e con Hamilton a strappare gli applausi dell’intero mondo del motorsport per una rimonta commovente, da 20° a 3°, dopo 67 giri a tutto gas, con sorpassi da Circo Massimo, botte e manovre al limite. Visto tutto questo, la gara, le feste, le stelle, un osservatore distratto potrebbe pensare che il successo Mercedes sia in primo luogo prodotto della cultura dell’organizzazione e della grande macchina che gli ingegneri tedeschi sono riusciti a mettere insieme. Ma sbaglierebbe. Perché quello che è stato evidente ieri più che mai, è che la vittoria della Mercedes è prima di tutto una vittoria politica.

 

rosberg bottas hamiltonrosberg bottas hamilton

Proprio come, probabilmente, sta avvenendo in altri campi, il merito dei tedeschi è quello di aver imposto il loro modello sui tavoli che contano. Mentre la Ferrari, distratta da chissà che cosa, si faceva scippare lo sport di mano (lasciando che la Fia appoggiasse la riduzione dei test e l’aumento del ruolo dei simulatori e della galleria del vento, temi da sempre contrastati da Maranello), la Mercedes portava l’intero movimento esattamente dove voleva, motori ibridi di dimensioni stradali, turbo.
 

Così ieri alla fine dei 67 giri più belli e spettacolari dell’anno — alla faccia della formula tassisti a cui ancora si aggrappa Luca Montezemolo — non ha vinto solamente Rosberg, ma ha trionfato l’impostazione politica imposta da Toto Wolff, Niki Lauda e Dieter Zetsche, cioè la triade che da due anni a questa parte comanda alla Mercedes. La controprova? Il timore reverenziale insolitamente mostrato dai giudici Fia nel non mandare fuori la safety car dopo il testacoda di Sutil.

rosberg bottas hamilton 1rosberg bottas hamilton 1

 

Eravamo alla fine della gara. Il pilota della Sauber si è girato e la sua macchina si è bloccata in mezzo alla pista. In altri tempi, o meglio, in un’altra situazione, la safety car sarebbe stata automatica. Ma ieri avrebbe messo a rischio (minimo) la vittoria di Rosberg, così la macchina è stata spostata a spinta dagli stewart con le macchine che sfrecciavano lì vicino.

 

«Di solito — sintetizza perfettamente Alonso — fanno uscire la safety car anche solo se per terra c’è un pezzo di ala anteriore. Lì c’era proprio tutta la macchina». Nel calcio si parlerebbe di sudditanza psicologica. Del resto, con tutte quelle stelle in giro,
era inevitabile.

 

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