ivan basso

“ERO SENZA ETICA, VOLEVO SOLO VINCERE” – IVAN BASSO SI RACCONTA A CAZZULLO, DAI DUE TRIONFI AL GIRO D'ITALIA ALL’OPERACION PUERTO: "CONTATTAI UN MEDICO SPAGNOLO SPECIALIZZATO IN TRASFUSIONI VIETATE. DOPING? NON HO FATTO IN TEMPO. MA SO COS’HO FATTO, RICONOSCO LE MIE COLPE, E MI VERGOGNO" – ARMSTRONG (“LANCE PER ME È L’UOMO CHE INVIÒ A SUE SPESE UN MEDICO IN ITALIA PER PROVARE A CURARE MIA MADRE. LASCIO AGLI ALTRI IL GIUDIZIO SUL SUO DOPING, PER ME HA FATTO UNA COSA ENORME”), IL TUMORE AI TESTICOLI E IL RITIRO: "CAPII DI AVER FALLITO COME PADRE E MARITO, GRAZIE A MIA MOGLIE SONO RINATO. ORA COLTIVO MIRTILLI…” - VIDEO

 

Aldo Cazzullo e Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera” - estratti

 

ivan basso

«Per capire quanto dura la felicità di un atleta bisogna contare fino a sei, scandendo bene i secondi. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. È il tempo che serve a mettere a fuoco il traguardo, tagliarlo e alzare le braccia. Quando le hai abbassate, la gioia è già scivolata via e tu cominci a chiederti se vincerai di nuovo, oppure è finito tutto lì».

 

Ivan Basso, 47 anni, ha conquistato un Giro d’Italia (2006), ha provato a doparsi (2006) ma si è fatto beccare subito dalla giustizia sportiva confessando tutto (2007). Ha espiato le sue colpe con una lunga squalifica (2007-2009), ha vinto di nuovo il Giro (2010), ha fatto quattro figli (dal 2003 al 2014) con la compagna di una vita Micaela e ha sconfitto il tumore (2015) che l’aveva costretto al ritiro. Dal 2016 sta cercando di risollevare le sorti di un ciclismo italiano in grave difficoltà con un team professionistico di belle speranze che ha costruito da zero, il Team Polti VisitMalta.

 

Il suo primo ricordo, Ivan?

«Un triciclo rosso. Me lo regalarono a quattro anni e mi cambiò la vita».

 

Come?

ivan basso

«Ero figlio unico in una famiglia complicata. Mia madre Nives e mio padre Franco gestivano una macelleria, confondevano vita e lavoro e litigavano tanto e sempre. Non capivo le ragioni delle loro discussioni, ma soffrivo le urla e le parole grosse che volavano per le stanze. Il triciclo prima e la bici poi furono le mie ancore di salvezza: per fuggire le urla andavo in fuga e trovavo la pace girando all’infinito in tondo nel cortile».

E poi?

«Poi ho continuato la mia fuga passando dal triciclo alla bicicletta da corsa. Prima gara a sette anni, vinta. Seconda il mese dopo nel mio paese, Cassano Magnago, vinta. Vincevo sempre. A quel punto capii due cose».

 

 

(…)

 

ivan basso

Il ciclismo è fatica e dolore. Non la spaventavano così giovane?

«La fatica è un concetto sovrastimato. La fatica la puoi allenare, come i muscoli. È faticoso eseguire un compito che non ti piace o non sei capace di gestire ogni giorno. Vale per un professionista ma anche per chi lavora in ufficio. La fatica però puoi fartela amica se superi i tuoi limiti mentali».

 

Come?

«Provate a immaginare una sfida tra due corridori su una salita durissima come lo Zoncolan o il Mortirolo. Si procede appaiati, le gambe e i polmoni bruciano, entrambi pensano di essere vicini alla morte, di non poter andare oltre.

Poi a un certo punto uno dei due “muore” davvero sull’asfalto e all’altro sembra di volare. È tutto nella testa».

 

Fatica, dolore ma anche cavalleria e sfide rusticane. Quando vinse il suo primo Giro d’Italia, nel 2006, il suo avversario Gilberto Simoni dichiarò che lei le chiese soldi per lasciargli vincere l’ultima tappa di montagna.

«Nel ciclismo il capitano cede tutti i premi in denaro ai compagni di squadra e allo staff. Io a Simoni dissi semplicemente che se l’avessi lasciato vincere avrei rubato quei soldi ai miei compagni che si stavano ammazzando di fatica per me. È una legge non scritta, ma andava rispettata».

ivan basso

 

Subito dopo quella vittoria lei viene coinvolto nell’Operacion Puerto, uno dei più grandi scandali della storia dello sport europeo. Cosa accadde?

«Contattai un medico spagnolo specializzato in trasfusioni…».

Vietate.

«Ovviamente sì. A Madrid mi feci prelevare due sacche di sangue che poi mi sarei fatto iniettare prima del Tour per avere globuli rossi più freschi e andare più forte. Ma in un’operazione investigativa della polizia spagnola trovarono le sacche congelate, mie di altri, e associandole al Dna nelle banche dati della federazione mi identificarono».

 

Perché lo fece?

«Desiderio sfrenato, incontrollabile di vincere tutto. E consapevolezza che con quel metodo avrei potuto realizzare il sogno. Ero cresciuto in quel modo e nulla avrebbe potuto fermarmi, sapevo cosa stava succedendo ma non volevo rendermene conto. Pensavo di essere nel giusto».

 

Quindi lei non si è mai dopato?

«Non ho fatto in tempo. Ma so cos’ho fatto, riconosco le mie colpe, e mi vergogno. Ma ci sono motivazioni più profonde in quello che ho fatto».

 

 

Quali?

IVAN BASSO

«Come quasi tutti all’epoca, non ero educato all’etica della vittoria e della sconfitta, anzi non avevo nessuna etica. Non pensavo certo di essere nel giusto, ma mettevo davanti al giusto ma anche alla mia famiglia la voglia sfrenata di vincere. Per questo oggi l’etica è la prima cosa che cerco nei miei corridori».

 

Nel luglio del 2006, due giorni prima della partenza del Tour de France, gli organizzatori la cacciarono dall’albergo di Strasburgo dove era in ritiro con la squadra.

«Scappai da una porta di servizio e cominciò una caduta inesorabile ma lentissima. A fine estate tornai a correre per qualche mese fino a quando non emersero prove certe e mi trovai davanti — l’anno successivo — ad Ettore Torri, l’ex capo della procura di Roma prestato all’antidoping».

 

E con Torri?

«All’inizio negai tutto ostinatamente. Poi lui trovò le parole giuste o meglio mi portò allo sfinimento. Ammisi ogni colpa, concordai un lungo periodo di squalifica. Torri era un duro ma pieno di umanità. Quando firmai la confessione mi disse: “Basso, un giorno lei capirà di non aver bisogno di queste porcherie”. Parole ripetute tre anni dopo, e non più in un tribunale».

ivan basso

 

Dove?

«Sul palco dell’Arena di Verona nel momento in cui vinsi il mio secondo Giro d’Italia.

C’erano mia moglie, i miei figli, c’era Aldo Sassi, lo scienziato dello sport che fu l’unico a prendermi per mano e a guidarmi durante la squalifica. E si presentò anche Torri, il cacciatore di dopati. Mi disse: “Visto che avevo ragione?”. Essere coinvolto, smascherato in quell’operazione è stata la cosa più importante della mia vita».

 

Cos’è il Giro d’Italia che lei ha vinto due volte?

«È tutto. Averlo riconquistato all’Arena come Moser nel 1984, esserci riuscito dopo quello che era accaduto, è stato favoloso. Ma la felicità di un successo dura un lampo. Ero uscito dal circolo del doping, non da quello che mi incatenava alla mia prima vita».

 

Spieghi.

«Nel luglio 2015 sto disputando il Tour del France, a quel punto come gregario di Alberto Contador. Durante la tappa di Pau cado malamente. In ospedale con la Tac mi trovano un tumore ai testicoli in stato avanzato, da operare subito. Senza quell’incidente forse l’avrei scoperto troppo tardi. In quello stesso luogo, undici anni prima, un medico amico mi aveva telefonato dicendo che il tumore al pancreas di cui soffriva mia madre era allo stato terminale. Ho rivisto la mia vita, ho realizzato che un capitolo si stava chiudendo».

ivan basso

 

Lo stesso destino di Lance Armstrong, il Grande Bugiardo.

«Lance per me è l’uomo che — sopravvissuto a un tumore — inviò a sue spese un medico in Italia per provare a curare mia madre. Lascio agli altri il giudizio sulle sue bugie e sul suo doping, per me ha fatto una cosa enorme».

 

Crede nel destino?

«Evidentemente sì».

 

(…)

La «morte sportiva», il ritiro, è difficile da accettare?

«Arriva lentamente. Per trent’anni ho corso in apnea, cieco e sordo: non vedevo le montagne, non sentivo il tifo, pensavo solo a vincere.

A un certo punto mi sono accorto che percepivo nitide delle voci, quelle di chi gridava “Dai Ivan che davanti non sono lontani, li puoi ancora prendere”. Da inseguito ero diventato inseguitore. Sentivo gli applausi dei bambini davanti alle scuole e pensavo ai miei, di bambini, che in quel momento erano a lezione. Così ho capito che ero al capolinea, che dovevo ricominciare una nuova vita. Non avevo valutato che sarebbe stato così difficile».

 

Perché?

«Non si spegne una carriera con l’interruttore. Mi sono buttato nell’avventura della squadra a capofitto, con ritmi più serrati di quelli di prima, con il mio vecchio compagno Alberto Contador. Invece degli allenamenti e dei ritiri c’erano viaggi di lavoro, riunioni, contatti con gli sponsor. Prima avevo un team che mi supportava, adesso ero io il supporto. Poi è saltato tutto».

 

Come?

«Con mia moglie da anni abbiamo in piedi un’azienda agricola, nel varesotto: coltiviamo mirtilli. L’anno scorso Micaela di punto in bianco mi chiese di sedermi sotto il pergolato e cominciò a parlarmi. È andata avanti due ore, rovesciando la mia e la sua vita senza mai umiliarmi. Alla fine era tutto chiarissimo».

ivan basso

Cosa?

«Il mio fallimento come padre e marito. I miei quasi quarant’anni in apnea, le mie mancanze, i miei tradimenti ai doveri della famiglia, la scomparsa di ogni intimità tra me e lei. Ho capito che non avevo mai spento l’interruttore, che ero ancora l’atleta miope, ossessionato dalla voglia di successo che non vedeva altro nella vita. È stato profondo, violento, terapeutico. Ho ucciso l’Ivan Basso atleta e tirato fuori finalmente l’uomo».

 

E adesso?

«Mio figlio Santiago è appena passato professionista. Fa il mio stesso mestiere, non veste la maglia della mia squadra, non lo alleno io, si farà strada da solo se ne ha i mezzi. Io e Micaela proviamo gioia pensando che lui lavora in un mondo molto più etico di quello in cui vivevo io, che non ha la minima idea di quello che ci circondava e ci tentava alla sua età».

IVAN BASSO 1

Ultimi Dagoreport

la scala opera attilio fontana ignazio la russa daniela santanche santanchè matteo salvini

A PROPOSITO DI… QUANTO PIACE LA MATRICIANA ROMANA - IL FORFAIT DELLE ISTITUZIONI ALLA PRIMA DELLA SCALA, IVI COMPRESO LA SECONDA CARICA DELLO STATO, IL SICULO-MILANESE IGNAZIO LA RUSSA, HA SPINTO IL GOVERNATORE DEL PIRELLONE LOMBARDO, ATTILIO FONTANA, INDOSSATI I PANNI DI NOVELLO ALBERTO DA GIUSSANO A DICHIARARE: “ANCHE SE TUTTI APPREZZIAMO LA MATRICIANA, IL NORD DÀ FASTIDIO” – DÀ COSÌ FASTIDIO CHE NEL GOVERNO DELLA “PULZELLA” DELLA GARBATELLA, SIEDONO BEN 6 MINISTRI “LUMBARD” SU 24. E BEN 5 SONO DELLA LEGA – A RISPONDERE A FONTANA, CI HA PENSATO IL RODOMONTE DEL CARROCCIO, SALVINI: “TRA UNA MATRICIANA E UNA CARBONARA TROVI I SOLDI PER SISTEMARE LE CASE POPOLARI”…

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”