de mita

“IN POLITICA E’ STATO UN UOMO DI GHIACCIO, IN FAMIGLIA ERA ZUCCHERO FILATO” – A UN ANNO DALLA SCOMPARSA, LA FIGLIA ANTONIA RICORDA L'EX PREMIER CIRIACO DE MITA – LE LITI CON CRAXI (“MA SI STIMAVANO”), LA ROTTURA CON VELTRONI (“ERA AL TELEFONO CON LUI, LA LINEA CADE E WALTER NON LO RICHIAMA PIU’”), IL MANCATO SALUTO A RENZI – “ALLE POLITICHE LEI HA SOSTENUTO GIANFRANCO ROTONDI E LA DESTRA. QUANDO È MORTO MIO PADRE SONO ARRIVATI GLI SCIACALLI CHE SI CONTENDEVANO IL CONSENSO E IL NOME DI MIO PADRE. PENSAVANO DI ESSERE GLI EREDI. A QUEL PUNTO…”

Estratto dell’articolo di Simona Brandolini per corriere.it

 

ciriaco antonia de mita

«Un uomo di ghiaccio in politica, ma un padre e un nonno di zucchero filato». Il 26 maggio è una data che Antonia De Mita non dimenticherà più. È la figlia più grande e anche quella più vicina all’ex presidente del Consiglio, tra le figure politiche più longeve e potenti della storia italiana, mancato appunto un anno fa. «Sono sensitiva — dice Antonia —, alla fine del lockdown, mi sono detta: lascio tutto, lascio Roma e vado da mio padre. Perché lo sentivo che sarebbe successo. Ho attraversato un dolore impensabile, sapevo che avrei sofferto, a 93 anni te lo aspetti. Ma io sono morta insieme a mio padre». Quello che segue è il racconto, politico e personale, semplicemente di una figlia. 

 

(…) Certo che nell’immaginario di chi ha visto il De Mita pubblico è difficile pensare all’aggettivo “buono”: si direbbe ironico, a volte cinico, anche feroce, ma non buono. 

«In politica è stato l’uomo di ghiaccio. Gliene dicevano di qualsiasi tipo, non faceva una piega. Ma nel privato, no. Poi con gli anni si è ancora più ammorbidito. La grande svolta sono stati i nipoti, sette. Un uomo di zucchero filato». 

Andiamo per periodi: cosa ricorda del sequestro Moro? 

veltroni de mita

«Ciriaco era legatissimo ad Aldo Moro, aveva un affetto umano e un’ammirazione profonda nei suoi confronti. Lo amava anche caratterialmente, per la sua mitezza, così diverso da lui. Io ricordo solo che ero a scuola e tutti urlavano “la De Mita deve essere portata fuori”. Mi sono venuti a prendere, caricata in auto. Mio padre non l’ho visto per tutto il periodo del sequestro». 

 

Con Bettino Craxi invece non si sono mai capiti, in fondo. 

«Mio padre non era mondano, le riunioni si tenevano o a piazza del Gesù o in casa, quindi ascoltavo. Un giorno, prima della famosa staffetta, ricordo ancora cosa indossassi e cioè un pantalone grigio e una camicia bianca, mi giro e vedo in salotto Bettino Craxi. Io gli dico: ma lei è Craxi? Non aveva occhi, ma uno scanner. Sorrise e se ne andò. Io sentivo che tutti dicevano che litigavano, ma poi se si guardano le foto di papà e Craxi insieme non ce n’è una in cui non ridano. C’era stima e io penso che papà per riavere Bettino tra i piedi, avrebbe fatto i salti mortali». 

 

de mita craxi

Dagli anni ’80 al 2008, la rottura con il Pd, anzi con Veltroni. 

«Prima della convention del Lingotto, papà chiama Veltroni, purtroppo aveva il vizio di pensare che gli altri lo dovessero ascoltare. La linea cade, Veltroni non lo richiama più. Mio padre capisce e in assemblea dice: questo è il mio ultimo discorso. Mi prese un colpo. Poi capii che voleva dire che sarebbe stato l’ultimo discorso nel Pd. Ne abbiamo la certezza, quando a un certo punto ci arriva una telefonata di una giornalista che avverte papà che Veltroni avrebbe preferito Pina Picierno a lui. Voleva chiudere la sua carriera politica. Lo minacciai, gli dissi: me ne vado, se butti la tua carriera politica così. Mi ascolta. Chiamiamo Tabacci, che stava mettendo su la Rosa bianca, e ci alleiamo con lui. Ma quella fu una botta vera, anche se si è ripreso da solo. De Mita spostava il 7 per cento o anche solo il 3 per cento, che ha fatto vincere De Luca in Regione. Era così». 

 

Poi ci sono state le schermaglie con Matteo Renzi, sul referendum soprattutto: De Mita sosteneva il no, storico il loro incontro moderato da Enrico Mentana su La7. 

ciriaco de mita in pista

«Una volta andammo al San Carlo ad ascoltare Kaufmann. Era atteso Matteo Renzi, presidente del Consiglio. Tutti erano lì per lui, mica per l’opera. Dopo ci fu un aperitivo sulla terrazza del Circolo dell’Unione, io ero stanca. Dico a mio padre: ma vuoi andare a salutare Renzi? Lui mi fa: e tu? No, allora andiamo a casa. Ce ne siamo andati, quando tutta Italia era ai piedi di Renzi». 

Uno degli uomini più potenti d’Italia perché torna a fare il sindaco, ad oltre ottant’anni, nel piccolo paese natale di Nusco? 

«Perché non fare politica, non era contemplato. E nella prima fase si è molto divertito: con Fabrizio Barca hanno messo insieme 25 comuni e le risorse. Un piccolo Pnrr anti litteram». 

E poi? 

«Poi si è divertito di meno, perché la testa di papà, fuori dalla norma, si è scontrata con il paese». 

renzi de mita

(…)

Suo padre era un uomo di centrosinistra (nonostante la parentesi in Regione con Stefano Caldoro), ma alle politiche lei ha sostenuto Gianfranco Rotondi e la destra. 

«Quando è morto mio padre sono arrivati gli sciacalli che si contendevano il consenso e il nome di mio padre. Pensavano di essere gli eredi. A quel punto io e mia madre abbiamo deciso di sostenere Rotondi. Ho chiesto perdono a mio padre per quella fiamma nel simbolo, so che ha capito. Meloni ci ha ringraziato pubblicamente. Ma io pensavo che perdessimo. E invece abbiamo vinto. E sono sicura che papà sia stato contento: ho fatto fuori tutti quelli che lo hanno tradito. Questo sempre perché non faccio politica».

 

ciriaco de mita

 

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…