L’ARTE ANTICIPA LA REALTÀ – NEL 2010 L’ARTISTA ISRAELIANO, TAMIR ZADOZ, REALIZZÒ L'OPERA “GAZA CANAL”: UNA VIDEO-PROIEZIONE CHE RACCONTA LA STORIA DI UNA IMMAGINARIA SEPARAZIONE FISICA DELLA STRISCIA DI GAZA E LA SUA TRASFORMAZIONE IN UNA DESTINAZIONE TURISTICA – RIELLO: “ALL’EPOCA SEMBRAVA ROBA AI CONFINI DELLA FANTA-POLITICA O GIÙ DI LÌ. OGGI INVECE LO SI PUÒ LEGGERE COME UN’INQUIETANTE E PREOCCUPANTE VISIONE CHE SOMIGLIA PARECCHIO DA VICINO ALLE FANTASIE TRUMPIANE DELLA ‘GAZA RIVIERA’…”
Antonio Riello per Dagospia
Un artista: Tamir Zadok
Un luogo: la striscia di Gaza
Un anno: 2010
Nel 2018 ero stato invitato a visitare gli studi di alcuni artisti palestinesi nella zona di Ramallah, in Cisgiordania. Si tratta della città che, allo stato attuale delle cose, può essere considerata la "capitale temporanea" del futuro stato palestinese. L'intenzione, almeno sulla carta, sarebbe di portarla un giorno a Gerusalemme Est.
Al ritorno, in territorio israeliano, mi fermai a visitare il Museo di Arte Contemporanea di Tel Aviv (ne scrissi poco dopo per Dagospia: https://www.dagospia.com/sport/arte-sotto-copertura-museo-d-arte-tel-aviv-l-installazione-twosome-165481). Tra le tante cose che notai con interesse nella sale del museo ce ne fu una che, vista ai nostri giorni, ha assunto un carattere semi-profetico. O quantomeno adesso potrebbe risuonare come uno strano presentimento.
Si tratta dell'opera "GAZA CANAL" (del 2010) realizzata da Tamir Zadok e dai suoi collaboratori. Il sottotitolo (importante) è: "manipulating the conventions". E' una video proiezione che dura 9 minuti. Racconta la storia di una immaginaria separazione fisica della striscia di Gaza e la sua trasformazione in una fiorente destinazione turistica.
L'idea è semplice: scavare un ampio canale capace di trasformare il territorio palestinese in una vera e propria isola circondata dalle acque. Una enclave totalmente staccata dal territorio dello stato israeliano (una simbolica rimozione del problema di Gaza).
Il video è assolutamente molto ben realizzato, volutamente nello stile delle classiche presentazioni turistiche dei resort tropicali di medio-basso livello. Un poco Kitsch e un poco Pop. Dunque una cosa abbastanza credibile (almeno sul piano della realizzazione del filmato). Accanto allo schermo c'è una installazione che mima nei dettagli un bookshop - il Gaza Canal Visitor Centre - fornito di articoli promozionali provvisti di logo: T-shirt, tazzone in ceramica, asciugamani, adesivi, matite, gadget di vario tipo.
La popolazione palestinese in questo immaginato contesto non è presente: viene silenziosamente relegata in una specie di grande Alcatraz a cielo aperto. La rimozione fisica (qui letteralmente un "isolamento") suggerisce dunque una virtuale (e comoda) soluzione politica.
Tamir Zadok, nato nel 1979, è un riconosciuto artista israeliano che lavora soprattutto con fotografia, video e videoinstallazioni. Elabora artisticamente la propria identità nazionale con un certo grado di disincanto, se non di disagio. Approfondisce elementi della Storia del proprio paese in chiave molto personale. Non gli mancano insomma gli accenti critici rispetto alle politiche espansive dei coloni. E' politicamente impegnato a sinistra e non è da considerarsi un sostenitore delle posizioni aggressive di Netanyahu.
Progetto Great Trust per trasformare la striscia di gaza in un resort di lusso
Questo suo lavoro nel 2018 poteva suscitare una certa curiosità. Al massimo comunque della perplessità. Una tipica definizione convenzionale? Eccola: "la fervida immaginazione di un artista". Roba ai confini della Fanta-Politica o giù di lì. Oggi invece lo si può leggere come la visualizzazione drammatica di un progetto geopolitico incombente.
Forse qualcosa di non tecnicamente fattibile, ma di certo qualcosa divenuto quasi-concepibile dopo i fatti del 7 Ottobre 2023 (e i massacri successivi). O almeno una inquietante e preoccupante visione che somiglia parecchio da vicino alle fantasie trumpiane di cui sono piene le cronache.
Di certo l'opera ha assunto, con l'accelerazione della lunga crisi mediorientale, una forza e una attualità di certo imprevedibili al momento della sua ideazione. Il succedersi degli eventi storici influenza sempre la percezione che abbiamo di un'opera d'Arte.
GAZA CANAL è comunque l'ennesima eclatante dimostrazione del cosiddetto "Potere divinatorio delle Arti". Gli artisti - quando idealmente riescono ad alzarsi in punta di piedi - sono in grado, con la loro fantasia, di guardare un po' più il là degli altri (esperti compresi) e di immaginare cosa potrebbe succedere nel futuro.
Certo lo fanno a modo loro, vanno decodificati e interpretati. Solo che purtroppo il più delle volte, come in questo caso del resto, funzionano meglio le loro previsioni distopiche. Molto raramente gli artisti-ottimisti ci azzeccano.
Chiariamoci subito: GAZA CANAL non è certo legata a misteriosi complotti (tipo Mossad, etc. etc. ) né vuol essere in alcun modo un auspicio. Rappresenta piuttosto il contrario: una testimonianza - in chiave surrealistica - che attesta come, fin da prima del 2010, certi strati della popolazione israeliana erano ben consapevoli della necessità e dell'urgenza di elaborare seriamente delle soluzioni politiche per il destino della striscia. La semplice risposta militare di contenimento, da molti cittadini israeliani, non era vista né come giusta né come risolutoria.
In parallelo, la sintesi del caustico lavoro di Zadok è anche questa: il business turistico globale è diventato (lo era già nel 2010) una forza così potente da essere capace di ri-disegnare le mappe geografiche. E la banalità superficiale del turismo di massa sembra farla da padrone anche quando, proprio davanti ai nostri occhi, la Storia diventa Tragedia.
Gaza Canal
Tamir Zadok
Gaza Canal
Progetto Great Trust per trasformare la striscia di gaza in un resort di lusso
Progetto Great Trust per trasformare la striscia di gaza in un resort di lusso
Progetto Great Trust per trasformare la striscia di gaza in un resort di lusso
Progetto Great Trust per trasformare la striscia di gaza in un resort di lusso
Gaza Canal




