luis alberto

“LA LAZIO E’ TUTTO MA OGNI TANTO MI PIACE FARE UN PO’ DI CASINO” – LUIS ALBERTO, CHE RESTERA’ IN MAGLIA BIANCOCELESTE FINO AL 2028, SI RACCONTA IN UNA BOMBASTICA INTERVISTA A ZAZZARONI: “ORA VANNO DI MODA QUELLI DI UN METRO E NOVANTA. IO MI CONSIDERO L'ULTIMO DEI MOHICANI. NON HO UN MUSCOLO, SOLO TESTA E PIEDI. SONO DI UN ALTRO CALCIO MA NON SUPERATO - SARRI? SIAMO MOLTO SIMILI E STRANI" – E POI LA PARTENZA DI MILINKOVIC, IMMOBILE E L’INIZIO DI CAMPIONATO:” PER ORA E’ UNA LAZIO CONFUSA. IO MI ASPETTO…” - E POI PARLA DELLA SUA ORRIBILE TINTA GIALLA...

Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport

 

luis alberto

Anche sua figlia lo chiama mago. «Mago, fammi le magie con le mani, mi dice». Con le mani no, ma puo sempre provarci con i piedi. Luis Alberto e autentica magia, non illusione. Qualcosa alla quale la Lazio non puo e non vuole piu rinunciare: lunedi Claudio Lotito annuncera che il Mago, 31 anni compiuti proprio due giorni fa, quando ci siamo incontrati a Formello, restera fino al 2028, l’ultimo anno un’opzione. L’impressione e che la partenza di Milinkovic-Savic l’abbia in qualche modo liberato. Perche ora e piu centrale, presente, e non solo nella manovra.

 

E piu leader, spendibile anche nella comunicazione. «No no, non mi sono liberato di Sergej, e non e che non mi manchi un po’» spiega «pero e vero che nei sette anni passati insieme eravamo noi a doverci prendere delle responsabilita, mentre adesso, con tanti nuovi, devo fare per due».

 

E un ruolo che ti sei assunto volontariamente o ti e stato suggerito?

«Me lo sono preso io, da solo, perche penso che cosi debba essere. Sono nella Lazio da anni, oggi mi sento piu maturo, completo, devo aiutare un po’ di piu».

 

Sei anche piu esposto mediaticamente, in passato non andavi volentieri in tv.

luis alberto

«E dipeso anche dal momento che abbiamo attraversato. Io e Ciro dobbiamo essere i piu coinvolti, soprattutto quando le cose non vanno bene, quando la squadra non ha i punti che dovrebbe avere. L’importante, in situazioni come questa, e resta- re liberi di testa e sicuramente tutto arriva».

 

Il primo anno ti spacciarono per l’erede di Candreva, esterno destro. Prima dell’arrivo di Leiva ti spostarono in mezzo. In seguito hai fatto la sotto- punta, venti metri piu avanti. Dopo tanto girovagare per il campo, hai trovato finalmente il tuo posto nel mondo. «Strano che mi considerassero il vice-Candreva. Mai avevo giocato a destra, mai in vita mia. In Spagna, quando venivo impiegato da esterno, era sempre a sinistra, libero di andare dentro. Poi mi hanno piazzato al centro, mediano-play, e in seguito trequartista. L’avevo gia fatto nel Barcellona B. Anche da falso nueve avevo giocato. Insomma, dalla meta in su, tutti i ruoli e tutte le posizioni... Ricordo che nella prima partita al Siviglia, contro il Deportivo La Coruna, feci addirittura l’ester- no sinistro nel 4-4-2».

 

Sei il giocatore piu amato dai laziali, ormai e evidente. Il tifoso si riconosce nel Mago. Aggiungo che quest’anno stai mostrando una condizione invidiabile.

luis alberto

«Bueno, non lo so. Io credo che l’immagine della Lazio sia Ciro, anzi e Ciro. Rispetto tanto la societa, cosi come rispetto Ciro e penso che sia lui l’emblema del- la squadra. Ha fatto tante cose belle. Non so cosa dicano o pensino di me, fuori di qui. Non ho questa preoccupazione. Sono anni che sento voci, tante voci e di ogni genere. Buone, cattive. Non mi sfiorano ne le une, ne le altre. Io sono cosi, sono un po’ strano».

 

Un artista.

«No, penso davvero di essere strano. Nel calcio attuale se dici una cosa del genere sembra che tu sia malato».

Non capisco. Spiegati meglio.

«Vado sempre avanti per la mia strada, seguo le mie sensazioni. Se ti piace quello che dico e faccio, bene. Se non ti piace il problema e soltanto tuo».

 

napoli lazio luis alberto

Continuo a non capire. Ma mi arrendo. Hai vissuto tanti momenti difficili sul piano dei rapporti con societa e tecnico. Sarri, all’inizio, ti considerava difficilmente inquadrabile, un centrocampista di squilibrio. Mentre ora stravede per te.

«A volte lo faccio apposta ad alzare un po’ di polvere, specie quando cerco una motivazione extra».

Fai apposta cosa? Rompi con qualcuno per ricevere uno stimolo supplementare?

«Mi piace fare un po’ di casino, mi piace provare quella tensione, quelle sensazioni. A volte mia moglie mi dice: devi fermarti, non andare oltre. Io sono cosi, se voglio fare una cosa la faccio, non mi curo degli effetti. Se penso che una cosa sia giusta per me, e impossibile fermarmi».

 

Ce ne siamo resi conto. Un giorno vuoi andare al Siviglia, un altro ti vedi al Cadice.

«La verita sul Siviglia te la racconto. Tutti dicevano un sacco di cose: vuole andar via, vuole il Siviglia e tornare in Spagna, ma io non ho mai detto alla societa di volermene andare al 100%. Ho spiegato che avevo qualcosa in mano e che se era anche nel loro interesse sarei partito volentieri. Il Cadice e un discorso diverso, non e attuale, e la squadra del mio paese, sono le mie radici».

 

C’entrava per caso il rapporto con Sarri?

luis alberto maurizio sarri

«Il nostro era un rapporto un po’ strano. La squadra stava giocando senza di me e, gi stamente, io volevo il campo. Gli chiesi se potevo andare in prestito per sei mesi. Anche per prendermi un po’ di responsabilita, andar via mi avrebbe aiutato, avrebbe aiutato me e il Cadice».

Tu e lui sembrate molto diversi.

«E invece siamo molto simili».

 

Per dirla alla Luis Alberto, vi unisce una stranezza di fondo.

«Proprio per questo abbiamo vissuto momenti un po’ cosi. La mia testa andava da una parte, la sua da un’altra. Un allenatore deve pensare al bene del gruppo e non tutti gli allenatori, in certi momenti, sanno gestire alcuni giocatori. Ne abbiamo parlato, tranquillamente. L’annoscorsosiepresentato dopo dieci giorni, senza aver visto nessuno, per la preparazione di novembre e dicembre, con il campionato fermo per il Mondiale. Io volevo il Cadice, ritrovare la migliore condizione fisica, giocare. Lui avra notato qualcosa di diverso in me e mi ha detto “tu nonvai da nessuna parte, se ti alleni bene giochi sempre”. Da gennaio in avanti e cambiata la musica e anche la mia testa».

 

Cosa ti sta dando Sarri?

sarri luis alberto

«Si deve imparare un po’ da tutti. Anche quando stavo male con lui, parlando di calcio con gli amici spiegavo di averlo aiutato a capire qualcosa. Ma e soprattutto lui che mi ha aiuta- to a diventare un giocatore piu forte, completo. Grazie a Sarri sono cresciuto tatticamente, nelle fasi di non possesso e difensiva. Era quello che mi mancava, oggi mi sacrifico di piu senza perdere lucidita e brillantezza».

 

Il Mago che corre all’indietro.

«Il calcio e cambiato. Non e un calcio che mi piace tanto, pero e cosi. Tanti allenatori vogliono giocatori di un metro e no- vanta con un fisico impressionante, non sono io quel genere di atleta».

Fai correre la palla, ma trovi avversari che corrono il doppio di te. Potenza atletica e velocita contro tecnica.

«Piu dell’atletica conta la testa, no? Sono obbligato a giocare con la testa perche, come ti ho detto, se guardi il mio fisico non e proprio il massimo, non ho un muscolo. E non ho nemmeno una corsa bellissima. Pero, come dico sempre, alla fine tutto sta nella testa e se la mia testa corre piu veloce e libera non ce n’e per nessuno».

Ti consideri un giocatore antico, una sorta di ultimo dei mohicani?

Luis Alberto Sarri

«Sicuramente. Di calciatori con lo stile di gioco mio o di altri prima di me, oggi non ne vedo. Sono un amante del calcio di tecnica e se un giorno faro l’allenatore provero a ritrovare il calcio che piu mi piace».

 

Come hai giustamente ricordato, il calcio sta andando da anni nella direzione opposta alla tua idea e ai tuoi gusti.

«Ma io penso che il calcio alla fine vinca sempre, l’abbiamo vi- sto con Guardiola, con la nazio- nale».

Guardiola e un grande, ma per un calcio bello e anche vincen- te i suoi club spendono cifre fuori mercato.

 

«Per fare del buon calcio, e non solo per vincere, si puo seguire l’esempio del Brighton di De Zerbi. Vedo belle cose anche nella la nazionale spagnola, e da tanti anni».

Nazionale che non ti considera. Perche?

«Gli allenatori seguono le loro idee, i loro principi. Nella Spagna c’e gente giovane, soprat- tutto a centrocampo, Gavi, Pedri, Fabian. Non mi chimano».

 

Fabian e un giocatore vicino alla tua idea di calcio.

sarri luis alberto

«Molto tecnico, si. Io parto un po’ di piu con la palla, ma credo che lui cal ci da fuori area meglio di me.Siamo un po’ diversi, pero, si, alla fine siamo giocatori con la palla».

 

E vero che volevi abbandonare il pallone per fare il pittore?

«No no, e proprio una cazzata, e poi disegno malissimo. (Sorride). Mia figlia disegna mille volte meglio di me».

E se avessi davvero voluto dargliela su...

«Se non fossi diventato calciatore mi sarebbe piaciuto il tennis, purtroppo con la racchetta non sono forte... Avrei probabilmente la- vorato con i miei genitori nei campi. Mi sono sempre dato da fare. A dieci anni cameriere, dodici ore al giorno. Giocavo a calcio, altro non facevo, e mia madre mi disse che se avessi voluto qualcosa avrei dovuto pagarmela da solo».

 

Un’ottima scuola.

«A dieci anni ero gia nell’under 14 e l’allenatore non mi face- va giocare. Cameriere dal venerdi alla domenica e se c’era un matrimonio la giornata non finiva mai».

Luis Alberto Sarri

 

In fondo sei rimasto cameriere, pur se di primissimo livello, sette stelle. Servi palloni squi- siti ai compagni. Li fai bere e anche mangiare.

«Veniamo tutti da altre esperienze, i calciatori da vite non sempre semplici. Per la mia fa- miglia non e stato facile. Nove fratelli, io il piu piccolo, i miei hanno fatto sacrifici enormi, ho avuto la fortuna di arrivare per ultimo quando in casa c’era da mangiare per tutti e ogni giorno. Mia sorella, la prima, ha quasi vent’anni piu di me».

 

Ti sei legato alla Lazio per sempre. Anche se nel calcio il sempre non esiste.

«Per me la Lazio e tutto, e la seconda casa. Roma sara per sempre la mia seconda casa, ne ho una di proprieta anche per questo motivo. I miei figli v gliono restare qui, sono roma- ni. In estate hanno trascorso un mese in Spagna, non vedevano l’ora di rientrare a Roma. Dicono che questo e il loro posto. Mia moglie e felice, ed e la cosa piu importante. Qui abbiamo tutto quello che desideriamo».

 

Non mi hai detto se il soprannome ti piace?

«Mago? Me l’ha dato Bruno, dei social... Tra un po’ saro mago anche per Lucas, il piccolo. E bello sentire l’affetto della gente, mi fa star bene».

Che Lazio e, questa? Di svolta?

Luis Alberto Sarri

«Per ora e una Lazio un po’ confusa. Io mi aspetto buone cose dopo la vittoria sul Torino, un passaggio fondamentale, crisi evitata. Pensavo che saremmo ripartiti anche dopo l’Atletico Madrid, battendo il Monza, invece ci hanno messo spesso sotto».

 

A proposito di Atletico, toglimi una curiosita: al novantacinquesimo volevi tirare in porta o hai cercato la testa di Provedel?

«Ho tirato li forte, ho visto che c’era tanta gente: tiro forte e vediamo se la prende qualcuno dei miei. L’ha presa chi non mi aspettavo, Ivan. Un gol da attaccante. Non meritavamo di perdere. Alla fine siamo questi, contro le squadre piu difficili facciamo prestazioni migliori, con le piccole soffriamo. Quest’anno e tutto strano, abbiamo lavorato benissimo nel pre-campionato, ci dicevamo “cazzo, come si sta allenando la squadra!”. Arriva la partita di Lecce e nel secondo tempo non stavamo in piedi, poi con il Genoa sessanta minuti buoni ed e finita comunque male».

 

Ottavo anno alla Lazio, superate tutte le crisi del settimo?

«Ci sono stati momenti in cui ho veramente pensato di andar via. Come ti ho detto, lo scorso dicembre e il primo anno, quando non trovavo spazio. Parlai con Inzaghi prima di partire per Auronzo: “Mister, voglio andare in Spagna e ricominciare un’altra volta nel mio Paese”. Lui dopo cinque minuti rispose: “No, no, ti faccio diventare play”».

il like di Luis Alberto al post contro Sarri

E finisti al centro.

«Poi comprammo Lucas Leiva».

E Simone ti sposto venti me-tri piu avanti.

«C’e una cosa che non e mai stata detta: la partita di Supe coppa Italia contro la Juventus non avrei dovuto giocarla dall’inizio. Pero prima Felipe si fece male contro il Bayer Leverkusen e poi uno che voleva andarsene si rifiuto di entrare in campo. In quel momento un altro compagno disse a Simone “metti Luis Alberto, che sta molto bene”».

 

Chi?

«Senad Lulic. Non ero presente, me l’hanno raccontato. “Fai giocare Luis Alberto, e quello che sta meglio”. Era la prima partita da titolare, una finale co tro la Juventus, 2017. Vabbeh, mi tocca, e normale, pensai. Entrai in campo, cominciai tranquillamente, mi riusciva tutto. Da play a trequartista grazie a una finale e a Lulic. Ricordo che dopo aver vinto 3-2 giocammo contro la Spal, prima partita in casa. Leiva si fece male e Simo- ne mi riporto play. Ogni volta partivo con la palla e finivo ai limite dell’area avversaria, lui capi che non era il caso. Fino al rientro di Felipe penso di aver giocato 20, 25 partite di fila».

LUIS ALBERTO

 

Grazie al cielo, hai abbandonato quella orrenda tinta gialla.

«Ad Auronzo mi feci un po’ di biondo e lo tenni perche vincevamo. Sono scaramantico, piu passano gli anni e piu peggioro. Non mi tolgo il colore, pensai, tanto ho gia una moglie...».

Cosa sogni ancora?

«Mi vedo molto meglio di quando avevo 23 anni. A volte penso di esser stato stupido. Se avessi avuto questa testa otto anni fa non so dove avrei potuto gio- care. Adesso mi metto pressione da solo. Voglio vincere qualcosa, non so cosa, ma voglio vincere di piu. Non mi piace uscire dal campo senza poter dire “non mi posso rimproverare nulla, ho dato tutto”. Voglio arrivare il piu lontano possibile in Champions e riconquistarla a maggio. Vediamo se si fa viva anche la nazionale».

 

Quanto e importante il calciatore e quanto l’allenatore?

LUIS ALBERTO

«Ci sono giocatori che conoscono l’esatta differenza tra le indicazioni dell’allenatore e quello che devono fare, e si comportano di conseguenza. Bisogna rispettare il lavoro del tecnico, ma se non si ha la liberta, che a volte un po’ si perde, sono guai. Ti dicono “perche fai questo?”. “Se il mister ti chiede di buttarti da 5 metri devi farlo”. Le scelte in campo le compie chi gioca, l’allenatore aiuta con l’organizzazione. Due anni fa Ancelotti disse: “Io posso aiutare un giocatore difensivamente, ma non posso togliergli la creativita”». E un Mago senza inventiva e una bugia.

 

 

LAZIO FESTA CASTEL SANT'ANGELO LUIS ALBERTO

 

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